DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA GIUNTA CAPITOLINA
Giovedì, 23 gennaio 1986
Signor sindaco, signori della Giunta e del Consiglio comunale di Roma.
1. Vi saluto con particolare cordialità in questa vostra prima visita al Vescovo di Roma, a pochi mesi dall’inizio del vostro mandato. Il nostro incontro per lo scambio degli auguri all’inizio dell’anno, va al di là della formalità dell’appuntamento previsto dalla tradizione, per trasformarsi in occasione di utili, reciproche riflessioni, rivolte all’obiettivo di un comune servizio.
Vi sono grato per la vostra presenza e rivolgo un vivo ringraziamento al signor sindaco per le nobili espressioni indirizzate alla mia persona a nome del Consiglio comunale e dell’intera Città, e per la bontà dei propositi manifestati, i quali si ispirano a quei valori di fondo, che in duemila anni hanno fatto di Roma una città al contempo unica e universale.
Il mio sincero e fervido augurio a tutti voi, che da pochi mesi siete stati eletti alla guida della Città, è di operare, con volontà costante e coerente, per il bene comune visto nella sua concretezza e nella sua globalità.
2. Amministrare una città come Roma richiede grande impegno: virtù non ordinarie e superiore equilibrio, e ciò già per le difficoltà insite nel governo di una metropoli moderna, capitale di uno Stato ad alta evoluzione culturale e civile. Roma poi, ricchissima di storia antica e moderna, presenta esigenze sue proprie. Essa infatti ha una configurazione peculiare che la rende - come ella stessa signor sindaco ha voluto definirla - “città allo specchio”, immagine della vitalità e della civiltà del Paese e punto di riferimento per moltissime persone che vivono al di là dei confini nazionali.
Capitale politica dello Stato italiano unificato uscito dal Risorgimento, Roma è altresì diocesi del Papa, sede centrale della cattolicità, verso la quale si volgono gli occhi e i cuori dei credenti nel Salvatore dell’uomo, diffusi nei cinque continenti. Per la sua ricchezza culturale, per i suoi ineguagliabili tesori d’arte, ma soprattutto per il suo altissimo significato spirituale, Roma può dirsi patrimonio dell’intera umanità. Per questa sua insostituibile funzione, essa continuerà ad essere sentita da innumerevoli persone come una seconda patria, una sorta di ideale approdo dell’anima.
Roma, perciò, non appartiene soltanto ai cittadini iscritti alla sua anagrafe o che hanno la fortuna di vivere in questa terra benedetta da Dio, chiamata Italia. Essa appartiene ad ogni persona civile, che riconosce i valori della giustizia e del diritto; appartiene in particolare a coloro che condividono la fede di quanti ne bagnarono le zolle col sangue versato per Cristo.
3. Tuttavia Roma ha pure una sua vita a sé, come città degli uomini che qui sono alle prese col quotidiano, al centro, nelle borgate, nel vasto anello che la circonda e che ad essa confluisce con tutta la gamma dei problemi, gravi e complessi, propri delle grandi aree metropolitane. Problemi che richiedono di essere lucidamente individuati, coraggiosamente affrontati e in tempi ragionevoli positivamente risolti.
I problemi di Roma sono molti, anche se, per la più parte, non esclusivi della Città. Enormi e crescenti appaiono le difficoltà che un’amministrazione efficiente e organica deve oggi, in ogni città del mondo, quotidianamente affrontare per venire incontro alle esigenze dell’uomo. Non si tratta solo di difficoltà attribuibili a ritardi rispetto al ritmo vertiginoso del progresso moderno, ma anche di esigenze nuove che accompagnano lo stesso sviluppo. Quanto più elevato è il livello di vita sociale raggiunto, tanto più grandi si presentano le difficoltà che occorre ogni giorno affrontare e risolvere.
In questo quadro così dinamico, non si deve perdere mai di vista la finalità primaria del buon governo, che ne è insieme il criterio di misura: il servizio all’uomo. È bene sottolinearlo: come ogni buon cittadino rende più vivibile la città, così una città più vivibile rende l’uomo più umano. Per raggiungere tale obiettivo tutti gli uomini di buona volontà, in prima fila gli eletti dal popolo, sono chiamati a mobilitarsi con prontezza e generosità.
Ci si può chiedere se siano città dell’uomo le metropoli moderne, e talora gli stessi agglomerati urbani di media grandezza, specie se capitali, dove i problemi diventano più acuti con l’intrecciarsi della rete dei rapporti nazionali e internazionali. Il fenomeno dell’espansione urbanistica incontrollata crea giganteschi alveari, con poco spazio per un vero respiro umano. Il problema della viabilità mette il cittadino nella condizione di un continuo logoramento fisico-psichico. La crisi edilizia costringe varie categorie di persone a vivere in alloggi di fortuna e ostacola i giovani che vogliono costruirsi una famiglia. Il dissesto ecologico, col crescente inquinamento dell’aria e dell’acqua e con l’assordante rumore del traffico, mette a repentaglio la salute, distruggendo la quiete.
Negli ultimi anni sembrano essersi inoltre accentuati fenomeni quali il terrorismo e la violenza di ogni tipo - Roma ne ha fatto ancor di recente una ben triste esperienza -, la criminalità comune, l’uso della droga specie nel mondo giovanile e nelle diffuse aree dell’emarginazione: e tutto ciò sia per effetto di oscure trame anche internazionali, sia per il persistere di situazioni irrisolte di ingiustizia e di bisogno, sia infine per la caduta dei grandi, fondamentali valori.
Nell’esame di questo panorama dolorosamente negativo, un dato costante appare evidente: la città diventa meno umana là dove si attenua o degrada il senso morale e religioso.
4. Signor sindaco, egregi signori, noi tutti siamo convinti che Roma, pur partecipando, in misura diversa ai vari aspetti dei mali comuni, è una città ricca di energie positive e di inesauribili potenzialità di bene. In essa sono presenti con particolare vivacità numerose forze di ispirazione cristiana che, facendo capo alle parrocchie, agli Istituti religiosi, alla Caritas e ai vari Movimenti cattolici, recano un proprio fattivo contributo, in appoggio all’azione pubblica, per il ricupero dei drogati e per l’assistenza agli anziani, agli emarginati, ai profughi, ai diseredati. È da auspicare che tale collaborazione si sviluppi e si rafforzi, in vista di una sempre più efficace e tempestiva risposta alle esigenze emergenti dalla Comunità.
Nella vostra esperienza di amministratori, voi avete già individuato i nodi più intricati delle vecchie e nuove difficoltà di Roma e coltivate il fermo proposito di recare un deciso contributo al loro scioglimento. Disoccupazione giovanile, casa, assistenza, nuove povertà: sono voci che nascondono drammi. Siano dunque in cima alle vostre preoccupazioni. Vi incoraggio, in modo speciale a dare la precedenza ai problemi riguardanti la famiglia e, in particolare, la famiglia giovane.
Nel vostro programma attribuite indubbiamente la dovuta importanza al non trascurabile problema della moralità dell’amministrazione pubblica: eliminare gli abusi, evitare gli sperperi, far giungere il flusso delle provvidenze verso i bisogni primari, correggere il lassismo e il permissivismo: ecco altrettanti capisaldi di una feconda azione di governo della Città. La comunità non mancherà certo di comprendervi e di seguirvi in questa sempre ardua impresa, da cui dipende l’attuazione di ogni altra parte del programma. Roma continuerà a mostrare al mondo moderno il suo vero volto di capitale dei valori dello spirito se, con la saggezza e il coraggio del vostro impegno amministrativo, saprà muovere passi decisi sulla strada di una convivenza più umana.
È, questo, un campo di attività in cui tutte le forze sane e le organizzazioni impegnate, a cominciare dalle associazioni ecclesiali, non mancheranno di offrire la loro generosa collaborazione.
Accompagno il mio augurio di buon lavoro e il mio sincero incoraggiamento con un benedicente saluto a voi tutti, alle vostre famiglie, ai vostri collaboratori e all’intera cittadinanza romana.
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