PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN INDIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE L’INCONTRO DI PREGHIERA
ALL’AEROPORTO DI TRIVANDRUM
Trivandrum (India) - Sabato, 8 febbraio 1986
Amatissimi in Cristo.
1. Il mio pellegrinaggio mi ha portato a Trivandrum! A voi, miei fratelli e sorelle di questa parte del Kerala, ripeto il saluto dell’apostolo Paolo: “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Fil 1, 2). Grazia e pace: grandi doni dell’amore di Dio che soddisfano aspirazioni profonde dei nostri cuori umani!
Venendo dall’aeroporto ho avuto modo di visitare la cattedrale di san Giuseppe e la cattedrale di Santa Maria. Queste visite hanno un simbolismo particolare. Esse esprimono la pienezza della comunione ecclesiale e della pace tra noi: tra il successore di Pietro e le vostre Chiese locali, le diocesi latine di Trivandrum, Quilong e Punalur, e la Sede Metropolitana siro-malankarese di Trivandrum.
In questo spirito di unità nel Corpo mistico di Cristo saluto cordialmente i miei fratelli vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, nonché i fedeli di tutte le diocesi qui rappresentate. Mentre innalziamo i nostri cuori e le nostre menti a Dio onnipotente - Padre, Figlio e Spirito Santo - possiamo noi provare una gioia profonda nella nostra solidarietà di discepoli del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo!
Alle illustri autorità civili e ai rappresentanti delle varie Chiese cristiane e ai nostri fratelli e sorelle di altre tradizioni religiose esprimo i miei calorosi sentimenti di rispetto e di stima.
2. In questa fase del mio pellegrinaggio attraverso l’India desidero approfittare di questa visita a Trivandrum per indirizzare una particolare parola d’affetto alla Chiesa siro-malankarese della quale Trivandrum è la Sede Metropolitana, sotto la guida dell’arcivescovo Mar Gregorios.
La vostra Chiesa, amati fratelli e sorelle, risale nelle sue origini all’apostolo san Tommaso. Voi avete una tradizione liturgica antichissima, che ebbe origine ad Antiochia, dove i seguaci di Gesù vennero per la prima volta chiamati “cristiani” (At 11, 26). Per oltre sedici secoli la vostra comunità rimase in ininterrotta comunione con la Sede di Pietro. Poi vi furono una serie di difficoltà che interruppero questa comunione.
Ma questo secolo è stato contrassegnato in modo indelebile dalla luminosa figura dell’arcivescovo Mar Ivanios, che trovò saggezza e sensibilità alla causa dell’unità cristiana nel mio predecessore Pio XI, al quale rese una storica visita nel 1932.
Sono molto lieto di sapere che l’ultimo periodo della storia della vostra Chiesa è stato un tempo di crescita e di rigogliosa vita cristiana. La fondazione del Seminario Maggiore dedicato a Maria, Madre della Chiesa, è un segno della vostra vitalità. Esso dà grandi speranze di ulteriore forza e consolidamento nel futuro.
Nel 1980 ho avuto il grande piacere di inviare il cardinale Rubin quale mio rappresentante personale alle celebrazioni del Giubileo. E oggi mi è stata concessa la grazia di farvi visita di persona. Oggi desidero incoraggiarvi nella vostra fede, nella fedeltà alle vostre antiche tradizioni, nei sinceri sforzi per promuovere fraterni rapporti coi vostri fratelli e sorelle delle Chiese Giacobita e Ortodossa e di altre Comunioni ecclesiali. Possa essere vostra aspirazione costante che giunga presto il tempo in cui si realizzi la preghiera di nostro Signore per una perfetta unità tra tutti i suoi discepoli (cf. Gv 17, 21), di modo che in ogni luogo e in ogni epoca la Chiesa possa brillare come “un popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (cf. san Cypriani, De oratione Dom., 23: PL 4,536; Lumen Gentium, 4).
3. Al vescovo Jacob e a tutti i sacerdoti, religiosi e laici della diocesi latina di Trivandrum esprimo fraterno amore in nostro Signore Gesù Cristo. Affido all’amorevole intercessione della nostra Beata Madre la vita delle vostre parrocchie, scuole e collegi, nonché le organizzazioni di carità e pastorali che grandemente contribuiscono alla vostra vita diocesana. Quale umile serva del Signore (cf. Lc 1, 48), Maria è di fronte a voi quale perfetto modello del vostro quotidiano servizio alle comunità ecclesiali e civili nelle quali proclamate il messaggio di vita del Vangelo (cf. Gv 10, 10) e siete efficaci testimoni del comandamento evangelico dell’amore (cf. Gv 13, 34). Oggi il successore di Pietro è molto felice di essere in mezzo a voi. Prego che la mia visita vi sia di conforto e d’incoraggiamento.
4. Fratelli e sorelle in Cristo: in quanto cristiani siamo mandati per servire. Cristo stesso disse: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 27). Il servizio è un cammino che ha l’esemplificazione più chiara nella vita e nel ministero di Gesù. Anche noi dobbiamo camminare lungo questa via. L’infante nella mangiatoia di Betlemme, il bambino perdutosi nel tempio, il falegname di Nazaret, colui che insegna seduto presso il pozzo di Sicar (cf. Gv 4, 6), il maestro che lava i piedi dei suoi discepoli (cf. Gv 13, 5), il Figlio dell’uomo che dà la vita per i propri amici (cf. Gv 15, 13): sono queste alcune delle immagini dell’amore di Dio per l’uomo all’opera attraverso Gesù nelle vicende della storia umana.
Nelle solenni parole di san Paolo, Gesù “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2, 6-7). Anche la Chiesa è chiamata a seguire nella sua vita e nel suo ministero il modello del servizio di Gesù. Come lui la Chiesa deve agire in spirito di servizio verso la famiglia umana. Per essa, servire la famiglia umana è servire Cristo suo Signore.
In questo senso alcune espressioni del Concilio Vaticano II sono una sfida costante per noi: “La Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente, si premura di sollevarne l’indigenza, e in loro intende di servire a Cristo” (Lumen Gentium, 8).
Non è stata forse questa l’esperienza dei santi in ogni epoca e luogo? Non è forse questo l’esempio lasciatovi da una moltitudine di uomini e donne che sono stati testimoni di Cristo in questa regione del Kerala? Non è forse questa l’opera delle vostre parrocchie e delle vostre istituzioni oggi? Non sono forse molti di voi personalmente impegnati in molteplici forme di servizio ai vostri fratelli e sorelle bisognosi, senza discriminazione e senza ricerca di profitto o vantaggi terreni?
5. La Chiesa qui, e in tutta l’India, è una Chiesa di servizio. Essa riconosce il proprio fondatore povero e sofferente sul volto di tutti coloro, vecchi e giovani, che sono vittime della povertà in qualsiasi sua forma.
Nel regno messianico di Cristo i poveri e i sofferenti hanno un posto particolare. A loro infatti appartiene il regno: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6, 20). I segni della presenza del regno di Dio sono la predicazione della buona novella ai poveri, la proclamazione della liberazione ai prigionieri, il ridare la vista ai ciechi, il rimettere in libertà gli oppressi, la proclamazione di un anno di grazia del Signore (cf. Lc 4, 18-19). Tutto ciò significa che il servizio della Chiesa a favore del regno di Dio si adempie nel suo servizio verso i poveri e i sofferenti.
La Chiesa non esclude dalla propria compassione e amorevole servizio. Come una buona madre, essa ama tutti: bambini, giovani, anziani, operai, senza tetto, affamati, handicappati, coloro che soffrono nello spirito, e coloro che riconoscono i propri peccati e così provano attraverso di essa il contatto risanatore di Cristo. A ciascuno, ma ai poveri in particolare, la Chiesa offre la buona novella della dignità umana e soprannaturale dell’uomo.
In Cristo, l’uomo è stato innalzato allo stato di figlio di Dio. Egli è un figlio di Dio, chiamato a vivere in dignità in questo mondo e destinato alla vita eterna. La Chiesa è la casa sia del povero che del ricco, perché “Dio non bada a persona alcuna” (Gal 2, 6). Tuttavia ciascuna comunità nella Chiesa deve compiere uno sforzo particolare affinché in essa i poveri si sentano pienamente a casa propria. Per questa ragione la Chiesa stessa, “con umiltà e abnegazione” (Lumen Gentium, 8), deve essere pronta a seguire le vie dei diseredati e di coloro che invocano giustizia. In questo modo essa cammina sulle orme del suo Signore, il quale “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2, 7).
6. Vent’anni fa il Concilio Vaticano II riconobbe chiaramente che noi siamo “in un tempo in cui lo sviluppo della vita economica, purché orientata e coordinata in una maniera razionale e umana, potrebbe attenuare le disparità sociali” (Gaudium et Spes, 63). Ma allo stesso tempo il Concilio previde - e in modo giusto - che il progresso materiale troppo spesso serve solo a intensificare tali disparità. Ciò che è necessario per una maggiore giustizia sociale è questo: che lo sviluppo economico e gli strumenti tecnici che esso genera siano posti al servizio dell’uomo: al servizio di tutto l’uomo, e di ciascun uomo - ciascun uomo, donna e bambino - senza intollerabili forme di discriminazione.
Nella sua enciclica sociale Mater et Magistra (Ioannis XXIII Mater et Magistra, n. 73), Papa Giovanni XXIII rivendicò un principio che è interamente valido anche oggi: “Allo sviluppo economico si accompagni e si adegui il processo sociale, cosicché degli incrementi produttivi abbiano a partecipare tutte le categorie di cittadini”.
Inoltre, il progresso economico e sociale deve essere diretto al benessere integrale della persona umana. Ciò significa che la persona non deve essere considerata mero strumento di produzione. Essa deve essere trattata conformemente alla sua dignità umana e in accordo coi suoi bisogni che non sono solo materiali, ma anche culturali e spirituali.
L’India capisce la natura spirituale della persona umana. La vostra cultura fa sì che voi siate sensibili ai valori trascendenti che sono parte imprescindibile dell’attività umana e di tutti i rapporti. Il mondo si trova di fronte a questa sfida: lo sviluppo deve essere effettivamente armonizzato con la promozione della dignità spirituale della persona e dei suoi inalienabili diritti. Voi possedete un’antica saggezza, che afferma che non è solo il progresso materiale che giova a un popolo e a una nazione, quanto piuttosto la pace sociale e la libertà che ne risultano, ivi compresa la libertà di coscienza e di religione.
7. Fratelli e sorelle della Chiesa cattolica: in quanto cittadini del vostro Paese avete il diritto e il dovere di contribuire al progresso della società civile alla quale appartenete. Vi incoraggio a farlo in spirito di servizio, nello spirito di Cristo che ci ha insegnato il significato più pieno dell’amore. Come dice san Giovanni: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (1 Gv 3, 16-18).
In cooperazione con tutti gli uomini di buona volontà, le Chiese locali hanno un ruolo vitale da svolgere nell’alleviare disagi e sofferenze. Molto si può fare, come dice il Concilio, “per aiutare tutti gli uomini . . . affinché scoprendo più chiaramente le esigenze della loro vocazione totale, rendano il mondo più conforme all’eminente dignità dell’uomo” aspirino a una fratellanza universale e superiore, e possano rispondere, sotto l’impulso dell’amore, con uno sforzo generoso e congiunto, agli appelli più pressanti della nostra epoca” (Gaudium et Spes, 91). Per quanto possibile, vanno intensificate le attività formative in modo da permettere alla generazione più giovane di far fronte alle realtà della vita con coraggio, e di assumere un ruolo responsabile nello sforzo di migliorarle. La Chiesa ha anche il compito particolare di sostenere la santità della vita familiare essenziale per il benessere dei singoli e della società.
Operando per il bene comune, che comprende il benessere sia materiale sia spirituale di tutti i settori della popolazione, la Chiesa adempie al proprio ruolo di servizio. In tutti i vostri sforzi vi affido alla Beata Vergine Maria e a san Giuseppe, ai quali sono dedicate le cattedrali di Trivandrum. Maria e Giuseppe hanno incoraggiato Gesù a servire. Attraverso le loro preghiere e il loro esempio lo fanno per noi anche oggi.
Fratelli e sorelle: “E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù” (Col 3, 16).
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