DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI DELEGATI DELLE COMMISSIONI ECUMENICHE NAZIONALI
DELLE CONFERENZE EPISCOPALI
Sabato, 27 aprile 1985
Venerabili fratelli, carissimi in Cristo.
1. Vi ringrazio di essere venuti a Roma in rappresentanza delle Commissioni ecumeniche di sessantatré Conferenze episcopali, per incontrare il Segretariato per l’unione dei cristiani, per condividere le vostre esperienze, per riflettere sui compiti che vi aspettano, e per rinnovare il vostro coraggio nell’affrontare gioiosamente e coraggiosamente i vostri compiti. Do inoltre il benvenuto a coloro che sono venuti come osservatori di altre Comunioni e del Consiglio mondiale delle Chiese.
Provenendo da ogni parte del mondo, voi riflettete nel vostro incontro e nella vostra collaborazione l’unità nella diversità della Chiesa cattolica. Proprio vent’anni fa si concludeva il Concilio Vaticano II, che aveva rinnovato la visione di quella unità e aveva affermato in modo particolare la responsabilità ecumenica della Chiesa.
2. Nelle sue straordinarie riflessioni sulla Chiesa, il Concilio ha delineato la base del nostro impegno ecumenico. Ha presentato la Chiesa come un popolo reso una cosa sola dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Lumen Gentium, 4). Questo è il concetto profondo dell’unità che si trova nella preghiera di Gesù per i discepoli: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una sola cosa, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola” (Gv 17, 21-22).
Nientemeno che l’unità dell’intima vita trinitaria di Dio è il modello dell’unità della Chiesa di Cristo (cf. Unitatis redintegratio, 2). La “meditata definizione” (Paolo VI, Allocutio secunda SS. Concili periodo ineunte, 29 settembre 1963) che il Concilio ha cercato di dare della Chiesa, la rivela a noi come una comunione col Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito Santo, un’universale discepolanza in cui tutte le Chiese locali condividono tutti i beni che il Signore ha dato attraverso e nel suo Spirito alla Chiesa, per mantenerla nell’unità e farla crescere in santità. Ma i cristiani sono divisi, e non tutte le Chiese e Comunioni sono una cosa sola in quella piena comunione. Tuttavia il Concilio ha osservato che esiste “una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica” (Unitatis redintegratio, 3) Realmente, la Chiesa ci insegna che “le stesse Chiese e Comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa cattolica” (Ivi). A causa di ciò, l’ecumenismo implica la promozione della verità, dell’unità della fede, della concordia e della collaborazione e di uno spirito di amore fraterno, perché “a poco a poco, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiastica, si riuniscano nella celebrazione dell’Eucaristia in quella unità dell’unica Chiesa, che Cristo fin dall’inizio donò alla sua Chiesa (Unitatis redintegratio, 4).
3. Insistiamo perciò che la Chiesa cattolica non può modificare o relativizzare il suo insegnamento o negare la pienezza di cui essa, in quanto comunione in cui sussiste la Chiesa di Cristo, è portatrice. Ma deve essere aperta e sensibile a tutti “i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati (Reconciliatio et paenitentia, 25; Unitatis redintegratio, 4). E come ha detto il Concilio Vaticano II: “Non si deve dimenticare che quanto dalla grazia dello Spirito Santo viene fatto nei fratelli separati, può pure contribuire alla nostra edificazione. Tutto ciò che è veramente cristiano, mai è contrario ai vari benefici della fede, anzi può sempre far sì che lo stesso mistero di Cristo e della Chiesa sia raggiunto più perfettamente” (Unitatis redintegratio, 4).
4. In questo anno, anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ci riferiamo alle intuizioni che esso ci ha rinnovato, non come un esercizio di storia, ma al fine di raccogliere tutti i frutti del Concilio per andare avanti. Il movimento ecumenico è una parte vitale, sana, della vita della Chiesa cattolica e delle altre Chiese e Comunioni che vi partecipano. Le vostre discussioni avranno riflettuto lo schema di convergenza, riccamente diverso, nella comprensione teologica della comune testimonianza al Vangelo del nostro Gesù Cristo, di iniziative comuni nel servizio cristiano e nel progresso umano che caratterizzano la sua vitalità. Spesso il lavoro ecumenico è silenzioso, specializzato, o è parte di una routine quotidiana. Questo non dovrà far sì che noi trascuriamo la meraviglia di ciò che Dio sta compiendo per l’unità del suo popolo.
5. È una grazia del tempo presente che alcuni dialoghi teologici che sono stati proseguiti con fedeltà tanto paziente stiano dando testimonianza di possibilità di convergenza sulla riflessione teologica. Vorrei dire ancora una volta: “Il dialogo intenso e da lungo tempo iniziato . . . ci ha fatto scoprire quanto siano grandi e solidi i fondamenti comuni della nostra fede cristiana” (Giovanni Paolo II, Allocutio in Admissione Generali, 25 giugno 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1831ss.). Questo è anche un dono prezioso per la Chiesa cattolica, perché rende possibile ai cattolici di giungere ad una più profonda comprensione e a una più chiara espressione della loro fede perché “la Chiesa, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina” (Dei Verbum, 8).
Nonostante il progresso che è stato compiuto nel dialogo teologico e nella collaborazione, rimane ancora molto da fare. Come avete sottolineato nel vostro incontro, bisogna ancora sviluppare un atteggiamento ecumenico responsabile mediante uno sforzo più determinato di formazione ecumenica. La dimensione ecumenica è parte indispensabile di tutto il processo della formazione cristiana. Ciò interessa la formazione dei laici, la pastorale giovanile, i programmi di catechesi e di educazione religiosa o di istruzione teologica. Nella Chiesa cattolica forse il più determinante punto di formazione ecumenica è nella formazione dei sacerdoti e dei religiosi. Essa deve incentrarsi in una più profonda comprensione del mistero della Chiesa e deve condurre a una più chiara conoscenza dei principi cattolici dell’ecumenismo. Questo è necessario al fine di fare in modo che coloro che hanno delle responsabilità per il lavoro ecumenico nella Chiesa cattolica capiscano che le iniziative ecumeniche dovrebbero essere compiute sotto la guida dei vescovi in stretta unione con la Santa Sede e dando pieno peso al ruolo essenziale di essa nel servire l’unità di tutti. Significa sia includere la dimensione ecumenica nei corsi di teologia sia dare un esplicito insegnamento del movimento ecumenico, della sua storia, del suo significato teologico e pastorale, e dei recenti progressi che stanno avvenendo in esso. Tale insegnamento formale si vivifica, nella pratica pastorale, nell’esperienza della comune preghiera, nel dialogo teologico e negli sforzi di comune testimonianza e collaborazione.
6. Quest’anno il Segretariato per l’unione dei cristiani celebra il suo 25° anniversario. Il ricordo della sua istituzione, con l’assistenza dello Spirito Santo, può ispirarvi ad affrontare il futuro con ancor maggiore fiducia nella divina grazia. Stando qui avete visto la devozione con la quale il cardinale Willebrands e la sua équipe compiono il loro incarico. Ritornando nei vostri Paesi, spero che vi deciderete a continuare a lavorare in stretto contatto con il Segretariato, dal momento che il suo insostituibile lavoro è al servizio non soltanto della Chiesa universale ma anche delle Chiese locali. Col suo aiuto voi potete proseguire, con immaginazione e prudenza, nei vostri dialoghi teologici locali e nazionali, trovando le giuste strutture e i giusti metodi di collaborazione, perseverando nella preghiera per l’unità, solleciti nei progetti comuni, trovando nuove vie per dare una comune testimonianza al Vangelo di Dio e della salvezza offerta in Gesù Cristo.
7. Grazie per ciò che state facendo per ottenere la piena comunione dei cristiani in un’unica fede apostolica e in un’unica sequela eucaristica al servizio di una testimonianza autenticamente comune. Partendo da Roma, portate con voi i miei auguri, il mio incoraggiamento a coloro che lavorano con voi nelle Commissioni ecumeniche e ai vostri nelle altre Chiese e Comunità. La mia benedizione apostolica e le mie preghiere vi accompagnano in questo impegno ecumenico che è così vitale per la Chiesa, per tutti i cristiani e per la famiglia umana. “A colui che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen” (Ef 3, 20- 21).
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