VISITA PASTORALE IN AUSTRIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI POLACCHI
Vienna - Lunedì, 12 settembre 1983
Cari fratelli e sorelle, venerati connazionali!
1. Ringrazio Dio per la grazia di questo momento, per l’opportunità di poter incontrare i miei connazionali nella terra austriaca. Do il benvenuto e saluto tutti, ognuno in modo particolare.
In primo luogo saluto l’Arcivescovo di Vienna, Cardinale König, grande amico della Polonia. Saluto i qui presenti: Cardinale primate, il Cardinale Metropolita di Cracovia, tutti i Vescovi polacchi nonché, a noi così cari, i Vescovi del fraterno Paese dei Cechi e Slovacchi. Ringrazio il Vescovo Szczepan Wesoly, delegato addetto all’attività pastorale delle Comunità polacche all’estero per il discorso che ha pronunciato. Saluto di cuore tutti i sacerdoti, pastori, sacerdoti diocesani e religiosi del luogo, e, in particolar modo, i sacerdoti della Congregazione dei resurrezionisti. Sono venuto qui proprio dalla loro chiesa.
Colgo l’occasione per ringraziarli ancora una volta per l’ospitalità con cui hanno accolto me e gli altri Vescovi polacchi in viaggio a Roma. Do un benvenuto particolarmente cordiale ai vostri figli e figlie, giovani e bambini, qui presenti, e a tutti coloro che sono stati guidati a questo incontro dalla fede, speranza, amore e solidarietà fraterna. Saluto nello stesso spirito i rappresentanti delle altre confessioni e tutti gli ospiti. Ringrazio tutti di cuore per la loro presenza e testimonianza.
2. “Beata la Nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede” (Sal 33, 12).
Inizio il mio discorso con queste parole del salmo, poiché esse esprimono la verità più elementare, cioè quella che Dio, il nostro Padre e Creatore, il quale ha inscritto le sue leggi nei cuori umani, è il Dio della storia; egli sta - come una volta nel segno di colonna di fuoco dinanzi a Israele che camminava nel deserto verso la liberazione - sulla strada di ogni uomo, di tutti i popoli e Nazioni, ed è per loro l’ultimo destino e compimento.
Tramite l’alleanza stretta con l’umanità in Gesù Cristo, Dio accoglie e sceglie come “sua eredità” singole persone e popoli, e la fedeltà a questa alleanza fa sì che egli diventi il loro Signore e Liberatore. La vita umana, nonché la vita delle singole società e la loro convivenza, rimane continuamente in riferimento all’autorità suprema di Dio stesso. E questo riferimento non è solo la relazione tra Creatore onnipotente e le creature a lui suddite, ma in Cristo, Figlio di Dio e della Vergine di Nazaret, acquista il valore familiare: siamo figli di un unico Dio e tra noi fratelli. Solo in tale riferimento il bene delle singole persone nonché quello comune diventa il bene.
Dinanzi alle minacce, sfortune e flagelli di oggigiorno, dei quali siamo testimoni e partecipanti, la Chiesa osserva con maggior preoccupazione ciò che sta dentro l’uomo, il suo spirito; guarda anche lo spirito delle Nazioni vedendo la guarigione, la salvezza e il futuro nella rinascita spirituale. Osserva lo spirito della Nazione, poiché essa non è solo una comunità di singole persone, legate con deboli vincoli, ma è una particolare sintesi di lingua, modo di pensare, valori, esperienza, fede, tradizione, civilizzazione, cioè della cultura nel suo senso più ampio. Questa sintesi è creata dai singoli uomini, ma anche lo spirito della Nazione in un certo senso crea ogni uomo e forma le generazioni intere. È per esse forza e ispirazione nel creare sempre nuovi valori, nel plasmare l’immagine della vita in Patria e nella famiglia umana, nel costruire il futuro.
3. E proprio in questo spirito vogliamo commemorare il 300° anniversario della battaglia di Vienna. Vogliamo esprimere la più profonda gratitudine al Dio onnipotente perché lui è il Dio della storia, degli uomini e delle Nazioni che ha scelto come “sua eredità” preservandola da prove ed esperienze talvolta mortali. Vogliamo esprimere la più profonda gratitudine al Dio onnipotente perché ha donato ai nostri padri l’audacia e la forza. Vogliamo rendere onore - qui a Vienna - alla memoria del re Jan III Sobieski perché difese la Patria minacciata dal nemico e perché s’impegnò nella difesa dell’Europa, della Chiesa e della cultura cristiana allorquando si trovarono di fronte a un pericolo mortale. Vogliamo ringraziare Dio per la vittoria ottenuta 300 anni orsono. Ricordiamo gli eserciti, condotti dal re, tra cui soprattutto i nostri compaesani, cavalieri che combatterono a Vienna. Ricordiamo e rendiamo onore al loro sacrificio e al loro coraggio con i quali vennero e con i quali in loro e tramite loro Dio vinse. Che li illumini la luce secolare, e che la stessa luce di Dio illumini le nostre vie, vie di contemporanee generazioni di nostri fratelli e sorelle in Patria e su tutta la terra. Che essa conduca dappertutto alla vittoria delle giuste ragioni, della giusta causa, del bene, della verità dell’amore e della solidarietà umana, interpersonale e internazionale.
4. Tra un istante pronunceremo la nostra confessione di fede in Dio, che è sempre nello stesso tempo confessione di fede nell’uomo, poiché la grandezza e la dignità dell’uomo nasce dal fatto che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio; che è stato redento e ha ricevuto la forza per diventare figlio di Dio e partecipare alla vita di Dio stesso; che è immortale, sebbene debba morire.
Il mio pellegrinaggio in Austria, e anche questo incontro con i miei connazionali che si sono stabiliti o soggiornano solo momentaneamente in questo Paese, si svolge - come sapete - nell’anno del Giubileo straordinario della Redenzione. In questo anno ricordiamo in modo speciale l’opera compiuta da Cristo sul Calvario circa 1950 anni fa. Ricordiamo la Croce del Calvario e ricordiamo la risurrezione alla quale questa Croce ha aperto la strada. Senza la risurrezione la Croce e la morte sarebbero state una tragedia per l’uomo e per l’umanità. Se il Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede - scrive san Paolo, apostolo di Cristo (cf. 1 Cor 15, 14). Ma lui è venuto per morire e risorgere affinché noi abbiamo la vita, affinché l’abbiamo in abbondanza (cf. Gv 10, 10). Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della Croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti (1 Pt 2, 21. 24).
Questa vittoria è il dono dell’amore, ed è stata ottenuta tramite l’amore. Da quel momento la Croce è diventata simbolo della vittoria tramite l’amore e annuncia all’uomo che la sua causa è vinta, che anche di fronte alla sconfitta, all’umiliazione e alla privazione della libertà, l’uomo è libero; che non può esistere situazione in grado di annientarlo, di togliergli la fede nel futuro.
Cristo ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del Vangelo (2 Tm 1, 10). Pertanto oggi particolarmente consapevoli e forti, confessiamo: credo nella remissione dei peccati, nella risurrezione dei morti e nella vita eterna. Che questo rimanga in voi come frutto dell’Anno della Redenzione e del nostro incontro.
5. Fratelli e sorelle. Conosco per lo meno in parte i vostri dolori e la vostra amarezza, legati ad un travaglio qual è l’emigrazione. Forse non avete previsto molti di questi dolori, forse ogni tanto avete voglia di cedere a numerose prove e tentazioni che vi sono apparse in questo nuovo mondo. Non le elencherò qui, le conoscete bene, ma vi prego, non lasciatevi prendere da nessuna forza né illusione. Siate maturi con la maturità della fede, e forti con la forza dello spirito.
Impegnatevi per il bene vostro e delle vostre famiglie; che queste famiglie siano fedeli all’evangelica legge dell’amore; che siano scuola di fede. Lavorate per il bene della comunità che avete scelto o nella quale vi è capitato di vivere. Siate grati per ogni bene e sappiate perdonare da cristiani. Mantenete buono il vostro nome e quello della terra in cui siete cresciuti. Mantenete e moltiplicate il patrimonio che portate in voi. Siategli fedeli in tutto ciò che è buono. È questa la strada per salvare la propria dignità e per stimare la dignità altrui. Non permettete che il vostro spirito sia ridotto al livello di qualsiasi materialismo. Tramite la parrocchie mantenete e approfondite il vincolo con la Chiesa. Nei suoi Sacramenti apritevi le sorgenti delle grazie del Redentore.
6. Vorrei con una grande fiducia indirizzare il vostro sguardo e i vostri cuori verso la Madre di Jasna Gora alla quale affido la sorte dei miei connazionali. Affido a lei tutti voi poiché Jasna Gora è segno e sorgente di valori che provengono da Dio; che formano lo spirito e i cuori degli uomini, abitanti della nostra terra; che illuminano con la speranza gli occhi spenti, che trasformano perfino la sconfitta in vittoria.
Il nostro poeta chiamando in una delle sue poesie Dio il Signore del mondo aggiunge con una grande semplicità: “Sapete voi dove sono stato, / dove l’ho imparato? / . . . Sono di Czestochowa figlio / è da li che cammino / malgrado è lontano, lo faccio volentieri” (C. K. Norwid). Con tali sentimenti preghiamo Dio tramite la nostra Madre, Regina di Jasna Gora: costruisci, o Signore, la nostra casa. Sorveglia la tua città (cf. Sal 127, 1).
Prima di rinnovare insieme le promesse del Sacro Battesimo, vorrei salutare i nostri fratelli Cechi e Slovacchi che sono presenti qui a questo incontro col Papa.
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