DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA LIGURIA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»
Giovedì, 15 gennaio 1987
Signor cardinale,
venerati fratelli nell’episcopato,
1. Questo nostro incontro collegiale per la visita “ad limina”, che ha luogo agli inizi di un anno aperto nella prospettiva mariana, acquista un particolare significato d’intensità spirituale e d’impegno pastorale.
Voi siete qui come testimoni della fede nel Figlio di Dio, che nel seno verginale di Maria si è fatto uomo per la salvezza di tutti; come maestri di dottrina, guide di santità, ministri del governo della Chiesa nell’area di quello specifico territorio, nel quale esercitate le vostre funzioni pastorali (
Codex Iuris Canonici, can. 447).A voi, zelanti pastori delle sette diocesi della regione ligure e a tutti i fedeli delle vostre Chiese particolari, va il mio affettuoso saluto, accompagnato dalla grande speranza che l’anno da poco iniziato segni, con la protezione di Maria Madre della Chiesa, un nuovo e più fecondo impegno personale e collegiale di rievangelizzazione a servizio delle popolazioni affidate alle vostre cure pastorali e di tutto il popolo di Dio.
2. Il vostro territorio, benché si allarghi anche entro i confini delle regioni civili limitrofe, risulta uno dei meno estesi d’Italia, ma è di notevole rilievo per la densità della sua popolazione, che l’attrattiva delle bellezze naturali accresce con un flusso turistico ininterrotto in tutto il corso dell’anno.
Ma anche nella scala dell’attività industriale, marittima e commerciale la Liguria offre, in Italia e nel mondo, significative manifestazioni dell’umana operosità. L’antica repubblica marinara, camminando al passo col progresso tecnologico più avanzato, è divenuta una zona di punta dell’odierna società del benessere materiale, con tutte le conseguenze positive e negative ad esso più o meno direttamente collegate.
È motivo di non piccola soddisfazione per tutti constatare che le note positive non riguardano solo lo sviluppo economico e sociale, ma anche l’aspetto morale, religioso ed ecclesiale. Quando il progresso è limitato soltanto al settore della ricchezza materiale, muore la vita dello spirito e si spegne la luce d’una civiltà.
Anche nella vostra regione si percepiscono i segni - per grazia di Dio in costante diffusione dappertutto - di una ripresa di vitalità spirituale, di frequenza dei sacramenti con particolare accentuazione per la comunione eucaristica.
Senza dubbio il vostro zelo pastorale non verrà meno dall’adoperarsi perché la formazione cristiana di base si verifichi in eguale misura nella grande città come nei centri minori; perché tutte le categorie dei fedeli siano preparate a ricevere sempre più fruttuosamente i sacramenti, che costituiscono il nutrimento necessario per la crescita dei figli di Dio, evitando abusi, carenze, distorsioni; perché la pratica dei sacramenti cammini al passo con un’istruzione religiosa in grado di consolidarsi, anziché affievolirsi, nell’impatto con le diffuse sollecitazioni d’una società largamente secolarizzata.
Per tale lavoro di maturazione nella conoscenza del Figlio di Dio e nello sviluppo cristiano (Ef 4, 13), vi saranno di valido aiuto i presbiteri e i religiosi, che generosamente collaborano, e i laici, che sono impegnati nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali, con la varietà dei loro gruppi capaci di venire incontro alle diverse esigenze della società locale.
In questi ultimi anni è cresciuta nella vostra regione l’attenzione pastorale verso la famiglia, rendendo più efficienti i consultori d’ispirazione cristiana allo scopo di preparare più immediatamente le coppie a portare aiuto alla vita nascente. Non mancano le iniziative volte ad alleviare la piaga della disoccupazione soprattutto giovanile.
3. Tuttavia queste constatazioni di fatto, segno della presenza dello Spirito che vitalizza la Chiesa, non devono nascondere ai nostri occhi la realtà purtroppo immancabile delle ombre.
Se il quadro dei lati negativi esistenti nella vostra regione è conseguenza di falsi valori dominanti nella società contemporanea, è anche risultato della insufficienza numerica del clero. Occorre moltiplicare gli sforzi di una pastorale per le vocazioni, non solo per richiamare maggiormente la corresponsabilità dei laici e delle famiglie, ma anche per porre, tra le vostre prevalenti cure pastorali, i rapporti personali con ciascuno dei vostri sacerdoti, dai quali dipende in massima parte, in collaborazione con voi, la fedeltà del popolo di Dio al Vangelo. Non allentate la preoccupazione incessante che i presbiteri siano sempre più legati al Signore, che li ha chiamati, e non vengano mai meno al dovere di una sincera e devota fedeltà alla Chiesa, che ha ricevuto da Gesù il carisma di garantire l’autenticità del Vangelo. Mi auguro che anche sotto il profilo economico le nuove norme di remunerazione del clero siano attuate con senso di carità e di giustizia.
Grave rimane ancora nella vostra zona il problema della famiglia, con la permanenza del fenomeno disgregante del divorzio, delle libere convivenze, e della piaga dell’aborto. Occorre mettere in opera una più viva pastorale familiare in grado di formare le coscienze, soprattutto delle nuove generazioni, al senso della grandezza della famiglia cristiana, al rispetto della vita anche dell’essere umano ancora non nato.
Al riguardo è importante che i pastori studino congiuntamente, con vero spirito fraterno, i problemi comuni, al fine di dare ad essi la risposta che le circostanze richiedono.
Nel quadro delle ombre sociali ed economiche, che hanno riflessi in campo morale e religioso, ricordo la disoccupazione giovanile e la penuria degli alloggi, due aspetti di un processo di crisi che trascina con sé incertezza del domani, difficoltà di crearsi una famiglia, insofferenza dei giovani con manifestazioni di contestazioni.
4. Voi stessi, venerati fratelli, avete segnalato l’esistenza, nella vostra regione, del pericolo, tipico delle zone più industrializzate, delle troppo grandi concentrazioni di capitali operanti in senso mondiale, che possono provocare condizionamenti e riflessi sulla situazione dell’uomo del lavoro nelle società economicamente svantaggiate. Io stesso ho parlato di questo fenomeno nella Laborem Exercens (cf. Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 17).
Noi tutti sappiamo che la crisi dell’epoca moderna ha avuto origine da quando si operò la rottura di quella visione organica che, sotto l’influsso del pensiero cristiano, aveva caratterizzato l’era precedente. Da allora l’economia si sganciò dalle regole di condotta indicate dalla morale naturale e religiosa per giungere da una parte a perseguire il benessere economico a fini particolari, d’altra all’eccesso opposto di socializzare tutti i mezzi di produzione.
In questo ribollire di comportamenti e di idee la Chiesa ha seguito una linea costante di atteggiamento: denunciare l’ingiustizia delle situazioni e contribuire positivamente alla soluzione dei problemi. Con l’elaborazione dei grandi orientamenti della sua dottrina sociale, fondata sul messaggio evangelico, essa ha posto sul tappeto i termini fondamentali della società industrializzata, per chiarire il rapporto tra capitale e lavoro, le relazioni tra le classi, la funzione stessa dello Stato volta a tutelare i diritti di tutti i cittadini. Più che proporsi soluzioni tecniche uniformi, la preoccupazione primaria e costante della Chiesa, nelle grandi e sempre più complesse questioni sociali, è quella di difendere l’uomo nei suoi diritti: l’autonomia personale e familiare nel quadro del bene comune.
Oggi siamo di fronte a una nuova svolta della società caratterizzata da un inarrestabile progresso tecnologico, dall’automazione, dall’informatica con tutte le loro imprevedibili implicazioni.
Nella Laborem Exercens (Eiusdem, Laborem Exercens, 12. 15) ho insistito sul principio che il capitale non può essere contro il lavoro, perché non può essere contro l’uomo. Se il capitale è solo strumento, è l’uomo il soggetto del lavoro. La Chiesa, giustamente preoccupata che le trasformazioni della nuova fase industriale sacrifichino i diritti inerenti al lavoro umano, vuole salvare il significato etico dell’impresa, e ha già avanzato la proposta dell’attiva partecipazione di tutti (cf. Gaudium et Spes, 68), l’idea di una comunità di persone, nella quale l’impresa non sia identificata solo con i detentori del capitale, ma caratterizzata dall’unità del lavoro, dove prestazioni personali e capitale servano per la produzione dei beni. Salva sempre la necessaria unità di direzione e le forme da determinarsi in modo adeguato.
5. Sono i grandi orientamenti, questi, che debbono trovare concreta e sostanziale attuazione nella varietà delle circostanze, responsabilmente valutate alla luce della retta coscienza cristiana.
È necessario che la società moderna, per fruire del dono della pace e della vera felicità, cammini in armonia con i principi del Vangelo. Basta un arco limitato di tempo per riparare un cumulo di danni materiali, ma occorrono molti anni per ricostruire l’ordine morale e spirituale.
Occorre che i vescovi, impegnati a svolgere la loro azione pastorale nelle aree di maggior sviluppo industriale, seguano con attenzione il cammino delle variazioni economiche e tecnologiche allo scopo d’individuare, con la collaborazione e la competenza dei gruppi laicali, le vie di concrete soluzioni che siano in armonia con l’ordine evangelico.
Sarà, questo, un servizio non piccolo reso alle proprie diocesi e a tutto il popolo di Dio.
La Vergine santissima, Madre di Dio e della Chiesa, che ci prepariamo a onorare con particolari iniziative nel corso di uno speciale anno, guidi e protegga i vostri sforzi.
E la mia particolare benedizione, che di cuore imparto a ciascuna delle vostre diocesi, vi accompagni sempre.
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