VISITA PASTORALE NEI PAESI BASSI
INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON LE COMUNITÀ POLACCHE DEL BENELUX
Bruxelles (Belgio)
Domenica, 19 maggio 1985
Carissimi Fratelli e Sorelle, cari connazionali!
1. Voglio esprimere la mia grande gioia per questo incontro serale con voi, inserito nel programma del mio pellegrinaggio e della mia visita pastorale alle Chiese che sono nei Paesi del Benelux.
Come Vescovo di Roma non ho mai smesso di sentirmi cordialmente unito con i figli e le figlie della mia stessa nazione: sia con coloro che vivono in patria, sia con coloro che, in diversi tempi e in diverse circostanze, si sono trovati fuori dai suoi confini. Sento questa solidarietà polacca, la solidarietà di tutti i miei fratelli e sorelle che parlano la mia stessa lingua e che portano in loro - anche se in misura diversa - la stessa esperienza e lo stesso patrimonio storico. Continuamente chiedo a Dio la luce e la grazia per riuscire a realizzare nei vostri confronti - secondo il mio ministero alla cattedra di Pietro - quei compiti che la Provvidenza mi ha voluto assegnare nei nostri tempi.
Per questo incontro ringrazio di cuore tutti gli organizzatori, e in particolare Monsignor Szczepan Wesoly, Don Tadeusz Frankow - rettore della missione polacca nei Paesi del Benelux - e tutti coloro che hanno dato il loro contributo. Dio vi benedica per le parole che mi avete rivolto all’inizio, piene di fede e amore, piene di speranza.
Do il benvenuto e saluto cordialmente tutti e ciascuno dei presenti, come pure i rappresentanti dei Paesi nostri vicini, ai quali mi rivolgerò alla fine. Do il benvenuto a voi che vivete in Belgio, in Olanda e in Lussemburgo, perché a quest’incontro partecipano soprattutto i polacchi che vivono in questi Paesi. Altrettanto cordialmente saluto tutti gli ospiti, venuti dai Paesi vicini. Saluto tutte le famiglie polacche: i genitori, i bambini, i giovani, le persone anziane, i malati.
Do il benvenuto e saluto tutte le generazioni: gli emigrati più anziani e i loro figli che forse si sono allontanati dalla madre-patria e non parlano più la lingua dei padri. Saluto cordialmente anche coloro che hanno lasciato la patria negli ultimi anni, negli anni Ottanta, e hanno trovato qui ospitalità.
In modo particolare voglio ringraziare tutti i sacerdoti e le famiglie religiose che offrono qui il loro servizio pastorale agli emigrati polacchi e mantengono vivo il legame con il patrimonio e la cultura della Chiesa e della nazione dalla quale provengono.
2. I Paesi del Benelux, e soprattutto il Belgio e l’Olanda, hanno degli antichi legami con la Polonia. Molti protagonisti della “grande emigrazione” che ha avuto luogo dopo la sconfitta dell’Insurrezione del novembre 1830, hanno trovato un’ospitale accoglienza in Belgio. Anche la riconquista della libertà da parte del Belgio ha a che fare - almeno indirettamente - con gli avvenimenti del novembre nel regno della Polonia. Il Generale Jan Skrzynecki e gli ufficiali dell’Insurrezione di novembre, come Ignacy Kruszynski o Feliks Pruszynski hanno reso importanti servizi all’esercito belga formato dal re Leopoldo I. A Bruxelles il grande storico Joachim Lelewel ha vissuto gli ultimi anni della sua vita e qui ha scritto le sue maggiori opere. Egli è anche l’autore dell’insegna “per la nostra e la vostra libertà”, sotto la quale i nostri connazionali combattevano e morivano per la libertà della propria patria e per la libertà di altre nazioni.
Legami particolarmente cordiali risalgono al periodo dell’ultima guerra. Sul finire dei combattimenti in Normandia, alle truppe polacche, specialmente alla divisione corazzata, fu assegnato un settore del fronte che aveva come obiettivo la liberazione - attraverso Roubens e Mield - della Gaidawa settentrionale, e poi la liberazione dell’Olanda. Le città di Axel, Alphen, Terover, e poi Breda e Moerdjik, sono state liberate dalle truppe polacche. Ieri, ad Ieper ho partecipato a una grande celebrazione in occasione del 40° anniversario della riconquista della libertà dopo la seconda guerra mondiale. È stata inaugurata anche una lapide in memoria delle truppe polacche che proprio lì hanno contribuito alla liberazione del Belgio.
In quel periodo qualcuno disse che Breda era la città più polacca. I monumenti che furono poi eretti a Breda e la cappella dedicata alla Madonna di Czestochowa esprimono la gratitudine per la liberazione. Le numerose tombe di soldati polacchi, soprattutto il cimitero di Lommel o quello di Breda, o le tombe dei polacchi caduti ad Arnheim testimoniano di quel sacrificio. Voglio ricordarlo in modo speciale nel 40° anniversario della fine di quell’orribile guerra.
Nonostante che il tempo passi, la tradizione iniziata dai soldati polacchi è viva e non mancano le prove di riconoscenza. L’azione della Caritas e della Croce rossa belga, specialmente nell’ultimo periodo, molto difficile per la nazione polacca a causa della situazione economica, ne è una delle espressioni. Per questo generoso aiuto vogliamo ringraziare in modo particolare gli abitanti di Belgio, Olanda e Lussemburgo. Ma la maggior parte dei polacchi sono venuti in Belgio o nel Limburgo olandese in cerca di lavoro. Molto spesso si trattava del duro lavoro delle miniere di carbone. Grazie a quel lavoro raggiungevano un certo benessere e assicuravano il futuro ai propri figli, ma indubbiamente contribuivano anche allo sviluppo economico e spirituale dei Paesi che li hanno accolti.
Dopo l’ultima guerra, quando studiavo a Roma, ho servito come pastore - qui in Belgio, durante le vacanze - la comunità degli emigrati polacchi. Allora ho conosciuto la vostra fede e la vostra fedeltà a Dio e alla tradizione cristiana dei padri. Ho visto anche con quanta scrupolosità vi dedicavate al vostro lavoro. Ho avuto anche l’opportunità di conoscere - nell’ambiente in cui per un mese ho svolto il mio lavoro pastorale - alcune famiglie. La vita religiosa e culturale trovava appoggio nelle numerose organizzazioni che avevano come scopo la salvaguardia e lo sviluppo delle ricchezze spirituali che hanno una propria forma, poiché sono radicate nella particolare esperienza millenaria della nazione.
3. Desidero per voi ardentemente e auguro, cari connazionali, a voi e a tutti coloro che rappresentate: le vostre famiglie, i parenti, le parrocchie, i gruppi sociali, e soprattutto alla giovane generazione, che approfondiate sempre la coscienza di quel patrimonio dal quale provenite e che vi portate dentro. E anche la coscienza e la disponibilità di dare sempre una fedele testimonianza della vostra identità cristiana: di tutto ciò che durante il nostro millenario passato cristiano è stato in uno speciale modo “investito” nella storia dell’anima polacca, dove ha trovato la propria espressione.
Questa storia, lo sappiamo, non è stata e non è facile, ma è proprio per questo che ha per noi un particolare valore e significato. So quali sono le difficoltà interiori ed esteriori che opprimono l’uomo dei nostri tempi. Vivete e fate parte di una società sempre più complessa, pluralistica, nella quale si scontrano diverse opinioni e valutazioni, una società che spesso si allontana da Cristo, dalla Chiesa e dal suo insegnamento.
Una nazione cristiana, forte della forza del mistero pasquale, della croce e della risurrezione di Cristo, neanche nei periodi difficili ha smesso di difendere, creare e trasmettere la propria cultura. Grazie a ciò ha conservato la coscienza di se stessa e ha saputo uscire vittoriosamente, nel senso cristiano, dalle minacce e dalle sconfitte morali e materiali, che non sono mancate e non mancano nella nostra storia. Anzi, ha rafforzato la propria identità, il proprio posto nella grande famiglia delle nazioni europee e del mondo.
Di questa volontà di vincere, della sua vitalità, parlano in modo particolare gli ultimi decenni, anzi gli ultimi anni della nostra storia. Durante l’ultima guerra abbiamo pagato un prezzo altissimo per la libertà “nostra e vostra”. Conosciamo bene il prezzo di quel sacrificio. Probabilmente alcuni di voi ancora ne portano i segni sul corpo o nell’anima. Ma da quell’orribile ecatombe la nazione è uscita più forte, convinta della propria dignità, convinta del suo diritto di essere padrona della propria patria, di avere il diritto a una propria storia, alla piena libertà e indipendenza, all’autonomia e all’autogoverno, e tutto ciò nasceva dalla fedeltà a Cristo che è il Signore della storia e della nostra vita.
Penso che sia questo il contenuto della parola “Solidarnosc” che vedo in questo stadio. Sento che reagite molto vivamente a questa parola. Ciò non mi sorprende affatto. Oggi pomeriggio mi sono incontrato con i rappresentanti del mondo del lavoro belga, sia del gruppo linguistico fiammingo che di quello francese. Sono stato sulla tomba del Cardinale Giuseppe Cardijn, famoso in tutta la Chiesa e in tutto il mondo. Quando il presidente delle organizzazioni cattoliche dei lavoratori legate al patrimonio del Cardinale Cardijn, rivolgendomi un discorso a nome di tutti i presenti, ha parlato di solidarietà, ha nominato la “Solidarnosc” polacca, tutti i lavoratori belgi, presenti all’incontro, hanno reagito vivamente, proprio come voi. E bisogna dire che non si trattava solo della parola, si trattava dell’intero sforzo del mondo del lavoro diretto ad assicurarsi la giusta dignità, il giusto posto nella società, ad assicurare ai lavoratori un sindacato autogestito. Si vede che il problema legato alla parola “solidarietà” non è solo una nostra caratteristica polacca, ma trova un’eco anche fuori dalla Polonia e in particolare qui, nei Paesi che hanno dato un grande contributo a mettere in pratica l’insegnamento sociale cristiano, specialmente nella pratica della vita dei lavoratori, degli operai.
Sicuramente il nostro patrimonio è grande, ma è anche difficile. Dobbiamo scoprirlo sempre di nuovo, approfondirlo, viverlo e trasmetterlo a coloro che vengono e verranno dopo di noi. Ciò è molto importante per voi che vivete fuori dalla vostra patria, o dalla patria dei vostri antenati. Quanto più sarete fedeli a Dio, alla vostra identità e al vostro patrimonio culturale, tanto più fruttuosamente contribuirete al bene del Paese e della nazione dalla quale provenite, e inoltre potrete servire meglio e più efficacemente il bene delle nuove patrie e società di cui ormai fate parte.
Con particolare sollecitudine - ma anche con speranza - penso soprattutto alle vostre famiglie. Penso alla famiglia cattolica, ricca di grazia e dei doveri del sacramento del matrimonio, alla famiglia che è una “Chiesa domestica”. Oggi parlavo di queste cose durante la celebrazione eucaristica davanti alla basilica del Sacro Cuore di Gesù a Koekelberg. Che la famiglia sia impregnata di amore, di fedeltà e di rispetto per Dio e per gli uomini. Che sia una scuola di fede, di virtù, d’amore di Dio e del prossimo.
Accogliete queste parole. Accogliete tutto ciò che viene dal mio cuore e, insieme alla benedizione che desidero impartirvi alla fine, portatelo a tutti coloro che amate, tra coloro con cui vivete e lavorate. So che i polacchi che vivono in Belgio hanno una lunga tradizione di pellegrinaggi al santuario mariano di Montaigu. Lì, la Madre di Dio rafforza la fede e come Madre aiuta a creare la giusta atmosfera religiosa nella famiglia e, tramite essa, nella società. Che ottenga la grazia della fede, della perseveranza e dell’unità nel pluralismo.
Tutto affido alla protezione della Signora di Jasna Gora, Regina della Polonia, e dei patroni della Polonia da Sant’Adalberto e San Stanislao a San Massimiliano Maria Kolbe.
“Ricordati di noi, o Signore, per amore del tuo popolo. Visitaci con la tua salvezza, affinché vediamo la felicità dei tuoi eletti, godiamo della gioia del tuo popolo e ci gloriamo con la tua eredità” (Sal 106, 4-5).
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