DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI FRANCESI IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»
Lunedì, 12 gennaio 1987
Cari fratelli nell’episcopato,
1. Eccovi al termine del vostro pellegrinaggio alle tombe di Pietro e Paolo. Con questo passo i vescovi del mondo intero vengono successivamente a manifestare la loro unione con la Chiesa di Roma intrattenendosi con il successore di Pietro e i suoi collaboratori. Così si esprimono i legami collegiali che ci uniscono al di là della dispersione geografica e la diversità delle situazioni pastorali che vivete.
La vostra regione apostolica inaugura le visite “ad limina” dei vescovi francesi. Sono felice di accogliervi qui dopo poco tempo che voi mi avete accolto ad Ars e a Lione, nel corso di un viaggio apostolico il cui ricordo resta molto presente in me e del quale avete detto che ha costituito un’esperienza significativa per i cristiani del vostro paese.
Venuti a Roma presso Pietro, capo del collegio apostolico, e presso il suo successore oggi, avete preteso questa prospettiva storica benefica del pellegrinaggio: permette di non lasciare la Chiesa particolare, ma di fare con serenità il bilancio della sua situazione. Senza riprendere i punti diversi e numerosi che ricorda il vostro rapporto regionale e di cui abbiamo potuto parlare in particolare, vorrei approfittare di questo primo colloquio collettivo per proporvi alcune riflessioni d’insieme. Con i vostri confratelli che incontro con un ritmo sostenuto nel corso delle prossime settimane e dei prossimi mesi, ho intenzione di ritornare sui diversi elementi della pastorale.
Sono cinque anni e voi l’avete notato, senza che siano intervenuti dei cambiamenti maggiori, avete steso un quadro senza compiacenza; avete sottolineato i temi d’inquietudine, e avete rilevato i segni positivi che motivano la vostra fiducia nell’avvenire e la vostra azione di grazia.
2. Così voi traducete la condizione della Chiesa, in pellegrinaggio, in esodo costante. Un popolo è costituito dalla chiamata e dal dono di Dio; ma deve mettersi in cammino, seguire una strada di prove, fare l’esperienza di una forma appagata dalla sola liberalità della grazia, modellare il proprio modo di vita sulle parole dell’alleanza che Dio stabilisce con lui.
È necessario insistere per chiarire questa analogia? Voi avete rilevato le difficoltà della realtà umana della vostra regione nel contesto presente, avete mostrato che il popolo di Dio conosce la prova di vedere diminuire il numero di coloro che vi si riconoscono pienamente, che la vitalità della fede e la fedeltà alle esigenze etiche s’indeboliscono. Tuttavia, quando ricordate i preti, i religiosi, i laici nei differenti quadri nei quali si radunano, notate dinamismi reali, convinzioni ferme, devozioni straordinarie.
È la condizione contrastata della Chiesa, come la descrive il rapporto finale del Sinodo straordinario del 1985: “nel suo pellegrinaggio sulla terra, la Chiesa è popolo messianico e già anticipa in essa la nuova creatura. Tuttavia essa resta la Chiesa che rinchiude nel suo seno i peccatori, santa e sempre da purificare, che tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, è sempre in cammino verso il regno. In questo senso, sono sempre presenti nella Chiesa il mistero della croce e il mistero della risurrezione” (Sinodo straordinario dei vescovi 1985, Relazione finale, II, B, 3; cf. Lumen Gentium, 8.9).
3. Sì, a quest’epoca di una storia nella quale si sono incontrate incessantemente le prove che i discepoli portano al seguito di Cristo e gli elementi positivi che sono i punti fondamentali sulla vita del regno, voi considerate oggi la ricchezza e la povertà delle vostre diocesi. Nel corso della mia visita in Francia nel mese di ottobre, mi è sembrato che i cristiani riconoscessero volentieri la ricchezza della loro eredità. Non si tratta di ritornare al passato con più o meno nostalgia. Si tratta piuttosto di ravvivare la memoria di tutti coloro che hanno ispirato il popolo cristiano e che l’ispirano ancora. Sia sufficiente ricordare qui il dinamismo apostolico di san Martino o l’umile fedeltà di santa Bernardetta, tra molte altre pietre viventi riunite nel corso delle generazioni intorno a Cristo, la pietra angolare: numerosi sono i costruttori dell’edificio cristiano che continua ad abitare un gran numero di vostri compatrioti.
Al seguito dei grandi pionieri e dei grandi testimoni, al seguito di innumerevoli credenti, la Chiesa è oggi presente nella società. Essa è attiva attraverso le parrocchie, le comunità molto differenti, i movimenti, i servizi. Essa annuncia il Vangelo, celebra i sacramenti dell’alleanza, serve i poveri e accoglie lo straniero. Preti, religiosi e laici cooperano e scoprono nuovi modi di condivisione delle responsabilità, di concentrazione seguita nei consigli recentemente istituiti e che bisogna consolidare e diffondere.
4. Tuttavia il campo è vasto, le opere poco numerose, la messe sembra povera. Nello stabilire il bilancio per la vostra visita “ad limina” avete ripreso delle cifre inquietanti. Il clero invecchia e le vocazioni restano in piccolo numero. I battesimi e i matrimoni sacramentali diminuiscono. I giovani catechizzati rappresentano una percentuale molto bassa, nonostante lo sforzo considerevole compiuto da numerosi catechisti devoti. È l’espressione di una reale povertà.
Evocando questa situazione dolorosa per voi, si pensa all’emozione di Gesù davanti alle folle senza pastore (cf. Mt 9, 36) e alla sua chiamata di Gerusalemme che non voleva riunirsi attorno a lui (cf. Mt 23, 37). Ma il Signore ha fondato la Chiesa e ha assicurato la sua presenza per sempre (cf. Mt 28, 20). “Egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo” (Tt 3, 5).
5. La Chiesa ha in sé delle risorse profonde, i doni di Dio, che una valutazione di tipo sociologico non può bastare a delineare. Essa è “in Cristo, in qualche modo il sacramento, il segno e il mezzo di unione intima con Dio e di unità con tutto il genere umano” seguendo l’importante formula del Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, 1). Per essere segno, essa deve accettare oggi la sua povertà e rimettersi più che mai alla grazia di Cristo morto e risorto, nell’attesa di una pienezza che sarà il dono gratuito della salvezza senza paragone con le nostre sconfitte.
Pastori di un gregge che tutti vorrebbero più numeroso, più fedele, più unito, non scoraggiatevi. Riportate alla luce le ricchezze nascoste nei cuori. Si è più volte rilevato il gran numero di vostri concittadini che dicono la loro appartenenza alla Chiesa e che hanno ricevuto il battesimo. Non cessate di chiamarli a diffondere i doni nascosti nel più profondo di se stessi e a scoprire il pieno senso della loro vita attraverso la verità e la presenza del Cristo. Confusamente forse, ma realmente, la società attende che la Chiesa inviti l’uomo a superare la sua debolezza e il suo peccato per recuperare la sua piena dignità, che essa sappia proporre delle risposte di speranza alle angosce di questo tempo.
6. Voi animate e condividete quest’opera di evangelizzazione con i preti, i diaconi, i religiosi, le religiose, i laici che assumono dei compiti essenziali. Alcuni provano duramente il peso della responsabilità. So che la vostra attività personale di vescovi è primordiale. Avete capito che è necessario essere il più possibile sul terreno: voi predicate, incoraggiate, orientate, riunite. Celebrate con il popolo di Dio il sacrificio di Cristo nell’azione di grazia e per la comunione nel suo amore. Confermate nello Spirito, mandate in missione. Così andate in missione e comunione, seguendo la risoluzione della vostra conferenza episcopale.
Voi stessi nel corso delle vostre visite pastorali, dei vostri numerosi incontri, delle celebrazioni siete nella vostra diocesi il primo evangelizzatore. Rispondete alla chiamata di Paolo e Timoteo: “Annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero” (2 Tm 4, 2.5). In questa azione, sostenete quella di tutti coloro che partecipano alla missione ecclesiale da voi fondata sugli essenziali legami di collaborazione con il presbiterio e con i laici, vi avvicinate a coloro che rimangono emarginati.
Attraverso il vostro ministero missionario, voi moltiplicate gli appelli di seguire il Cristo, particolarmente nel sacerdozio, nella vita consacrata, nel diaconato.
So che voi stessi e i vostri collaboratori prendete numerose iniziative per assicurare la vitalità della comunità cristiana: la preparazione e il sostegno delle famiglie cristiane per la loro vita di coppia e il loro ruolo di genitori, l’ispirazione e il coordinamento dei movimenti, la qualità dell’educazione negli istituti cattolici, la riorganizzazione delle strutture territoriali, la formazione intellettuale e spirituale per i sacerdoti e i laici anche in vista della catechesi e dell’animazione liturgica, un aiuto a coloro che pregiudicano nell’esperienza della preghiera, la riflessione sugli interrogativi fondamentali della vita così come si presentano attualmente, la solidarietà con i più poveri vicini o lontani in una vera carità, i legami con le altre Chiese. Alcune diocesi si preparano a tenere un Sinodo per riflettere sulla missione e a stimolarla accogliendo le chiamate del Signore. Non posso dilungarmi oggi su queste azioni molteplici, ma vorrei incoraggiarle chiedendo allo Spirito d’amore e di verità di renderle feconde.
7. Seminate ampiamente. Spesso bisogna accettare di non vedere maturare la raccolta e lasciare ad altri la cura della messe (cf. Gv 4, 37). Ma è una convinzione fondamentale: è Dio che fa germogliare; al di là dei risultati constatabili, le semine non possono essere vane, la Parola feconda la terra (cf. Is 55, 11), e colui che ha voluto dare la sua vita per la salvezza del mondo ci assicura che il grano che muore porta molto frutto (cf. Gv 12, 24).
Portate nelle vostre diocesi a tutti coloro che operano con voi nel campo, come incoraggiamento e come saluto del Vescovo di Roma, il messaggio della speranza fondata da Cristo. Ridite ai preti, vostri primi collaboratori e a tutto il popolo di Dio la preghiera di Paolo “Perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati” (Ef 1, 17-18).
Nell’avvicinarsi all’Anno Mariano che ci preparerà al grande Giubileo dell’anno 2000, invoco con voi Maria, l’ancella del Signore totalmente fedele, la Vergine Madre che dona al mondo il Salvatore. E prego Dio di colmare voi e i vostri diocesani di ogni benedizione.
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