DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA «PLENARIA» DEL SEGRETARIATO PER I NON CRISTIANI
Martedì, 28 aprile 1987
Cari fratelli nell’episcopato,
cari amici.
1. Sono felice di darvi oggi il benvenuto, membri del Segretariato per i Non Cristiani, con gli esperti ed osservatori, riuniti in sessione plenaria. Questo dipartimento vaticano, uno dei frutti concreti e duraturi del Concilio Vaticano II, ha già raggiunto il 25° anno della sua esistenza ed attività. È buono che voi siate giunti qui per riflettere sull’esperienza di questi anni e per esaminare insieme come in futuro il Segretariato possa servire meglio la Chiesa e l’intera famiglia umana.
Il tema della vostra ultima sessione plenaria nel 1984 è stato “Dialogo e missione”. Alla festa di Pentecoste dello stesso anno fu presentato all’intera Chiesa il documento prodotto dalla vostra assemblea “La posizione della Chiesa nei confronti dei seguaci delle altre religioni: riflessioni e orientamenti su dialogo e missione”.
2. Quest’anno avete scelto di continuare le vostre riflessioni su questo tema, concentrandovi su un particolare aspetto di esso: “Dialogo e proclamazione”. La Chiesa esiste per proclamare la sua fede nell’unico Dio, creatore dell’universo, la cui parola eterna si incarna nella persona di Gesù di Nazaret e il cui Spirito permane attivamente nel mondo, conducendo gli uomini alla verità, dando loro la vita e rendendo santi. Noi crediamo che Gesù Cristo ci permette di entrare in un’intima conoscenza del mistero di Dio e in una comunione filiale attraverso i suoi doni, così che noi lo riconosciamo e proclamiamo Signore e Salvatore” (Giovanni Paolo II, Discorso alla gioventù musulmana, 19 agosto 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/2 [1985] 506). In lui Dio ha compiuto la salvezza di tutta l’umanità (cf. Gv 4, 42); è lui, insieme con il Padre, che continua l’azione di salvezza.
Come i documenti del Concilio Vaticano II hanno reso chiaro e come ho ripetuto in diverse occasioni, sia qui a Roma sia nei miei viaggi in varie parti del mondo, il mandato della Chiesa cattolica al dialogo con i seguaci delle altre religioni rimane fermo e immutato. Gli eventi negli ultimi anni sottolineano il bisogno di una forte riaffermazione di questo mandato.
3. La vostra assemblea deve così riaffermare il mandato della Chiesa cattolica al dialogo e alla proclamazione del Vangelo. Non ci possono essere questioni di scegliere o ignorare o rifiutare gli altri. Anche nelle situazioni in cui la proclamazione della fede sia difficile, bisogna avere il coraggio di parlare di Dio, sul quale si fonda questa fede, delle ragioni della nostra speranza e della sorgente del nostro amore. È anche vero che in quelle circostanze in cui la proclamazione del Vangelo produce più frutti, noi non dobbiamo dimenticare che il dialogo con gli altri è un compito dei cristiani voluto da Dio. Inoltre, la proclamazione del Vangelo deve tener conto della religione e del background culturale di coloro a cui si indirizza.
4. Mentre voi cercate di formulare la relazione tra dialogo-proclamazione, io desidererei ricordarvi alcuni aspetti della questione. Come afferma così bene il documento della vostra scorsa sessione plenaria, il dialogo è un insieme di attività umane, fondate sul rispetto e la stima per i popoli di differenti religioni. Comprende un quotidiano vivere nella pace e nell’aiuto reciproco, con ogni testimonianza dei valori appresi attraverso l’esperienza della fede. Significa una prontezza nel cooperare con gli altri per il miglioramento dell’umanità e il compito di una ricerca comune della pace. Significa la disposizione dei teologi e degli specialisti delle altre religioni di ricercare, con le controparti di altre religioni, aree di convergenza e di divergenza. Dove le circostanze lo permettono, significa un mettere in comune esperienze spirituali e intuiti. Questa condivisione può assumere la forma di un venirsi incontro come fratelli e sorelle per pregare Dio in un modo che salvaguardi l’unicità di ogni tradizione religiosa.
Già un dialogo interreligioso è un elemento nella missione della Chiesa, la proclamazione dell’azione di salvezza di Dio nel nostro Signore Gesù Cristo è un altro. I seguaci di Cristo devono mettere in pratica il loro mandato nel creare discepoli in tutte le nazioni, battezzare ed insegnare l’osservanza dei comandamenti (cf. Mt 28, 19-20). Come san Pietro e san Giovanni dissero al sinedrio: “Noi non possiamo tacere di ciò che abbiamo visto e udito” (At 4, 20). Come san Paolo dobbiamo essere pronti alle conseguenze che potrebbero nascere dal trascurare la proclamazione del Vangelo (cf. 1 Cor 9, 16). Il Concilio Vaticano Secondo ci ricorda che Gesù Cristo annuncia l’universale amore del nostro Padre celeste, rivela la sua azione redentrice e incarna il suo patto nuovo ed eterno con l’umanità. Di qui l’affermazione del Concilio che “la Chiesa incoraggia coscienziosamente il suo lavoro missionario” (Lumen Gentium, 16).
5. Durante il mio pontificato è stata una mia costante preoccupazione di svolgere il compito apostolico e pastorale del dialogo e della proclamazione. Nella mia ultima visita in Africa, incontrai i capi delle religioni tradizionali africane e fui testimone della loro consapevolezza della vicinanza di Dio e la loro rivalutazione della persona religiosa. In Marocco fui accolto caldamente dai musulmani e parlai loro delle esigenze di condurre una vita di fede oggi. In India, constatai l’evidenza delle tradizioni spirituali antiche di quel paese che continua ad essere una fonte di luce, saggezza e forma in mezzo ai problemi della vita moderna. Lo scorso ottobre invitai i rappresentanti di tutte le religioni del mondo ad Assisi la patria di San Francesco, l’uomo santo del dialogo profondo e della proclamazione instancabile per venire insieme a pregare la pace nel mondo. Allo stesso modo ho sottolineato in altre occasioni l’importanza della proclamazione missionaria, della conversione, la costituzione di Chiese locali, e di idonee catechesi della fede.
6. Rimangono molte questioni che dobbiamo sviluppare ed articolare più chiaramente. Come Dio agisce nella vita di gente di differenti religioni? Come la sua azione redentrice in Gesù Cristo si estende effettivamente a coloro che non hanno professato la fede in lui? Nei prossimi anni questi problemi ed altri relativi ad essi acquisiranno sempre più importanza per la Chiesa in un mondo pluralista, ed i pastori, con la collaborazione di teologi esperti, dovranno puntare l’attenzione dei loro studi verso di essi.
Vi faccio i miei migliori auguri per le vostre deliberazioni durante questa sessione plenaria e chiedo allo Spirito di Dio di guidare il vostro lavoro. Prego anche che in questi giorni Gesù Cristo rafforzi i legami di fraternità tra voi.
Possa Dio onnipotente benedire voi e il lavoro che siete venuti a svolgere a Roma e possa donare a voi e al vostro popolo ispirazione quando tornerete ai vostri rispettivi paesi.
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