DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI DOCENTI E AGLI ALUNNI LOMBARDI
Lunedì, 2 aprile 1984
1. Desidero esprimervi il mio più sincero benvenuto, carissimi docenti e alunni dei collegi arcivescovili riuniti di Saronno, Desio, Tradate e Famiglia universitaria di Milano. Saluto il rettore generale, don Giulio Panzeri, e lo ringrazio per le parole che ha voluto indirizzarmi a nome di tutti; con pari affetto saluto i rettori dei singoli collegi, i superiori, i genitori qui convenuti e il sindaco della città di Desio, presente nelle vesti di insegnante.
Mi rivolgo soprattutto a voi, cari giovani, che avete desiderato questo incontro, mentre siete venuti a Roma per celebrare con maggiore solennità il Giubileo della Redenzione. Vi sono grato per questo gesto. Così avete inteso ricambiare in qualche modo la visita che un anno fa ho compiuto nella vostra terra e nei vostri paesi: conservo un ricordo graditissimo di quelle giornate e porto ancora nel cuore l’eco di quella festosa accoglienza.
Ricollegandomi a quel momento, anche oggi desidero rivolgervi una parola di incoraggiamento e insieme affidarvi una consegna.
2. In primo luogo, vorrei esortarvi ad essere sempre consapevoli della scelta religiosa che avete compiuto. I collegi arcivescovili che voi frequentate hanno una precisa fisionomia cristiana: e voi lo sapete bene. Li avete scelti non solo per la riconosciuta serietà dell’insegnamento e per la preparazione del corpo docente, ma principalmente per la singolare ispirazione religiosa che li contraddistingue. In essi infatti si tende ad armonizzare il contenuto culturale con il messaggio cristiano, allo scopo di realizzare il necessario incontro tra fede e cultura. Per questo il principio ispiratore di tutta l’attività educativa rimane sempre la fede cristiana, ricevuta e trasmessa attraverso la Chiesa.
Siate coscienti di questa eredità. Sentitevene orgogliosi! Approfondite la vostra identità di studenti cattolici. Ogni giorno siete chiamati, in questa società che presenta tante insidie e contraddizioni, a motivare la vostra scelta, a ravvivare il vostro credo, ad esserne testimoni.
La fede in Dio, credetelo, non vi allontana dall’uomo, non vi estrania dai problemi attuali: anzi, vi rende più coscienti e responsabili. La vostra “presenza” nei confronti dell’uomo sarà tanto più valida e autentica quanto più sarà centrata su Dio. Soltanto rimanendo radicati e fondati in lui potrete dar vita a vere comunità umane e cristiane e così annunciare il vangelo della speranza ai vostri simili: in tal modo il vostro contributo, ovunque siate chiamati a prestare la vostra opera, sarà davvero originale e incisivo.
3. Ma - si rileva - la fede ha bisogno di segni visibili, oggettivamente verificabili. “La fede senza le opere è morta”, ci dice san Giacomo (Gc 2, 26). Per questo, carissimi giovani, desidero darvi anche una consegna.
Noi sappiamo che la fede cristiana, in qualsiasi tempo e sotto qualsiasi latitudine, ha una caratteristica inconfondibile: la carità. Intendo la carità effettiva, quella che si fa premurosa e pratica attenzione verso chi è povero, chi è nel bisogno, chi ha avuto meno di noi, chi soffre. Se il Giubileo comporta l’esigenza della carità ne deve costituire valida risposta.
Le occasioni non mancano. All’inizio di questa Quaresima, io stesso ho richiamato l’attenzione sull’iniziativa della Caritas italiana per la “Quaresima di carità”; e nei mesi scorsi ho più volte rinnovato l’appello in favore delle popolazioni del Sahel, vittime della desertificazione e della siccità. Ma anche vicino a voi esistono situazioni che fanno urgente richiamo alla vostra carità e non possono lasciare indifferenti chi, come voi, ha avuto il dono di nascere e vivere in zone di particolare benessere. Sono certo che mediterete attentamente su questa consegna che paternamente vi affido e saprete dar vita a qualche concreta iniziativa a favore del fratello bisognoso, sul modello di Gesù che “da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8, 9).
Ecco, carissimi giovani, alunni di queste benemerite istituzioni educative, l’impegno che vorrei richiamarvi oggi. Mentre vi sono grato per i doni che avete voluto offrirmi, come segno filiale della solidarietà vostra e delle vostre famiglie, vi esorto, muniti delle certezze della fede e sensibili alla carità verso il prossimo sofferente, ad essere autentici cristiani, nella scuola e nella società.
A voi, ai superiori, ai docenti e ai familiari tutti la mia Apostolica Benedizione.
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