DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CAPITOLO GENERALE
DELL'ORDINE DEI CARMELITANI SCALZI
Sabato, 4 maggio 1985
Carissimi fratelli.
1. Sono lieto di questo incontro con voi durante il corso del vostro Capitolo, che ha visto la rielezione del Padre Felipe Sainz de Baranda a Preposito Generale. Porgo innanzitutto a lui le mie felicitazioni per la riconferma nel difficile incarico e lo ringrazio per le gentili parole che, interpretando il comune pensiero, ha voluto rivolgermi. Saluto poi con affetto tutti voi, e chiedo al Signore che l’assistenza della sua grazia conduca a felice compimento i vostri lavori.
So che il Capitolo ha già scelto come argomento centrale di riflessione e programma per i prossimi sei anni il tema della “cultura nell’ordine”, accanto ad altri obiettivi che continuano ad essere prioritari, come la promozione delle vocazioni e la formazione permanente, obiettivi che ben rispondono all’attuale periodo di ripresa del vostro Ordine, che in questi ultimi anni ha visto il suo ingresso in nuovi Paesi e la costituzione di nuove Province.
Certamente, voi avete un modo vostro, caratteristico, di vivere il grande valore della cultura in conformità al vostro peculiare carisma, che vi vuole guide all’esperienza contemplativa sulle tracce soprattutto di Maestri come San Giovanni della Croce e Santa Teresa di Gesù.
La cultura è particolarmente utile al pastore di anime e al sacerdote, sia al fine della sua formazione permanente, sia per facilitarlo nella ricerca dei metodi pastorali più opportuni per un’efficace e credibile trasmissione del Vangelo all’uomo contemporaneo, sia infine per aiutarlo a comprendere e valutare con precisione la varietà delle situazioni e necessità di quelle anime, che egli intende guidare, perché siano liberate dal peccato e condotte al gusto e all’amore delle realtà divine.
2. Il ricco patrimonio spirituale, del quale siete eredi, vi porta a sottolineare la figura del religioso come maestro di contemplazione, come uomo di Dio, capace di suscitare negli altri la sete di Dio, togliendo gli ostacoli che impediscono all’anima, fatta ad immagine di Dio, di aprirsi il cammino verso di Lui.
Nella contemplazione cristiana, infatti - come già rilevavo in una lettera inviata al vostro Preposito Generale qualche anno fa - è il Verbo incarnato a farci da guida alla conoscenza profonda del mistero di Dio: Cristo è “la “porta” per la quale si va al Padre e grazie alla quale il Padre concede a qualcuno la sua familiarità”. Ecco allora la funzione propria e insostituibile del sacerdote ministro di Cristo nel guidare le anime all’esperienza contemplativa, e ciò in particolar modo mediante l’esercizio della direzione spirituale e la sapiente amministrazione del sacramento della Penitenza. La riscoperta in atto dell’importanza di questa forma di ministero sacerdotale porta naturalmente con sé la rivalutazione di una delle sue funzioni peculiari ed essenziali, che consente al sacerdote di svolgere un servizio insostituibile circa il discernimento, la promozione e l’orientamento delle vocazioni, in special modo di quelle contemplative. L’esistenza di altri metodi pastorali efficaci non deve far mai dimenticare a noi sacerdoti la precisa e grave responsabilità che abbiamo in questo campo per il bene e la salvezza delle anime. E voi, sacerdoti carmelitani, siete particolarmente qualificati per svolgere un prezioso servizio non solo a vantaggio della vostra famiglia spirituale, ma della Chiesa intera e del mondo contemporaneo.
3. Nessuna preparazione culturale potrà tuttavia mai sostituire quel discernimento pastorale, proprio del sacerdote e del confessore, che gli consente di individuare - a volte in termini assai precisi - il lavoro che la grazia compie nelle anime, e di farsi quindi - con una sapiente opera di guida - aiuto e strumento di tale misterioso lavorio divino: difatti, il detto discernimento è puro dono dello Spirito Santo, infinitamente al di sopra delle capacità che può dare una cultura semplicemente umana. Con tutto ciò - e desidero ripeterlo - è sommamente conveniente al sacerdote, soprattutto nel mondo d’oggi, un’attenzione grande, sobria e prudente ai problemi, agli interrogativi, ai valori autentici e criticamente vagliati che provengono dai molteplici e svariati indirizzi del pensiero contemporaneo. È fuor di dubbio che una preparazione in questo campo allarga di molto il raggio d’azione del pastore di anime, mettendolo in comunicazione con un maggior numero di spiriti, al servizio dei quali egli può offrire la sua opera di sacerdote e di uomo di Dio.
Occorre comunque che, al vertice di tutti i suoi interessi, il sacerdote, proprio in vista della piena affermazione della sua missione specifica, ponga sempre il desiderio e la ricerca di quella sapienza divina, “misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria” (1 Cor 2, 7): quella sapienza che non è semplice frutto delle nostre umane esperienze e dei nostri ragionamenti, ma che è puro dono che Dio concede agli umili, ai contriti di cuore, a coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti. Questa sapienza, non necessariamente legata al Sacramento dell’Ordine o a particolari studi teologici, ma essenzialmente fondata sulla pratica della carità, consente di svolgere una vera funzione di guida spirituale a ogni religioso o religiosa che s’impegni seriamente nel cammino della perfezione, come vediamo chiaramente in Santa Teresa di Gesù.
4. Un’ultima esortazione voglio farvi: sentitevi oggi più che mai, col vostro carisma proprio, al servizio dell’intera Chiesa e del mondo che cerca Dio. Ognuno di noi riceve da Dio dei doni soprannaturali per l’utilità e l’edificazione di tutto il Corpo mistico. Questa consapevolezza, ben lungi dal portare a un atteggiamento di sufficienza, deve farci sentire più umili, più grati a Dio, più responsabili, più disposti a servire in quell’ambito nel quale siamo stati favoriti da Dio. Il vostro dono, carissimi fratelli, è per tutta la Chiesa. Non lo dimenticate mai. Un carisma approvato dalla Chiesa - come il vostro - è sempre per il bene della Chiesa. Siate dunque a disposizione, sempre, non soltanto degli ambienti a voi vicini, ma di ogni altra famiglia religiosa, e di ogni anima benintenzionata, anche se proveniente da regioni assai lontane dello spirito. Una buona base culturale sarà strumento prezioso per creare e mantenere questi contatti salutari.
Concludendo, non posso che farvi un augurio: sia la vostra cultura preambolo alla contemplazione, sia la vostra contemplazione fautrice e promotrice di cultura; di una cultura che non si esaurisca nella speculazione, ma che investa e lieviti la vita. Mostrate al mondo come la sapienza che ci insegna il Vangelo sia sorgente di una cultura che, mentre promuove nella persona la sensibilità per gli autentici valori della libertà, della giustizia, della pace, ne allarga gli orizzonti alla percezione e al gusto dei valori religiosi, introducendola a quell’esperienza del Divino, in cui soltanto può trovare appagamento l’inquietudine del nostro cuore.
Con questi sentimenti e auspici, vi assicuro nuovamente tutto il mio affetto e l’assistenza della mia preghiera, mentre di cuore imparto a tutti la mia Benedizione.
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