INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I FUTURI SACERDOTI
NEL SEMINARIO MAGGIORE «BENEDETTO XV»
Domenica, 22 settembre 1985
1. Non poteva mancare, nel quadro degli impegni e degli incontri della mia visita a Genova, una sosta sia pur breve all’interno di questo insigne Seminario, che s’intitola al nome del grande e amabile pontefice Benedetto XV, indimenticato mio predecessore nella sede di Pietro durante il primo conflitto mondiale.
Non è forse il seminario - ogni seminario - un luogo privilegiato e determinante per la vita spirituale, religiosa e pastorale dell’intera diocesi? Non è forse tuttora valida, indispensabile, preziosa la sua funzione in ordine alla preparazione al sacerdozio? E che cosa hanno affermato, o riaffermato in proposito, prima il Concilio Vaticano II (cf. Optatam totius, 3-7) e poi, sulla sua scia, la Conferenza Episcopale italiana? Non si dovrà sempre riguardare il seminario come “cor dioecesis” (Ivi, 5)?
Sono queste domande - e le non troppo difficili risposte che vi corrispondono - a rendere particolarmente cordiale e affettuoso il mio saluto, che desidero ora rivolgere comprensivamente a tutte le componenti dell’istituto: dai superiori agli alunni, dai docenti agli ospiti. Saluto, pertanto, il Cardinale Arcivescovo, che esattamente vent’anni fa eresse questo nuovo edificio e che con esemplare premura lo frequenta puntualmente, almeno una volta alla settimana, per moltiplicare contatti e colloqui in direzione dei giovani. Saluto Monsignor Rettore e i suoi Collaboratori, e con essi i singoli seminaristi, compresi quelli delle diocesi vicine, gli alunni appartenenti alle Famiglie religiose, nonché i piccoli convenuti dal Seminario Minore.
2. Non starò a ricordare le figure di singolare prestigio che hanno tanto onorato il Seminario Genovese e, quindi, l’intera arcidiocesi e, in generale, la santa Chiesa. È vero: essendo nuova questa sede, i ricordi del passato dovrebbero essere “ambientati” nell’antica e storica sede di via Porta degli Archi. Ma certo è che lo “spirito” è qui trasmigrato, ed è proprio questo quel che conta!
Dicendo spirito, infatti, io designo un tipico stile formativo, che come si rifà alle regole collaudate e costanti della pedagogia cristiana, così si protende verso l’immutabile ideale del sacerdozio cattolico e si apre, al tempo stesso, alle istanze emergenti dalla società moderna, nella quale chi è chiamato al sacerdozio ministeriale dovrà un giorno operare.
Ma come si può individuare o definire, in concreto, siffatto spirito e stile? Ecco, fratelli e figli carissimi, a me sembra che siano almeno tre i principali elementi che lo delineano.
In primo luogo, la conformazione a Cristo Buon Pastore come punto fermo di riferimento nell’insieme del lavoro educativo, in cui hanno parte - com’è ovvio - gli educatori e gli educandi. So bene che Cristo come Pastore rappresenta l’asse portante della formazione che qui viene impartita: è lui il “lapis angularis” (cf. Ef 2, 20; 1 Pt 2, 6) su cui poggia lo sforzo congiunto di tutti voi, maestri e discepoli. Lasciate, dunque, che al riguardo vi esprima il mio vivo compiacimento e incoraggiamento.
Difatti, è da tale impostazione cristocentrica che deriva la più sicura garanzia per acquisire quel senso pastorale, che resta indispensabile per la vita del futuro Presbitero. Oggi, anzi, più che in passato esso si rivela necessario per un contatto spiritualmente efficace e proficuo con le diverse categorie di persone, in cui si articola l’odierna società. Oggi ci vogliono Sacerdoti, che - ben oltre la sapienza e la scienza umana, ben oltre il corredo delle pur apprezzabili qualità naturali - siano formati o, meglio, si siano formati sulle parole, sugli insegnamenti e sugli esempi di Cristo vivente ed eterno Pastore. Sì, egli è il buon pastore, e sarà sempre salutare la rilettura del noto capitolo del Vangelo di San Giovanni, in cui così ci si presenta, come restano stimolanti le parabole sul medesimo tema (Mt 18, 11-14; Lc 15, 1-7; cf. 1 Pt 2, 25), come utile è, altresì, la loro integrazione con le pagine degli antichi profeti d’Israele - soprattutto Geremia ed Ezechiele - più sensibili alla tematica della pastoralità e non di rado severi nelle loro ammonizioni ai pastori (cf. Ez 34; Ger 10, 21; 23, 1-6).
Gesù buon Pastore, modello assoluto dei pastori, se contemplato e ricopiato con assiduità di impegno e studio di imitazione, coronerà con la sua grazia, che dà luce e vigore, il vostro sforzo comune e vi preparerà “secondo il suo Cuore” al futuro ministero.
3. Un secondo elemento dell’educazione al sacerdozio è l’amore alla Chiesa-madre. C’è rischio - come talvolta avviene - che certe dichiarazioni siano scontate e restino poco più che verbali. Ma così non deve essere! Quando diciamo amore o fedeltà alla Chiesa, è implicita in tale affermazione una profonda convinzione di fede. Per amare e mantenere fedeltà alla Chiesa, occorre riguardarla per quello che effettivamente essa è: Sposa di Cristo, acquistata con l’effusione del suo sangue (cf. At 20, 23), “creazione stessa di un disegno di amore e come tale obbligata al dovere della fedeltà. La Chiesa è organismo vivo e pulsante, e siamo noi stessi insieme con i nostri fratelli e sorelle a costruirla. Non è realtà distaccata e distinta: tutti vi siamo direttamente, responsabilmente “implicati e coinvolti” in forza di un rapporto personale. Se è così, allora l’amore e la fedeltà si profilano come un dovere di coerenza: ciò che tocca la Chiesa non è né sarà mai materia a noi estranea o indifferente, perché quel che le appartiene appartiene a noi, perché essa è di Cristo, e noi in essa siamo Cristo. Capite bene come, in base a questo caposaldo di fede, la fedeltà e l’amore ecclesiale, che qui sono inculcati, nulla dovranno avere di estrinseco, di formale, di vuoto: sono valori costitutivi dell’ecclesialità!
4. Da ultimo, mi piace rilevare la corrispondenza che l’indirizzo religioso-pedagogico, qui seguito, intende stabilire con le esigenze e le istanze - in parte nuove - della società moderna.
Cari giovani, voi siete, o sarete presto mandati a questa dinamica comunità urbana, a questo ambiente ligure, così ricco di humus culturale, per portare all’una e all’altro Cristo e la salvezza che da lui solo si ottiene. Non sarete Sacerdoti in generica missione, ma incaricati di uno specifico settore, in sé ben definito come struttura, come mentalità, come tradizione, con le sue difficoltà e i suoi problemi. Genova e la Liguria, come già nel passato, hanno anche oggi un particolare ruolo da svolgere, e il servizio pastorale del Sacerdote deve sapientemente inserirsi nel complesso degli accennati fattori.
Sarà necessario un giusto equilibrio tra antico e nuovo, non già per adagiarsi in una mediocrità incolore, ma per la gelosa custodia del buono e la ricerca intelligente del nuovo ai fini della migliore valorizzazione di ogni elemento. Tutto occorre far crescere con fermento evangelico!
Su questi pensieri, che ho voluto raccomandarvi a suggello del lavoro, qui così ben avviato, e a ricordo del gradito incontro di oggi, io invoco la protezione della Vergine Immacolata, vostra speciale patrona, mentre tutti vi benedico nel nome del Signore.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana