DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
PER IL 450° ANNIVERSARIO DI APPROVAZIONE
DELL'ISTITUTO DEI BARNABITI
Sabato, 26 novembre 1983
Cari religiosi, carissimi giovani.
1. È con intima gioia che vi do oggi il benvenuto in questo incontro che la vostra cordialità rende così caloroso e simpatico. Porgo a ciascuno il mio affettuoso saluto, grato per questa vostra visita, nella quale leggo una testimonianza eloquente del vostro amore alla Chiesa che Cristo ha voluto fondare sulla roccia di Pietro.
L’occasione di questa udienza è offerta dal fatto che quest’anno ricorre il 450° anniversario dell’approvazione del vostro Istituto: la Congregazione dei chierici regolari di san Paolo, più comunemente nota col nome di Barnabiti. Una data importante, significativa, gioiosa; una data che volete celebrare non con l’atteggiamento di chi si accinge ad una semplice rievocazione storica, ma con l’impegno intelligente di chi vuol trarre da una ricorrenza come questa lo stimolo per una seria revisione di vita, nella prospettiva dell’originario carisma dell’Istituto.
Per un intimo bisogno di rinnovamento avete accolto questo anniversario come un vero dono di Dio, sottolineando la provvidenziale circostanza dell’Anno della Redenzione e del Congresso eucaristico nazionale. In questa singolare coincidenza voi avete visto un invito di Dio a rinsaldare l’amore ai due pilastri della vostra spiritualità: il Crocifisso e l’Eucaristia.
L’udienza di oggi giunge a coronamento di tutte le manifestazioni programmate nei mesi scorsi e so che l’avete domandata perché la benedizione di Dio e della Chiesa corrobori il vostro Istituto, così che siate sempre più attivi e impegnati nell’edificazione del Regno di Cristo a servizio dell’uomo.
2. Il vostro Fondatore, sant’Antonio Maria Zaccaria, volle qualificare la propria vita e la propria opera con due parole: “Riforma e santità”. Era il 18 febbraio 1533 quando il Papa Clemente VII approvava a Bologna la vostra Congregazione, accogliendo l’istanza di un nucleo di persone che avevano percepito la loro epoca come “il tempo della promessa della rinnovazione di uomini e di donne” (Scritti, p. 193), cioè come un tempo di rinnovamento generale e di ripresa. Alla luce della storia si può misurare quanto provvidenziale fosse quella spinta, suscitata dallo Spirito.
Festeggiare un anniversario è sempre motivo di letizia e di riconoscenza, ma anche di ripensamento e di riflessione sulle varie tappe della strada compiuta e, in particolare, sulle motivazioni ideali che ispirarono l’inizio del cammino. Su di esse infatti si è portata l’approvazione della Chiesa, ratificandone il valore per la comunità cristiana, impegnata ad incarnare nel tempo i valori perenni del Vangelo.
Occorre pertanto riscoprire quelle motivazioni per una più profonda comprensione del carisma istituzionale, per una più chiara sequela di Cristo, per una più fervida dedizione all’annuncio dell’Amore eterno, che si è calato nel tempo e ha cominciato a pulsare in un cuore di carne come il nostro.
Amare Cristo nei fratelli, amare i fratelli in Cristo: ecco la vostra norma e il vostro ideale. Vi sia di esempio in ciò l’apostolo Paolo, il quale esclamava: “L’amore di Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti . . . perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2 Cor 5, 14-15). Lasciatevi contagiare dall’ardore che bruciava nel cuore di Paolo, come avvenne al vostro Fondatore. Significativamente l’iconografia lo rappresenta in atto di guardare con intensità l’Apostolo delle genti, da cui riceve il Libro della Regola. Sant’Antonio Maria Zaccaria fu appassionato studioso degli scritti di san Paolo; su di essi si formò, impegnandosi nell’imitazione della sua personalità e del suo stile di vita.
3. L’educazione della gioventù è stata, fin dagli inizi, una delle finalità qualificanti dell’Istituto. Lo è restata nei secoli. Anche oggi la presenza, qui, di 9000 studenti testifica come i figli di sant’Antonio Maria Zaccaria abbiano continuato a svolgere questa missione con serietà e impegno.
Proseguite, carissimi, in questo lavoro così importante!
Educare significa aiutare il giovane ad aprirsi alla realtà totale, a sviluppare, cioè, tutte le sue capacità potenziali in rapporto ai molteplici aspetti della realtà, conducendolo così ad un atteggiamento attivo nei confronti di se stesso e di tutto quello che rientra nella sua esperienza: persone, cose, avvenimenti. Educare significa, in particolare, aprire il giovane alla gioia dell’incontro personale con l’unico Maestro che chiama l’uomo ad una verità e ad un destino, che i condizionamenti socio-culturali possono sì offuscare, ma non certo stravolgere e sopprimere.
E voi, giovani, prestate attenzione ai vostri genitori e ai vostri insegnanti, come anche, in genere, a quanto avviene intorno a voi, perché l’attenzione dispone all’ascolto e alla riflessione, favorisce il dialogo sincero e costruttivo, mantiene viva la capacità di stupirsi di fronte alle bellezze del creato, nel cui ordine meraviglioso si colgono i segni della presenza amorevole e provvidente di Dio creatore.
Grazie a un simile atteggiamento di fiduciosa apertura, voi giungerete anche a capire e a vivere sempre più il Mistero della Redenzione, come incontro con la misericordia di Dio, che ci si è rivelata nel Figlio suo disceso dal cielo per salvarci. Voi sentirete la fierezza di poter stabilire con lui un rapporto che si colora dei toni caldi dell’amicizia e assumerete con gioia l’impegno di una testimonianza dinamica e multiforme, soprattutto fra i vostri coetanei, che sono spesso tentati dal fascino illusorio di pseudo-valori, propagandati da una moda mistificatrice e consumistica.
4. Lo scegliere Cristo nella concretezza del vivere quotidiano, segnato dalla lotta fra il bene e il male, non può che assumere il volto della conversione: quella dell’intelligenza, in forza della quale il Signore diventa il criterio ultimo e definitivo con cui si giudica la vita; e la conversione dell’istintività naturale, così da essere capaci di amare per donare e non per possedere.
A sostegno di questa conversione il Signore ha istituito il sacramento della Riconciliazione. In esso Cristo stesso si fa incontro all’uomo oppresso dalla coscienza della propria debolezza, lo solleva dalla prostrazione in cui giace, gli dona la forza necessaria per riprendere il cammino. Nel Sacramento è la vita del Cristo risorto che si riversa nell’animo del credente, suscitandovi rinnovata generosità di propositi, nello slancio di una più convinta adesione al suo Vangelo.
Carissimi giovani, che guardate al domani col cuore colmo di speranza, e voi educatori, che ponete a servizio di questi ragazzi la vostra dottrina e la vostra esperienza per favorirne il positivo inserimento nella vita, cercate in Cristo quella luce e quel calore di cui ogni essere umano abbisogna. Cristo non delude chi si affida a lui. Sappiate dunque in lui pregare, con lui vegliare, per lui soffrire: potrete allora gustare in anticipo qualcosa della gioia ineffabile che “Dio ha preparato per coloro che lo amano” (1 Cor 2, 9).
La mia benedizione apostolica vi sia di aiuto e di sostegno e sia altresì pegno di copiose grazie celesti per voi, per le vostre famiglie e per quanti vi sono cari nel Signore.
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