VIAGGIO APOSTOLICO IN COREA, PAPUA NUOVA GUINEA,
ISOLE SALOMONE E THAILANDIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI LAVORATORI DI PUSAN
Aeroporto militare Suyang di Pusan
Sabato, 5 maggio 1984
Fratelli e sorelle.
Voi occupate un posto speciale nel cuore della Chiesa. Cosa fu lo stesso Gesù se non un lavoratore? Quando egli cominciò a insegnare, molti rimanevano stupiti e dicevano: “Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria?” (Mc 6, 2-3).
1. Il Figlio di Dio si fece uomo e lavorò con mani umane. Il lavoro, perciò, ha una dignità propria nel piano divino della creazione. Proprio all’inizio del libro della Genesi leggiamo che l’uomo è stato creato “a immagine di Dio- maschio e femmina”. Affidandogli tutto l’universo, Dio gli disse di “essere fecondo e moltiplicarsi, di riempire la terra e di soggiogarla” (Gen 1, 27-28). Così noi sappiamo, non soltanto per mezzo della ragione ma attraverso la rivelazione, che con il suo lavoro l’uomo partecipa all’opera del Creatore. La prosegue e, in un certo senso, la perfeziona con il suo lavoro, con la sua fatica, con il suo sforzo quotidiano per trarre il sostentamento dalla terra, o dal mare, o per mettere le sue energie al servizio di vari processi di produzione. Quanto è nobile questa missione che soltanto l’uomo con il suo lavoro può realizzare!
Certo, noi cristiani siamo convinti che i successi della razza umana nell’arte, nella scienza, nella cultura e nella tecnologia sono un segno della grandezza di Dio e la manifestazione del suo misterioso disegno.
2. Gesù Cristo ha dato particolare risalto a questa verità: l’uomo, attraverso il lavoro, partecipa all’attività del Creatore. Perché Gesù stesso fu un uomo lavoratore, un operaio come Giuseppe di Nazaret. Gesù appartenne inequivocabilmente al “mondo del lavoro”. E anche la maggior parte dei suoi discepoli e seguaci: pescatori, agricoltori e operai. Così, quando parla del regno di Dio, Gesù usa costantemente termini connessi con il lavoro umano: il lavoro del pastore, dell’agricoltore, del medico, del seminatore, del padrone, del servo, dell’amministratore, del pescatore, del mercante, del salariato. Ed egli paragona la costruzione del regno di Dio al lavoro manuale dei mietitori e dei pescatori.
Dall’insegnamento di Gesù possiamo chiaramente vedere che l’uomo che lavora è molto più importante del prodotto del suo lavoro. Il lavoro umano deriva dall’uomo; è destinato a beneficio dell’uomo, a promuovere la dignità che gli deriva da Dio. Perfino la città più grande, il più sofisticato computer, la nazione più importante non sono altro che opere dell’uomo, intese a servire l’uomo, a recargli beneficio. Mai altrimenti. Ecco perché il Concilio Vaticano II, parlando del valore del lavoro umano, dichiara: “L’uomo vale più per quello che è che per quello che ha. Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la materia della promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla” (Gaudium et Spes, 35).
3. Tuttavia, quest’ordine di valori non è sempre rispettato. La società d’oggi, così impegnata nella costruzione di una civiltà materialistica unidimensionale, considera spesso il lavoro come una forma di merce. L’uomo è spesso trattato come un semplice strumento di produzione, come uno strumento materiale che dovrebbe costare il meno possibile e produrre il più possibile. In questi casi il lavoratore non viene rispettato come un vero collaboratore del Creatore.
Sfortunatamente, tutta la questione del lavoro è stata spesso considerata dal punto di vista del conflitto tra “capitale” e “lavoro”: un conflitto che ha vaste implicazioni sociali, ideologiche e politiche. Questo conflitto è stato per l’umanità una grande tragedia e una fonte di sofferenze per molti milioni di esseri umani e per le loro famiglie (Laborem Exercens, 11).
Mi rendo ben conto che le relazioni tra datori di lavoro e lavoratori nel contesto delle vostre tradizioni culturali e sociali coreane hanno delle caratteristiche speciali, e che non è vero che la strada verso relazioni migliori si debba trovare nella semplicistica applicazione di regole e metodi ideati altrove. Ancor meno nell’imposizione di sistemi ideologici estranei che hanno consentito la continuazione di flagranti ingiustizie o ne hanno create di nuove, minacciando addirittura la pace nel mondo. La giustizia impone che si trovi il modo di consentire ai lavoratori una maggiore partecipazione agli aspetti organizzativi della produzione e ai profitti, e sono lieto di sapere che in questa direzione sono state prese delle iniziative.
La giustizia richiede inoltre che gli stessi lavoratori traggano beneficio dal successo dell’impresa nella quale lavorano, e che essi abbiano la soddisfazione di sapere che attraverso un lavoro diligente e coscienzioso possono contribuire anche al progresso sociale del loro Paese.
4. Naturalmente, sappiamo che il lavoro non è pienamente appagamento e soddisfazione. Sì, il lavoro implica fatica e sforzo, e tutti voi ne avete fatto esperienza. Il lavoro è stato fortemente condizionato dal peccato, come leggiamo nel Libro della Genesi: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane . . .” (Gen 3, 19). Ecco perché non possiamo capire pienamente il significato del lavoro senza fare riferimento al mistero pasquale di Gesù Cristo in cui egli vinse il peccato e trasformò ogni lavoro. Il suo lavoro, la sua sofferenza, la sua obbedienza fino alla morte ricevono pienezza di significato nella sua risurrezione: è questo il “vangelo del lavoro” contenuto nella vita e negli insegnamenti del nostro Redentore.
E così noi cristiani troviamo nel lavoro umano una piccola partecipazione alla croce di Gesù Cristo. Noi dobbiamo imparare a vivere questa esperienza umana con l’atteggiamento di Cristo. Unendo il nostro lavoro con la missione del nostro Salvatore, noi contribuiamo alla realizzazione di una terra nuova dove ha stabile dimora la giustizia (cf. 2 Pt 3, 13), e contribuiamo notevolmente all’avvento del regno di Dio.
Cari operai, contadini e pescatori, mi rendo conto che, insieme con milioni di altri lavoratori, avete dovuto soffrire molto e continuate a soffrire per la nascita di questa “nuova terra” nel vostro Paese. Spesso di fronte all’indifferenza, all’incomprensione e ad ogni vessazione, come cristiani consapevolmente impegnati nella promozione dei diritti e del benessere degli altri operai e contadini, voi portate pazientemente e coraggiosamente la croce. Tutti noi dobbiamo lavorare insieme in spirito di amore fraterno per dimostrare che una più equa partecipazione ai beni del mondo significa accesso a questi doni, specialmente mediante un giusto salario.
Attingete forza dalle parole del Vangelo! Le beatitudini e i dolori che voi avete appena ascoltato sono proprio le parole dell’appello del Signore in favore dei poveri e degli oppressi contro ogni forma di ingiustizia e di egoismo sociale e personale. Prendete coraggio “perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6, 20). E poiché voi giustamente chiedete giustizia per la vostra causa e per le vostre vite, siate certi che le vostre “opere di fede” (cf. Gc 2, 17) contribuiscono sempre alla giustizia per il vostro prossimo.
5. Cari fratelli e sorelle di Corea, miei amici: voi occupate veramente un posto speciale nel cuore di Gesù e della sua Chiesa. So che la proporzione di cristiani tra i lavoratori dell’industria, tra gli agricoltori e tra i pescatori è esigua: di qui una grande sfida per i pastori della Chiesa in Corea e per voi stessi. Siate certi che la vita e gli insegnamenti di nostro signore Gesù Cristo, il carpentiere di Nazaret, possono dare le risposte ai dubbi e agli interrogativi del lavoro degli uomini e delle donne. Soltanto Gesù Cristo può essere il sostegno alle vostre speranze e può dissipare le vostre ansie. Egli soltanto può mostrarvi il significato della vostra fatica quotidiana. Nel suo nome e insieme con la sua Chiesa continuate, attraverso mezzi pacifici e giusti, a perseguire la dignità umana, a promuovere i diritti umani e a creare un mondo migliore per voi, per i vostri figli e per i figli dei vostri figli.
Gesù benedica il vostro lavoro! Benedica le vostre famiglie, i vostri amici e vi dia la sua pace in misura sovrabbondante! E, attraverso la sua grazia, possano tutte le vostre attività essere legate alla preghiera, così che voi possiate realizzare “opere di fede” che vi guidino alla salvezza e alla vita eterna.
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