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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL BURKINA FASO E NIGER
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 14 giugno 1986

 

Signor cardinale, cari fratelli nell’episcopato del Burkina Faso e del Niger.

1. Nelle visite “ad limina” dell’Africa francofona che devo ricevere quest’anno voi siete i primi! Questa visita comune che fate a Roma alle tombe degli apostoli è per voi una grazia: assorbiti dalla cura pastorale delle vostre comunità disperse nella savana o nel deserto, nel mezzo di una maggioranza di credenti di religioni tradizionali o dell’Islam, qui entrate in contatto con le radici della Chiesa chiamata giustamente “apostolica”, fondata sugli apostoli con il centro che circondano il successore di Pietro, continua a vegliare sull’unità, sulla fedeltà e al progresso della Chiesa universale “cattolica”. Questa visita è una grazia pure per me e per i Dicasteri della Curia: voi ci portate la testimonianza dei vostri sforzi coraggiosi al servizio di una Chiesa che, con i suoi mezzi poveri, conosce una vitalità e un ascendente notevoli. Ecco ciò che il Papa vuole innanzitutto lodare, incoraggiare, ringraziando il Signore. Come voi, egli guarda lucidamente le difficoltà e le ombre, ma anche i segni di speranza, poiché appoggiandosi sugli esiti positivi, e sulla grazia di Dio, le vostre comunità progrediranno. So che avete d’altronde deciso alcuni orientamenti che volentieri vorrei sostenere.

2. Avete imperniato la vostra pastorale al Burkina Faso sul concetto dottrinale di Chiesa, famiglia di Dio. Ne gioisco. Il Concilio Vaticano II, come scrivevo nell’enciclica Dominum et Vivificantem (Dominum et Vivificantem, 26), “è stato specialmente un Concilio ecclesiologico: un Concilio sul tema della Chiesa”, la Chiesa che è essa stessa all’ascolto dello Spirito Santo che, continuando e attualizzando l’opera della redenzione, introduce la Chiesa nella verità tutta intera, l’unifica attraverso la comunione e il ministero, le fornisce i mezzi d’azione, con la diversità dei suoi doni gerarchici e carismatici, la ringiovanisce e la rinnova incessantemente, indirizzandola verso la somiglianza e l’unione perfetta con il suo Sposo (cf. Lumen Gentium, 4), donandole una fecondità e un ruolo materno nei confronti di tutti i suoi figli.

Ciò suppone che le più piccole comunità di base abbiano la loro vitalità, con le iniziative e le responsabilità dei cristiani e dei catechisti che le formano, in modo che ciascuno abbia il sentimento d’appartenere a una famiglia, nella quale ci si aiuti vicendevolmente a credere, a pregare, a portare insieme le difficoltà e le gioie con questa solidarietà che è una delle ricchezze del vostro patrimonio. Ciò suppone anche che le comunità abbiano la preoccupazione di vivere la fede di tutta la Chiesa e siano aperte verso le comunità più grandi della parrocchia, della diocesi, della Chiesa universale attraverso il ministero dei preti, dei vescovi che hanno il compito di riunire e comunicare i misteri di Dio, di trascinare verso orizzonti sempre più larghi, verso una vita più profonda, conformemente al disegno di Dio. Questa comunione radicata in Dio, nella gioia di essere animata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, e con il dinamismo della carità, è la migliore testimonianza che la Chiesa può dare al mondo.

3. Ascoltandovi e leggendo i vostri rapporti, ho visto la sollecitudine che avete per la formazione dei futuri preti. Anche qui vi porto tutti i miei incoraggiamenti. Lo sforzo che volete cercare, anche a prezzo di grandi sacrifici, al fine di avere in ogni diocesi, per quanto possibile, un piccolo seminario per tutta la durata degli studi secondari, mi sembra saggio e opportuno. I giovani che si destinano al sacerdozio possono allora beneficiare di condizioni di vita morale e spirituale molto più assicurate della vita che conducono gli altri giovani nei collegi o nei licei; essi hanno inoltre bisogno di un legame con il loro vescovo, tenuto in modo regolare e concreto. Questo legame è molto importante per i grandi seminaristi dei seminari interdiocesani o regionali.

Ma so che questa pastorale è esigente per voi che disponete di mezzi ridotti, sul piano materiale e più ancora in ciò che concerne gli educatori di qualità, preti o laici. Vi auguro di trovarli con il concorso di tutti coloro che possono aiutarvi. Ciò comporta delle rinunce negli altri campi, ma voi sapete per esperienza che questo “investimento” prioritario è di capitale importanza per l’avvenire. Bisogna senza dubbio cercare di verificare e fortificare le motivazioni dei candidati per un servizio disinteressato della Chiesa ispirato innanzitutto all’amore per Cristo e per le sue anime. Avete pure coscienza delle esigenze dell’educazione a una vita di fede di preghiera, di purezza e di apostolato, senza contare quella formazione intellettuale, secondo una “ratio” di studi ben adeguati. Sì, auguro che voi possiate preparare bene il cambio del vostro presbiterio di domani, o meglio la sua estensione. Poiché dovete considerare non solo i bisogni del vostro tempo, con l’apporto sempre apprezzato dei confratelli stranieri, ma l’aiuto vicendevole missionario. Mi congratulo con voi per aver già inviato alcuni dei vostri preti a lavorare con quelli del Niger, per affrontare la mancanza di preti autoctoni e preparare anche presso di loro il cambio necessario.

Ho parlato dei seminaristi, ma la vocazione delle religiose e delle persone consacrate ha ugualmente una grande importanza, e bisogna che voi cerchiate ancora gli Istituti che potrebbero formarli e sostenerli meglio.

4. La preparazione al sacerdozio, è un mezzo primordiale, lo scopo è di formare la fede di tutto il popolo cristiano. Conosco lo zelo che impiegate. In particolare mi rallegro di sapere che i vostri cristiani hanno sempre più accesso alla parola di Dio, in una lingua comprensibile; essi sono introdotti in una liturgia rinnovata, espressiva, degna del mistero che essa celebra; il numero dei catechisti continua a crescere, e voi vi preoccupate della loro formazione e del loro ruolo attuale nella comunità; i laici in generale prendono le loro responsabilità nelle comunità di base, nei movimenti di preghiera e di apostolato. In breve la vostra Chiesa se ne fa sempre più carico.

Penso con voi a due settori che richiedono sollecitudine pastorale particolare: il sostegno delle famiglie cristiane e la formazione dei giovani alla vita cristiana, questi giovani che sono così numerosi e spesso disorientati.

Da un lato constatate che alcuni costumi tradizionali, difficili da conciliare con l’etica cristiana, sono in un momento di favore, e dall’altra parte che si sta diffondendo un neopaganesimo, con le mutazioni socio-culturali dovute a un certo progresso tecnico, a un clima materialista secolarizzato, che conosce maggiormente il mondo occidentale. La struttura familiare vacilla, la sua unità è minacciata, le tendenze all’individualismo, all’interesse personale, al piacere si accentuano, un certo spirito critico semina il dubbio. Bisogna rinforzare le convinzioni degli sposi o di coloro che si preparano al sacramento del matrimonio sull’unità, sull’indissolubilità, la fecondità del matrimonio cristiano, mostrando loro che queste esigenze possono essere vissute con la grazia di Cristo e che esse donano socialità alla famiglia, una testimonianza senza confronto che corona i valori positivi della cultura africana.

È necessario permettere anche ai giovani dei licei e dei collegi di rendere conto della fede che essi hanno ricevuto attraverso un’opera adeguata di cappellania. È ancor più necessario nelle condizioni attuali nelle quali alcuni possono temere di testimoniare la loro fede per preservare il loro avvenire. Conviene allora liberarli dal timore, mediante un’adesione gioiosa a Gesù Cristo e alla Chiesa, vissuta in comunità dinamiche.

5. Ciò che abbiamo detto riguarda il ruolo dei vostri cristiani nella Chiesa. Ma questi cristiani di Burkina Faso o del Niger appartengono a una società nella quale molti cittadini vivono secondo altre tradizioni religiose; essi appartengono a una patria di cui vogliono essi stessi la pace, la felicità, il progresso; appartengono a un Paese che lotta per arrivare alla sua autosufficienza alimentare, nonostante le prove che ha conosciuto per la siccità. Essi hanno quindi il dovere e il diritto di partecipare alla promozione di migliori condizioni di vita, non per delle ragioni politiche, ma perché ne va della sorte dei compatrioti che abbisognano di pane e di lavoro, che sono stati costretti a emigrare. Ne va della dignità umana dei loro fratelli. Ispirata da questa carità, la Chiesa ha già preso in carico un buon numero di iniziative educative, sociali, sanitarie: collegi, promozione femminile, dispensari, ospedali, perforazioni per pozzi e lavori di conduzione dell’acqua. È una bella testimonianza, alla quale i responsabili del bene comune non possono non essere sensibili.

Penso ancora ad alcuni impegni a lungo termine, come la fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, che il cardinale Paul Zoungrana presiede per tutti i Paesi toccati dalla desertificazione e che incomincia a mettere in opera progetti interessanti. In generale, i cristiani hanno sicuramente a cuore di impegnarsi legalmente per preparare un avvenire migliore in uno spirito di tolleranza e nel rispetto delle responsabilità dello Stato e della Chiesa. Hanno il diritto di fare liberamente, secondo la loro coscienza cristiana, nella ricerca della giustizia per tutti e dell’interesse dell’insieme. Il ruolo dei pastori è di incoraggiarli e soprattutto di formare la loro coscienza secondo tutte le esigenze della dottrina sociale della Chiesa, in modo che essi contribuiscano validamente al vero bene della loro patria.

La Sede apostolica appoggia una tale azione pastorale, e vuole sperare che questo servizio dei cristiani sia compreso e incoraggiato da coloro la cui missione è di fare appello democraticamente e senza partito preso a tutte le forze vive del Paese. Ancora una volta cari fratelli nell’episcopato, siate assicurati dell’affetto, della preghiera, del sostegno del Papa nell’opera di evangelizzazione che perseguite coraggiosamente, in condizioni spesso difficili. Rimanete molto uniti tra voi. Che i vostri preti, i vostri religiosi, religiose, laici del Burkina Faso e del Niger collaborino strettamente con voi, in una Chiesa-famiglia, una Chiesa-comunione!

Ricordandomi del mio indimenticabile scalo a Ougadougou, li benedico di gran cuore e vi benedico con loro.

 

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