VISITA DI GIOVANNI PAOLO II
AL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA GUARDIA
Domenica, 22 settembre 1985
1. “Entrata nella casa, salutò . . .” (Lc 1, 40).
Pellegrino con voi, carissimi Fratelli e Sorelle, a questo insigne santuario della terra Ligure, dal profondo del cuore rendo il mio riverente omaggio alla Vergine, venerata col glorioso titolo di Nostra Signora della Guardia.
Il mistero gaudioso della Visitazione, di cui abbiamo ora ascoltato il racconto evangelico, ci offra preziosi spunti di riflessione. Anche su questo monte, infatti, la Madre del Redentore ha visitato il suo popolo.
Qui apparve all’umile e privilegiato Benedetto Pareto nel lontano 29 agosto 1490 e gli domandò di erigere in suo onore una cappella. E gli riapparve successivamente e lo fece oggetto di una guarigione miracolosa affinché il pio veggente potesse superare le difficoltà inizialmente incontrate e fosse così attestata l’autenticità dell’apparizione.
Quel memorabile evento segnò con una nota religiosa di imperituro valore la storia della Città e della Regione, nel momento stesso in cui, per il genio di un genovese, l’orizzonte dell’umanità era prossimo ad aprirsi al nuovo Mondo, dove la Madre di Dio avrebbe pure, a più riprese, fissato la propria dimora.
Dalla fine del secolo XV ad oggi la Madonna ha continuato a “visitare” il suo popolo. Ha accolto anime pellegrinanti che qui sono accorse sempre più numerose, così che questa cima è diventata un centro qualificato di devozione, preghiera, raccoglimento, e il cuore propulsore della spiritualità e dello slancio pastorale della diletta Chiesa di Dio che è a Genova.
Qui, dunque, anche le generazioni hanno continuato a visitare Maria. Noi possiamo intuire soltanto genericamente i colloqui d’anima, le aspirazioni, le sofferenze, le ansie che si sono intrecciate tra il cielo e questo luogo benedetto.
Penso in particolare al mio venerato Predecessore sulla Cattedra Romana, figlio della vostra terra, Benedetto XV, il quale, dopo aver molte volte pellegrinato a quest’oasi montana, fece collocare una riproduzione della cara effigie della Madonna della Guardia nei Giardini Vaticani, dove è rimasta per la devozione anche dei suoi successori.
Con intima commozione ricalco oggi le sue orme, nello spirito della Visitazione di Maria. Qui Maria, come fece subito dopo l’annunzio dell’Angelo, si rende presente, sollecita e amorevole, tra le turbe pie che la proclamano beata.
2. “Beata colei che ha creduto” (Lc 1, 45).
La prima beatitudine del Vangelo è riservata a Lei.
È l’elogio che sgorga dal cuore della sua parente Elisabetta sulla pendice di Ain-Karim, in quella festosa e premurosa visita che conserva un posto indelebile nella storia dell’umanità.
L’incontro di due incipienti maternità, ognuna segnata da un proprio prodigio. Il fluire nei secoli di una corrente spirituale inarrestabile.
La Vergine madre ha creduto. Ha creduto al disegno misterioso che Dio avrebbe compiuto per mezzo del suo libero concorso. La fede è il suo principale titolo di grandezza. Quella fede che in ogni momento - da Betlemme a Nazaret, sulle strade di Palestina fino al Calvario e al Cenacolo pentecostale - sarà il vincolo della profonda e perfetta unione tra Madre e Figlio.
Il Santuario mariano, questo Santuario, è un “luogo” di fede.
Ammirando la fede di Maria, noi rinnoviamo, restauriamo, fortifichiamo, se è necessario ricuperiamo, la fede cristiana e cattolica, nei suoi fondamenti e in tutte le sue dimensioni. Una fede viva, limpida, coerente; che esprime l’intima armonia tra contemplazione e azione; ha le radici nel cuore e le ramificazioni nella vita quotidiana; si traduce nelle opere e nella testimonianza.
3. “L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1, 46).
L’inno profetico dei tempi messianici, col quale la Vergine rispose al saluto di Elisabetta, continua ad effondersi dall’anima dei credenti. Assume sempre gli accenti dell’adorazione e dell’esultanza.
Adorazione di Dio nel mistero della sua vita intima - unità e trinità -, mistica circolazione di un amore trascendente, che nel Verbo incarnato assume la natura umana attraverso il ministero materno della Vergine Immacolata.
“Il culto cristiano - rileva Paolo VI - è per sua natura culto al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, o meglio, come si esprime la liturgia, al Padre per Cristo nello Spirito. In questa prospettiva esso legittimamente si estende, sia pure in modo sostanzialmente diverso, prima di tutto e in maniera speciale alla Madre del Signore” (Paolo VI, Marialis cultus, 25).
La Madre indirizza a Dio e al suo Cristo.
Suppone nel cristiano una devozione solida, che immerge nelle verità della fede, su di esse plasma le mentalità e orienta i comportamenti in ogni campo dell’esistenza. La sua parola d’ordine, amorevole e forte, ha un timbro particolarmente incisivo: “Fate tutto quello che Egli vi dirà” (Gv 2, 5).
Il Magnificat, ogni volta che lo ripetiamo, ridesta in noi le note dell’esultanza.
Fulcro del cristianesimo è la Croce. Ma la Croce è anche il passaggio alla risurrezione. Per seguire Gesù bisogna avere il coraggio di prendere sulle spalle la croce (cf. Mt 16, 24) come atto preliminare per aver parte con Lui alla risurrezione. Questo è stato l’itinerario di Maria, vergine addolorata. Questo è l’itinerario del cristiano: dalla sofferenza alla gioia.
4. “. . . il luogo di cui hai detto: Li sarà il mio nome” (1 Re 8, 29). Sì, su questa vetta che domina la nobile Città mariana, è il suo nome: Maria.
“A noi Madre di Dio quel nome suona” (A. Manzoni, Il Nome di Maria, 21), coniugato con l’appellativo di nostra Signora della Guardia, che ne specifica l’intento di una potente e sempre vigilante protezione.
È un invito e un incoraggiamento pressante all’invocazione. Alla preghiera che è colloquio, elevazione, rendimento di grazie, domanda. Alla preghiera della mente e delle labbra, fondata sul leale riconoscimento di ciò che siamo nella condizione di creature soggette ad ogni fragilità, ma irrobustite da un aiuto superiore: “Tutto posso in colui che mi dà forza” (Fil 4, 13).
La storia del vostro santuario, amatissimi figli della Chiesa genovese, attesta che la Vergine santissima tiene il cuore aperto all’ascolto. Al di là di eventi prodigiosi accertati, c’è tutto il poema di favori spirituali sigillato nel Libro di Dio, di trasformazioni e conversioni maturate nel sacro recinto attraverso il sacramento della penitenza, di “risurrezioni” pasquali e rinnovamenti spirituali e morali di cui la Madonna della Guardia è la dolce interceditrice.
Essa avvalora in noi la certezza che la preghiera sincera e fiduciosa è sempre accolta da Dio, il quale conosce le nostre necessità e vuole la nostra salvezza (cf. 1 Re 8, 28-39).
5. “Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza . . .” (1 Re 8, 29).
Il Vangelo descrive Maria come la Vergine in ascolto.
La vostra tradizione racconta che, alla sua prima apparizione su questa cima, a Benedetto Pareto che le dichiarava ansiosamente la propria inettitudine a costruire una chiesa in un luogo tanto lontano e deserto, la Regina del cielo rispose: “Confida in me. I mezzi non ti mancheranno. Con il mio aiuto tutto ti sarà facile. Mantieni solo ferma la tua volontà”.
Sono parole semplici e grandi, cui sembra far eco visivamente il magnifico tempio con le opere che gli fanno corona, compreso l’edificio che sono lieto oggi di inaugurare quale segno dell’apertura a sempre nuovi sviluppi nel solco secolare.
La grande Madre apre ancora il cuore all’ascolto.
Permettetemi di affidarle, con i sentimenti del più fervido amore, le intenzioni che hanno mosso i miei passi di pellegrino.
Depongo nel suo cuore materno le necessità della Chiesa universale e, in modo speciale, il prossimo Sinodo straordinario, che ho indetto con il preciso intento di risvegliare in tutti l’autentico senso di vitalità spirituale e pastorale che il Concilio Vaticano II, vent’anni or sono, ha effuso nella mistica Sposa di Cristo, il quale è “la luce delle genti” (Lumen Gentium, 1).
Alla Madonna della Guardia, Stella splendente del vostro Mare, affido la cara compagine del popolo di Dio raccolta nella diocesi genovese, i suoi problemi e le sue aspirazioni, i suoi traguardi e prospettive: sia sempre degna delle sue grandi tradizioni.
Così ora, con fervido cuore, la imploriamo, recitando la formula a voi notissima che condensa i sentimenti umili e schietti della pietà popolare.
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