INCONTRO< DI GIOVANNI PAOLO II
CON I GIOVANI DELLA SARDEGNA
Cagliari - Domenica, 20 ottobre 1985
Carissimi giovani di Cagliari e dell’intera Sardegna!
1. Ritrovarmi stasera in mezzo a voi, mentre sta per concludersi la mia visita-pellegrinaggio nella vostra nobilissima Terra, è per me motivo di grande gioia, perché contiene - direi - una sorta di presentimento. Con voi, vicino a voi a me sembra non si possa parlare di conclusione, quanto piuttosto di continuazione della mia permanenza nell’Isola, perché son sicuro che conserverete a lungo il ricordo di questo nostro incontro, lo rievocherete anche con i vostri coetanei e amici, e soprattutto ripenserete alle mie parole ed esortazioni, studiandovi di approfondirle e di farne tesoro. Sono parole ed esortazioni che sgorgano dal profondo del mio cuore e che vi rivolgo con tanta fiducia - come ho già fatto in passato con altri gruppi di giovani come voi, in Italia e in altre Nazioni -, perché conto sulla vostra generosità e sulla serietà del vostro impegno di vita.
2. C’è una parola specifica per voi, giovani figli di Sardegna? Sì, certamente in rapporto ai particolari problemi della società in cui vivete. Ma io vorrei, prima di tutto, riprendere idealmente il discorso che tenni circa un mese fa ai giovani di Genova e della Liguria.
Come le navi-traghetto che solcano nei due sensi l’azzurro Tirreno per collegare Genova e Cagliari, quasi per esprimere visivamente i vincoli storici che le collegavano pure in passato, così la mia parola intenzionalmente si rifà a quanto già dissi nel Capoluogo ligure per sviluppare coerentemente altri concetti (Giovanni Paolo II, Allocutio ad iuvenes in urbe “Genova” habita, 4, 22 settembre 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/2 [1985] 740 ss.).
Dissi ai giovani in quella occasione di “non appiattirsi nella mediocrità”, di “non vivere solo a metà”, ma di “prendere nelle loro mani la propria vita”, per “farne un autentico e personale capolavoro”. Ciò naturalmente vale anche per voi, e ne ho avvertito l’eco nelle parole dei due vostri amici e interpreti, quando, accennando alle difficoltà e ai disagi dell’odierna realtà sociale, hanno denunciato il pericolo di adagiarsi nella provvisorietà come stile di vita, di cedere allo scoraggiamento e di cadere nell’emarginazione. Per questo anche a voi io ripeto: Giovani di Sardegna, a nessuno è lecito “abbandonarsi”; oggi è più che mai necessario, proprio per superare le difficoltà, che “prendiate in mano” la vostra vita!
3. Ma in concreto - voi potete chiedere - che cosa significa e cosa comporta tutto questo? Ecco, intendo dire che ciascuno di voi deve essere pienamente se stesso, sviluppando al meglio tutte le sue potenzialità, cercando di costruirsi compiutamente come persona. Sapete bene che nella formazione giovanile, quando si tratta di impostarla e soprattutto quando urge decidere, non sono possibili né evasioni né deleghe. Senza presunzione, certo, senza iattanza, ciascuno di voi deve fare appello coraggiosamente a quelle interiori risorse, deve avvalersi di quelle personali energie, che Dio creatore e provvidente ha posto in lui come altrettanti suoi doni. Il giovane che diventa uomo, pur se può usufruire dell’assistenza e dell’aiuto di altri - a cominciare dall’opera insostituibile dei genitori - dovrà in definitiva costruirsi con le sue forze. Non si tratta di sollecitudine e di chiusura egoistica in se stessi. Si tratta unicamente di fedeltà della propria verità di essere umani, portatori di un proprio irripetibile destino.
Sappiate, dunque, carissimi giovani, “prendere in mano” la vostra vita. Fatelo in nome di quel nucleo interno indistruttibile, che è la vostra libertà personale: un grande e prezioso dono, che Dio vi ha fatto e che Dio stesso rispetta. Quando si tratta delle scelte di fondo, quando - vi ripeto - urgono le decisioni, allora l’iniziativa spetta a voi: tocca a voi muovervi e camminare!
La vostra affollata presenza stasera mi conferma che la giusta direzione l’avete già presa: voi non sareste qui, se non ci fosse già stata una personale, libera e decisa presa di posizione. La vostra vita e la vostra libertà, tutto quanto voi avete - la salute, la giovinezza, la forza, l’apertura verso l’avvenire - tutto voi intendete utilizzare in vista di una vostra formazione completa: fisica e morale, civile e religiosa, umana e cristiana.
Senza smentire né rinnegare, senza sciupare né distruggere quello che vi è stato dato e vi è tuttora dato dai vostri genitori, dai vostri insegnanti, dai vostri sacerdoti - rappresentanti tutti e collaboratori di Dio - voi volete tracciare un vostro personale progetto di vita, che vi consenta di sentirvi pienamente voi stessi davanti ai coetanei e agli adulti, davanti a Cristo e alla sua Chiesa.
4. Qual è il contenuto di tale progetto? Giovani figli di Sardegna, se la sintesi finale è e resta fondamentalmente vostra, secondo l’impegno e la volontà di ciascuno, io non posso non richiamare quei valori fondamentali della vita, che debbono rientrarvi come componenti. Sono valori tuttora intatti e nobilmente presenti nelle tradizioni della vostra Terra. Ma badate bene che non basta averli ricevuti: bisogna assumerli in proprio, bisogna assimilarli e incarnarli nel quotidiano. Di questi valori voi dovete essere portatori per costruire la nuova società.
Uno l’ho già nominato, quando ho parlato dei vostri genitori: come potrei tacere questo primario rapporto, che vi inserisce nella tipica dimensione della famiglia sarda? È un centro vitale di affetti, un nido geloso che al calore del sentimento unisce la probità, la laboriosità e la tenacia spinte non di raro fino al sacrificio e all’eroismo. Quante madri, quanti padri potrebbero parlare al mio posto! Custodite, cari giovani, questa antica e sacra eredità! Non la rinnegate mai! Abbiate il senso, anzi il culto e, direi, l’orgoglio di essere nati nelle vostre famiglie! E impegnatevi a maturare in voi stessi degli uomini e delle donne a cui un giorno i vostri figli possano a loro volta guardare con orgoglio.
Nel vostro progetto deve poi rientrare il valore di una vostra seria formazione intellettuale. È un valore fondamentale per il vostro futuro e per quello del vostro popolo: l’ignoranza è un freno, una molla del progresso. La qualità del vostro domani dipenderà dalla qualità della vostra preparazione culturale di oggi. Come non riconoscere, da questo punto di vista, l’importanza di quell’insieme di persone, di strutture, di attività, che va sotto il nome di scuola? Capitemi: io parlo della scuola non già come realtà separata e distinta, da accettare o subire nei suoi orari e programmi, ma come palestra che è “vostra” e vi appartiene, a voi e ai vostri insegnanti, in tutti i suoi ordini e gradi. Se così voi la concepite e in questa prospettiva ad essa partecipate, la scuola si rivelerà strumento validissimo per la vostra crescita umana e, di riflesso, strumento di crescita per la città e per l’Isola.
Un altro valore non può mancare nel vostro progetto. Non può mancare, perché da esso traggono senso e vigore tutti gli altri; il valore di una fede, sincera e profonda, divenuta sostanza della vostra vita. Una fede di questa tempra suppone l’inserimento vivo e partecipe nella comunità cristiana concreta. Il mio pensiero va in questo momento alle vostre Parrocchie, sparse non soltanto nei centri maggiori, ma nei piccoli paesi e nelle zone più remote. E ho presenti, altresì, tanti Sacerdoti generosi e sensibili, abituati da sempre a condividere con i propri fedeli, a cominciare dai più poveri, i disagi, i problemi, i pericoli. Con i sacerdoti sono i Vescovi delle diocesi sarde. So delle loro esortazioni anche a livello di Conferenza Regionale; so degli orientamenti pastorali indicati dal vostro Arcivescovo.
Ma che cosa c’è alla base di tutto questo? C’è l’ansia di contribuire efficacemente, con l’aiuto del Signore, a irrobustire la tradizionale religiosità dei sardi, ma come sottinteso c’è l’intenzione di far leva innanzitutto su voi giovani, per portarvi al contatto personale con Cristo. A voi giovani, dunque, la responsabilità di corrispondere alle sollecitudini dei vostri Pastori, Essi vi richiamano alla conversione del cuore, come condizione primaria per alimentare “dall’interno” la fede. Ebbene, a questa fondamentale via di crescita cristiana vi richiamo anch’io, ricordando che conversione significa anche riconciliazione e preghiera.
I vostri Pastori vi hanno indicato pure, come particolare impegno, la catechesi, da intendere non soltanto come sforzo per approfondire personalmente la dottrina del Vangelo, ma anche e simultaneamente come opportunità di testimonianza nei confronti degli altri. E io vi dico: siate i catechisti di voi stessi e dei vostri amici in tutti gli ambienti in cui operate. Vi è stata anche indicata la dimensione della carità, che va ben oltre - come sapete - il soccorso pur necessario per i poveri e gli emarginati: la carità, in effetti, ha un’estensione e un’applicazione molto più ampia, ed è la misura dell’autenticità del nostro essere cristiani. E anch’io insisto: vivete la carità in ogni sua dimensione e sarete veri seguaci di Cristo, testimoni credibili del suo Vangelo.
I vostri Pastori, infine, hanno posto il problema della vocazione come appello personale a cui ciascuno deve rispondere, perché le scelte decisive non si possono eludere. Anch’io dico che, come il cittadino ha un suo ruolo nella società, così ogni cristiano ha la sua vocazione nel corpo di Cristo che è la Chiesa. Ma, dicendo vocazione, intendo anche qualcosa di più: alla vocazione generale si può affiancare non di raro una vocazione speciale alla consacrazione sacerdotale o religiosa. All’una e all’altra bisogna rispondere!
Comprendete bene, cari giovani, come tutto ciò esiga un attento lavoro di discernimento, così che dalla famiglia alla scuola, dalla parrocchia alla pastorale diocesana e interdiocesana il progetto di vita abbia concretezza e attuazione. È possibile questo? Sta avvenendo nella vostra vita? Perché sia possibile e avvenga, vi è necessaria la luce dall’Alto: la luce di Cristo, personalmente incontrato e personalmente presente. Se è lui che chiama, è a lui che bisogna rispondere.
5. Nella mia Lettera ai giovani e alle giovani per l’Anno Internazionale della Gioventù ho parlato a lungo dello sguardo rivolto da Cristo a quel giovane del Vangelo: “Gesù, fissatolo, lo amò” (Mc 10, 21). È uno sguardo misterioso e pieno d’amore, segno di personale incontro, anzi di contatto con lui; uno sguardo che vi auguro di scoprire e di sperimentare nella sua efficacia trascinatrice (cf. Giovanni Paolo II, Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 7, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 769 s.). Da Gesù Cristo, infatti, viene l’orientamento esistenziale; da lui l’alimento vitale: egli è la via, la verità e la vita (cf. Gv 14, 6).
Non ignoro, carissimi, le difficoltà e le incertezze che, purtroppo, la realtà quotidiana può riservarvi. Non parlerò dei tanti pericoli e tentazioni che presenta oggi la vita; non posso, però, dimenticare la piaga della disoccupazione. So che al riguardo la vostra Regione detiene un ben triste primato, avendo la percentuale più alta di giovani disoccupati. È un problema, questo, che mi addolora profondamente, per una serie di motivi, a cominciare dal fatto che esso può frustrare sul nascere ogni serio impegno e far naufragare lo stesso progetto di vita. E anche l’esodo da questa Terra è un dissanguamento di tante fresche energie; non è solo perdita in termini economici, ma psicologicamente è uno sradicamento dall’ambiente, i cui danni morali, prima che sociali, son difficili da calcolare.
Per questo rivolgo un caldo e pressante appello a tutte le Autorità, a ogni livello, proprio in rapporto al diritto-dovere dei giovani a “prendere in mano” la propria vita. Penso infatti che, coordinandosi i vostri sforzi personali, cari giovani, con le iniziative che spettano ai pubblici poteri, sarà possibile dare all’annoso e dannoso problema l’auspicata e soddisfacente soluzione. A questo fine il mio augurio, la mia solidarietà, la mia preghiera.
6. Io invoco su di voi e per voi, a sostegno dei vostri progetti e a superamento delle presenti difficoltà, una speciale effusione della grazia di Nostro Signore. Per voi e su di voi invoco la materna protezione di Santa Maria di Bonaria. La vostra crescita - è questo il mio voto supremo - avvenga nella fedeltà a questi ideali e valori, che fin dalle origini del cristianesimo hanno impresso un inconfondibile profilo alle generazioni che si sono succedute in quest’Isola. La Sardegna cristiana oggi dev'essere rappresentata e impersonata, deve essere “fatta” dai giovani cristiani! Vorrei con Maria ripetere a ciascuno di voi: “Fate quello che egli vi dirà” (Gv 2, 5). Cristo vi parla; Cristo vi chiama. Sappiate rispondere!
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