DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA XXV ASSEMBLEA STRAORDINARIA
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Giovedì, 25 ottobre 1984
Signori cardinali e voi tutti, venerabili fratelli della Conferenza episcopale italiana.
1. Vi saluto con intenso affetto ed intima gioia, dicendovi con san Paolo: “Grazie a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (Fil 1, 2).
Voi siete in questi giorni riuniti per un’assemblea generale straordinaria nella quale siete chiamati ad affrontare argomenti molto importanti, che impegnano intensamente la vostra sollecitudine di pastori, in un momento della vita italiana destinato ad avere una grande incidenza sull’avvenire.
Ciascuno di voi è ben consapevole del rilievo che il presente periodo ha nella vita della nazione. Ne è consapevole con voi anche il Successore di Pietro, il quale, in virtù del suo ufficio di Vescovo di Roma, ha un singolare legame di ordine ecclesiologico, oltre che storico, con le Chiese particolari che sono in Italia: legame che deriva dall’intrecciarsi dell’ufficio di Successore di Pietro con quello di Vescovo di una diocesi italiana, Roma. Ne consegue, per il Papa, una particolare responsabilità nell’espletare insieme con l’episcopato italiano un adeguato servizio al Vangelo nella nazione italiana, ben sapendo che l’uomo trova la salvezza soltanto nella verità fatta a noi conoscere dalla divina rivelazione, che in Cristo si è compiuta.
2. Tra gli argomenti all’ordine del giorno della vostra assemblea straordinaria voglio sottolineare in modo particolare la preparazione al secondo convegno ecclesiale, in programma per la prossima primavera, sul tema “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”.
Il convegno sarà il punto di arrivo di un lungo cammino di riflessione: esso dovrà indicare una traiettoria comune di marcia ed offrire una fonte di ispirazione per gli anni che verranno. Esso non mancherà inoltre di dare applicazione concreta alle indicazioni del Sinodo dei vescovi celebrato un anno fa.
So che la preparazione è all’opera su molti fronti e coinvolge attivamente tutte le componenti della vita italiana. Ne sono lieto, perché il convegno, come espressione di Chiesa, dovrà ospitare in sé tutte le molteplici forze della Chiesa in Italia, che operano e vivono in comunione con essa soprattutto nei momenti più difficili.
Il mio voto e la mia preghiera al Signore sono che lo Spirito del Cristo risorto si effonda copiosamente su voi e sulle vostre Chiese, perché diventino realmente segno e strumento di unità e di riconciliazione, secondo le grandi indicazioni del Concilio (cf. Lumen Gentium, 1), per tutta la comunità degli uomini.
3. Tema luminoso e inesauribile quello della riconciliazione cristiana! Si esprime qui in maniera esistenziale e interpersonale il nucleo germinale della vita secondo il Vangelo, la quale tende per natura sua a espandersi e a coinvolgere liberamente tutti gli uomini. Il convegno, pertanto, dovrebbe innanzitutto far risuonare alto nella società l’annuncio sempre nuovo della riconciliazione e dell’amore, offerti da Dio a ciascun uomo: “Pace in terra agli uomini che Dio ama!” (Lc 2, 14). Il convegno ha da essere un momento di intensa meditazione e di assimilazione spirituale di questo messaggio: mentre eravamo peccatori e lontani, Dio ci ha amato e ci ha riconciliati a sé in Cristo rendendoci partecipi del suo Santo Spirito (cf. Rm 5, 5-10), e ci invita oggi a vivere questa riconciliazione in noi e ad estenderla ad altri, cominciando da quelli che ci sono vicini, fino a raggiungere le persone più lontane.
Sarà quindi vostro compito cercare gli ambiti di applicazione del dono della riconciliazione: voi infatti avete ricevuto “il ministero (la diaconia) della riconciliazione” ed a voi è stata affidata “la parola della riconciliazione” (2 Cor 5, 18-20).
Rinnovamento nello spirito
4. Il primo ambito è certamente quello della vita personale. Nel contesto della società contemporanea non emerge sempre in tutta la necessaria evidenza la specifica qualità di vita e di comportamento di chi si dichiara discepolo di Cristo. Qui dunque deve essere il punto di partenza: un rinnovamento nello spirito, dal quale traspaia la novità della vita cristiana, che san Paolo fa derivare precisamente dall’esperienza del dono della riconciliazione: “Se uno è in Cristo è creatura nuova; le vecchie cose sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Ma tutto è da Dio che ci ha riconciliato a sé in Cristo” (2 Cor 5, 17-18).
Dal cuore e dalla vita del singolo la riconciliazione si estenderà all’ambito della famiglia, proiettandosi nei rapporti tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra giovani e anziani, tra malati e sani. Voi sapete che per ciascuna di queste categorie vi sono oggi, nel tessuto della famiglia, lacerazioni e sofferenze che invocano la medicina della riconciliazione cristiana.
La famiglia, che vede minacciata la sua stabilità spesso fin dal suo costituirsi e mortificati i suoi valori etici ed i suoi fini, deve essere oggetto di attenta e premurosa cura pastorale, perché ritorni ad essere considerata come prima e fondamentale cellula della società, e - per usare le parole del Concilio - “veluti ecclesia domestica”.
Riconciliazione nella comunità ecclesiale
5. Un ambito successivo che la riconciliazione deve raggiungere è quello della comunità ecclesiale, “corpo di Cristo” e “campo di Dio” (cf. 1 Cor 12, 27; 3, 9). Quante premure ha dedicato san Paolo alla riconciliazione e comunione nella Chiesa! “So - scrive l’apostolo ai corinzi - che vi sono contese tra voi . . . Ma forse Cristo è diviso?” (1 Cor 1, 11.13). “Abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi” (2 Cor 13, 11). L’apostolo parla del corpo che “ha molte membra, ma tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo: così anche Cristo” (1 Cor 12, 12-13). Del resto, risuona sempre come monito per noi la commossa preghiera di Gesù: “Ut unum sint, che tutti siano una cosa sola, perché il mondo creda” (Gv 17, 21).
Toccherà a voi, pastori della Chiesa che è in Italia, individuare secondo verità e carità i punti di tensione, di insufficiente comunione, di possibile divisione nel tessuto ecclesiale, per impegnarvi a propiziare in quei settori - con la preghiera, con la parola, con l’azione - il dono della riconciliazione, non mancando di sottolineare che la riconciliazione esige l’adesione alla verità, autenticamente proposta dal magistero, l’impegno di rispettare sempre la comunione ecclesiale, e la sincera conversione del cuore. La conversione, infatti, comporta il rifiuto del peccato e il ritorno alla piena amicizia con Dio e con i fratelli, grazie all’opera redentrice di Cristo esercitata mediante la Chiesa. Essa comprende, quindi, non solo il sincero pentimento interiore, ma anche la leale partecipazione alla comunione ecclesiale in tutte le sue esigenze.
A consolidare tale unità, che è insieme interiore e visibile, della comunità ecclesiale, sono destinate le “sacrae disciplinae leges”, contenute nel Codice di diritto canonico, promulgato lo scorso anno; esse postulano in diverse materie le decisioni dei singoli episcopati per diventare immediatamente operative. Gioveranno, inoltre, a quel fondamentale scopo anche le norme dello statuto, a cui state dando gli ultimi ritocchi. Perciò anche le scelte che voi farete in questa materia, sono finalizzate ad assicurare l’unità organica del corpo ecclesiale.
Dare vigore alle radici morali e religiose
6. La comunità cristiana che, grazie alla conversione, supera le divisioni e le contrapposizioni, talvolta artificiose, e vive la sua unità interiore e visibile nella pluralità dei doni in essa diffusi dallo Spirito Santo, è in se stessa un annuncio ed una testimonianza di riconciliazione fra gli uomini.
Voi, pastori, conoscete come pochi altri le situazioni di “irriconciliazione” della società che ci circonda: esse vanno dall’indifferenza verso il proprio vicino e fratello, alla diffidenza, al sospetto, alla divisione, al disprezzo, alla conflittualità aperta e non di rado alla violenza. In questa società Dio ha affidato alla sua Chiesa e a voi in particolare, venerabili fratelli, il “servizio della riconciliazione” (2 Cor 5, 18). Fatevene carico generosamente!
Possano i vostri fedeli trovare in voi le guide sicure di una rinnovata dedizione alla causa del bene comune della società, dando vigore alle radici morali e religiose dei grandi valori della dignità e dei diritti dell’uomo, della giustizia, della solidarietà, della pace. La Chiesa ha recato, nel corso dei secoli, un contributo importante in tali campi, meritando il riconoscimento e la gratitudine degli spiriti illuminati ed onesti. Anche nella presente situazione essa è in grado di offrire un proprio apporto specifico per la ricomposizione della vita della società italiana, sulla base di quei valori morali di cui il cristianesimo è portatore e deve continuare ad essere tenace assertore. Vi sono numerosi segnali di un crescente riconoscimento del ruolo pacificatore che la Chiesa può svolgere a beneficio della nazione. Sono attese che è nostra grave responsabilità non lasciare andare deluse. La parola di Cristo, a noi affidata perché ne siamo servi fedeli e coraggiosi, è la vera base su cui è possibile fondare la presenza dei cristiani nella società italiana ed il loro concorde impegno per l’edificazione di quella convivenza libera e giusta, che è sinonimo di vera civiltà.
Parlando a voi in questo momento non posso dimenticare che la Chiesa di Dio ha visto sorgere in Italia figure di santi che hanno operato per la riconciliazione al punto di diventare luminosi emblemi di essa. Voglio ricordare in particolare san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena, entrambi patroni d’Italia. Siano essi auspici e patroni del convegno ecclesiale, e lo sia in modo speciale la Vergine Maria, presso il cui santuario di Loreto vi raccoglierete: ella è stata la Madre di colui “nel quale siamo stati riconciliati” (cf. Rm 5, 10).
Salvezza e perdono
7. Vorrei poi raccomandare a voi ed ai vostri sacerdoti l’annuncio del Vangelo della salvezza e del perdono.
L’opera di evangelizzazione, la catechesi, l’insegnamento religioso, sono ordinati alla nascita, alla crescita, al corroboramento dell’“uomo nuovo”, “creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità”, e quindi allo sviluppo del corpo mistico di Cristo.
Deve inoltre valutarsi in tutta la sua importanza l’insegnamento della religione cattolica nella scuola statale, secondo la nuova situazione giuridica, venutasi a determinare a seguito dell’accordo della Santa Sede con lo Stato italiano del 18 febbraio 1984.
Pur essendo distinto dalla catechesi propriamente detta, tale insegnamento è ad essa completamente e con essa intimamente connesso, in ragione dell’identico soggetto cui l’uno e l’altro sono destinati, cioè l’alunno, e dell’identico contenuto oggettivo, su cui l’una e l’altro vertono: il discorso formativo secondo tutte le dimensioni della personalità dell’alunno. “L’insegnamento religioso” - come ho già avuto occasione di dire - “può essere considerato sia come una qualificata premessa alla catechesi, sia come una riflessione ulteriore sui contenuti della catechesi ormai acquisiti” (Ioannis Pauli PP. II, Allocutio ad Presbyteros Romanae diocesis habita, 3, die 5 mar. 1981: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV/1 [1981] 630).
Esso è un vero insegnamento e, perciò, è caratterizzato dagli obiettivi e dai criteri propri di una struttura scolastica. Ma è un insegnamento della religione cattolica e, perciò, ha per oggetto il messaggio cristiano in tutta la sua integrità, proposto dalla Chiesa cattolica ed in nome di essa e, quindi, garantito dall’autorità ecclesiastica quanto alla scelta sia dei testi che degli insegnanti.
Quest’insegnamento, pur partendo da un dato di fede ed essendo quindi un discorso sulla fede, è offerto a tutti coloro che vogliono avvalersene, in ordine a decisioni mature e consapevoli riguardo al problema religioso.
La nuova situazione giuridica impegna, da un lato la responsabilità dei genitori e degli alunni cattolici chiamati ad esercitare il loro diritto di scelta su richiesta dell’autorità scolastica, dall’altro quella dei pastori e degli insegnanti laici, chiamati ad offrire un servizio sempre più qualificato. Al riguardo è da lodare ogni iniziativa intesa a sensibilizzare le famiglie, gli studenti ed i docenti affinché si avvalgano dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola statale.
Nel campo della catechesi, più in particolare, sono sicuro che non mancherete di studiare criteri precisi per la verifica dei testi di catechismo.
8. In questa prospettiva appare in tutto il suo inestimabile valore per la formazione delle coscienze e, quindi, per il miglioramento della società religiosa e civile, l’opera del clero italiano, impegnato nei vari campi dell’apostolato, specialmente in quello della gioventù.
È grazie all’impegno ed ai sacrifici dei sacerdoti nei piccoli paesi di montagna, nelle grandi parrocchie delle città, nelle scuole, nelle associazioni, nei movimenti, nelle opere sociali che si consolida e cresce il regno di Dio in Italia.
Dobbiamo loro gratitudine, incoraggiamento e sostegno. E riconoscenza e sostegno deve ad essi non solo la comunità religiosa, ma anche la società civile.
In questi ultimi mesi l’opinione pubblica ha seguito con interesse la revisione delle norme che riguardano il riconoscimento civile delle opere ecclesiastiche, vitalmente inserite nel tessuto della società italiana, le quali non si propongono soltanto fini di culto ma svolgono anche attività di carità e di educazione, secondo la ricchezza di contenuti propria della missione religiosa della Chiesa. Ugualmente l’interesse è stato attirato dalla riforma del sistema di sostentamento del clero. La Santa Sede segue con grande sollecitudine tali questioni e manifesta la sua solidarietà all’episcopato italiano, impegnato a trovare adeguate soluzioni nello spirito delle indicazioni del Concilio Vaticano II e del nuovo Codice di diritto canonico.
Ai sacerdoti d’Italia desidero infine assicurare che i loro vescovi, e con essi il Papa, sono loro vicini, condividono le loro ansie e le loro gioie, invitano la comunità cristiana ad amarli ed aiutarli, a seguirne gli insegnamenti e gli esempi, ed auspicando che anche la società civile concretamente apprezzi e riconosca il benefico influsso della loro opera nella storia e nella vita dell’Italia.
Nell’affidare questi voti alla vigile ed amorevole provvidenza di Dio, invoco la sua continua assistenza sulle vostre persone e sui vostri sforzi, mentre a tutti imparto di cuore la mia benedizione.
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