DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI PARTECIPANTI
AL IV SINODO DELLA CHIESA CATTOLICA UCRAINA
Sabato, 5 ottobre 1985
Signor Cardinale,
Venerati Fratelli!
1. Dal profondo del mio cuore saluto il Cardinale Myroslav Ivan Lubachivsky, Arcivescovo Maggiore di Leopoli degli Ucraini, e tutti i Gerarchi, radunati qui a Roma, presso la tomba di San Pietro, Principe degli Apostoli, per la sessione del IV Sinodo episcopale.
In conformità alle norme del regolamento del sinodo, voi siete venuti per le consultazioni comuni, che si riferiscono alle importanti questioni della Chiesa Cattolica Ucraina, la quale già da quasi 400 anni è saldamente unita a questa Sede Apostolica.
La comunione della vostra Chiesa con la Chiesa Universale, attorno al Successore di Pietro, è all’origine del fecondo sviluppo da essa sperimentato nel corso della sua storia.
Nello sforzo unionistico del secolo XVI la vostra Chiesa ha avuto un ruolo immenso. Questo potrebbe essere per voi motivo di orgoglio e nello stesso tempo dovrebbe essere di stimolo a una sempre più stretta unione con la Sede di Pietro. Anche oggi la Chiesa desidera ardentemente l’unione dei cristiani. Il Concilio Vaticano II, che ci apprestiamo a rivivere nel prossimo Sinodo straordinario attualizzandone lo spirito e gli insegnamenti, ha individuato nel ristabilimento della piena comunione fra tutti i cristiani uno dei compiti principali della Chiesa; e ha conseguentemente indicato gli orientamenti da seguire nel cammino verso questa meta.
Non dimentichiamo con vivo dolore che la Chiesa, che voi rappresentate in questo Sinodo, per l’appartenenza alla Chiesa Cattolica, alla comunione di Pietro, è stata - ed è - trattata ingiustamente e perseguitata.
Queste dolorose prove sono state sempre ben presenti ai miei predecessori nella Sede Apostolica e io le sento profondamente nel mio animo. Perciò ho auspicato ripetutamente che detta comunità cattolica possa godere della libertà religiosa, cui ha diritto come altre confessioni religiose. E così i rappresentanti della Santa Sede hanno chiesto, in varie riunioni della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa di Helsinki, che ad essa venga riconosciuta la legittimità civile ad esistere.
È un dolore comune per voi, Fratelli nell’Episcopato, e per me, vostro fratello, primo Papa di origine slava. Da qui deriva la mia particolare sollecitudine per la salvezza di ogni singola anima nella patria di San Vladimiro e fuori di essa, nella diaspora. La Sede Apostolica ha dato tante prove di questa sollecitudine, creando - nei Paesi di entrambe le Americhe, Australia, Francia, Gran Bretagna e Germania - le Eparchie e gli Esarcati, che voi in questo sinodo rappresentate. Ma, elaborando la storia futura della Chiesa Ucraina, non si può prescindere dalle radici dalle quali essa è sorta e dagli eminenti e illustri gerarchi di questa Chiesa.
Venerati fratelli!
“È indispensabile risalire al passato per comprendere alla sua luce la realtà attuale e presagire il domani. La missione della Chiesa è, infatti, sempre orientata e protesa con indefettibile speranza verso il futuro” (Giovanni Paolo II, Slavorum Apostoli, 31).
Un giorno verrà, lo speriamo - e per questo preghiamo nell’offerta del nostro comune dolore, vostro e mio - verrà un giorno in cui la piena comunione fra tutti i figli di San Vladimiro potrà vedere la luce.
2. E come non ricordare l’importante avvenimento che segnò la vostra storia, quando nell’anno 1595 i Vescovi Ucraini emanarono la famosa Dichiarazione sulla necessità del ripristino della Comunione della sede metropolitana di Kiev con la Santa Sede!
Subito dopo il Vescovo di Lutzk, esarca del Patriarca di Costantinopoli, Cirillo Terletzkyj, e il Vescovo di Volodomyr Ipozio Potij, come rappresentanti degli altri Vescovi, intrapresero il viaggio verso Roma per manifestare personalmente al Successore di Pietro che la Chiesa Ucraina era pronta all’unione.
3. Il mio predecessore Clemente VIII con la Bolla Pontificia Magnus Dominus et laudabilis nimis, proclamò questa consolante notizia.
Dalla Lettera Apostolica Benedictus sit pastor, del 7 febbraio 1596, appare con evidenza con quale gioia e trepidazione la Chiesa di Roma accolse nel suo seno la nazione Ucraina.
In questa Lettera il Romano Pontefice - dopo aver ringraziato il Signore, datore di ogni bene, per la conseguita unione - dichiara che le tradizioni della Chiesa ucraina e i suoi legittimi riti dovranno essere osservati senza alcun mutamento. Alla fine invita i Vescovi a convocare il Sinodo di tutta la provincia ecclesiastica, e a promulgare ufficialmente l’unione degli Ucraini con la Chiesa cattolica universale.
4. A questo grande avvenimento dobbiamo oggi l’esistenza e lo sviluppo della vostra Chiesa con le sue varie attività salvifiche non soltanto in Ucraina, ma anche in molte regioni del mondo. Proprio voi, Venerati Fratelli, vi siete radunati anche questa volta insieme per esaminare e riflettere sugli importanti problemi di ordine ecclesiastico generale e particolare.
5. Le vostre premurose sollecitudini e le deliberazioni hanno questa volta uno scopo particolare, cioè la degna celebrazione del Millennio del Cristianesimo nella Rus’. Fra tre anni ricorrerà il grande giubileo millenario del cristianesimo nel vostro popolo.
Il vostro glorioso principe Volodomyr, che viene giustamente celebrato come promotore e artefice della conversione della Rus’ alla fede cristiana, anche se ha preso dall’Oriente i riti liturgici e le sacre cerimonie, non solo rimase fino alla fine nell’unità di tutta la Chiesa cattolica, ma con sollecitudine cercò di mantenere amichevoli relazioni tra la Sede Apostolica e il suo Stato.
In conformità alle più antiche tradizioni della Chiesa ucraina si comportò Isidoro, metropolita di Kiev, quando nell’anno 1439 nel Concilio di Firenze sottoscrisse il Decreto con cui la Chiesa bizantina concluse l’unione con quella latina.
6. Ma anche in tempi più recenti non mancò l’occasione che vescovi e sacerdoti con il loro gregge dessero prova della loro forza d’animo per conservare la fede cattolica, difendendo la Chiesa nella sua libertà.
Ci piace qui ricordare la figura ascetica del metropolita Andrea Szeptyckyj.
Quando infuriava la prima guerra mondiale, egli venne cacciato dalla sua sede e confinato nell’estremo Oriente europeo. Lì egli trascorse molto tempo sotto stretta vigilanza e non desiderava altro se non manifestare la sua fedeltà e devozione verso la Sede Apostolica ed era pronto, se fosse capitata la possibilità, di soffrire con la grazia di Dio anche il martirio per la conservazione della fede e per il suo gregge. Le sue orme sono state seguite poi - quaranta anni or sono - da tutti i Vescovi dell’Ucraina occidentale con a capo il Cardinale Josyf Slipyj di venerata memoria. Ricordiamo oggi la sua nobile figura nel primo anniversario della sua morte con particolare stima e ammirazione.
7. Frattanto, Cari Fratelli, vi fortifichi nel vostro lavoro e nelle vostre sollecitudini la parola dell’Apostolo delle genti: “Certa è questa parola: se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui; se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo; se invece lo rinneghiamo, anch’egli ci rinnegherà; se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso” (2 Tm 2, 11-13).
Questo nostro incoraggiamento, cari fratelli, non possiamo corroborarlo e terminarlo in modo più adatto, se non con l’ammonimento dello stesso Apostolo delle genti: “Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti!” (1 Cor 16, 13). Rendete coraggiosa testimonianza alla vostra fede davanti a tutti coloro che in qualsiasi modo cercano di farla vacillare, “cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (Ef 4, 3-4).
Ricordate, Fratelli, che, “per la piena cattolicità, ogni Nazione, ogni cultura ha un proprio ruolo da svolgere nell’universale piano di salvezza. Ogni tradizione particolare, ogni Chiesa locale deve rimanere aperta e attenta alle altre Chiese e tradizioni e, nel contempo, alla comunione universale e cattolica; se rimanesse chiusa in sé, correrebbe il pericolo di impoverirsi anch’essa” (Giovanni Paolo II, Slavorum Apostoli, 27).
E in piena fiducia in voi, che con coraggio e gioia risponderete a questa Nostra esortazione con l’aiuto della grazia divina, auguriamo tempi migliori e più tranquilli per voi e per la vostra chiesa da parte del Padre di misericordia e Dio di ogni consolazione.
Dopo avervi esposto alcuni miei pensieri, prima di concludere, ritengo opportuno ringraziare tutti i Confratelli nell’episcopato per il contributo che hanno dato allo svolgimento di questo IV Sinodo della Chiesa Cattolica Ucraina.
E contemporaneamente dalla sovrabbondanza del mio cuore imparto a tutti voi e ai vostri fedeli, particolarmente ai sacerdoti, monaci e suore, la Benedizione Apostolica.
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