VISITA PASTORALE IN PUGLIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CLERO, AI RELIGIOSI, ALLE
RELIGIOSE, AI SEMINARISTI E AI LAICI
Cattedrale di Foggia - Domenica, 24 maggio 1987
Carissimi sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi,
Fratelli e sorelle del laicato cattolico!
1. In questa prestigiosa Cattedrale, che ha le sue antiche origini nell’undicesimo secolo, ed è segno duraturo della profonda religiosità cristiana dei cittadini di Foggia, sono molto lieto di porgere a tutti il mio saluto più cordiale.
Veramente grande è la mia gioia per questo incontro, tanto qualificato e composito, che vede riunite insieme le forze più direttamente impegnate nell’azione pastorale.
Ringrazio il Presidente della Conferenza Episcopale Pugliese per le parole rivoltemi e con lui saluto gli altri confratelli nell’episcopato, indirizzando uno speciale pensiero all’Arcivescovo di Foggia, Monsignor Salvatore De Giorgi. Saluto i loro immediati collaboratori sacerdoti del clero diocesano e di quello religioso, che condividono egregiamente le responsabilità dell’evangelizzazione. Saluto le numerose appartenenti agli ordini e alle congregazioni religiose, che hanno il merito di cooperare alla missione della Chiesa con la testimonianza evangelica e con il peculiare carisma del proprio istituto. Rivolgo un saluto affettuoso anche agli alunni del Seminario Diocesano e di quello Regionale Teologico di Molfetta, che si preparano al sacerdozio, ai lettori ed agli accoliti. Saluto tutti i laici qui presenti e in particolare i membri del consiglio pastorale, i rappresentanti delle associazioni e dei movimenti, i docenti e gli alunni dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Giovanni Paolo II” e la “Cappella Maggiore” della Basilica Cattedrale.
Carissimi sacerdoti e religiosi, desidero prima di tutto esprimervi il mio vivo compiacimento per il vasto ed articolato lavoro pastorale svolto da ognuno di voi nelle singole mansioni e nei vari incarichi. Molti sacerdoti provengono da altre diocesi; molte parrocchie sono affidate a religiosi: e tuttavia è presente nel presbiterio diocesano un sincero e costruttivo rapporto di unione e di collaborazione, in docile obbedienza alle direttive dei Vescovi e della Santa Sede. È questa una realtà molto positiva e consolante ed il mio auspicio è che perseveriate in tale unione di intenti e di aiuto reciproco, affinché la carità fraterna e l’unità nel lavoro pastorale sia sempre di esempio e di edificazione.
A questo riguardo mi piace ricordare la visita alle parrocchie compiuta dall’Arcivescovo di Foggia e terminata nel febbraio scorso. Essa, proprio a motivo della vostra generosa collaborazione, non è stata un semplice atto giuridico, bensì uno straordinario avvenimento di valore ecclesiale e formativo. In ogni comunità parrocchiale l’Arcivescovo ha potuto sostare una settimana e incontrare così le varie categorie di persone, dialogare con i fedeli e con i movimenti laicali, visitare i malati, entrare nelle scuole, trattare i problemi sociali ed economici con le autorità amministrative e soprattutto pregare insieme nelle celebrazioni eucaristiche e nelle ore di adorazione per le vocazioni sacerdotali e religiose, tutti esortando alla fiducia ed al coraggio della vita e della testimonianza cristiana. Certamente la visita pastorale, compiuta con metodo e con ansia apostolica, porterà i suoi frutti e il Signore farà crescere abbondantemente il seme gettato con tanto amore nelle anime dei vostri fedeli.
Ma oltre le attività tipiche di ogni parrocchia e di ogni diocesi in occasione della visita pastorale, molte sono le iniziative, alle quali dedicate tempo, fatica, intelligenza e soprattutto zelo. Desidero menzionare la celebrazione della Giornata Nazionale per la Vita, le iniziative per la catechesi e la liturgia, l’accentuata responsabilità nel campo caritativo, e ultimamente la “Missione per i Giovani” sul tema “Lo conosci Gesù?”. C’è nella società attuale un diffuso desiderio di serenità nell’ordine, di stabilità, di certezza religiosa. Continuate con grande fervore in questo vostro impegno di vita ecclesiale e apostolica; sentitevi lieti e sereni nel servire il Signore e le anime, consacrandovi totalmente all’ideale della vostra santificazione e della salvezza eterna dell’umanità. “Se sarete ferventi nel bene - scriveva san Pietro ai primi cristiani - chi vi potrà far del male? E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi!” (1 Pt 3, 13-14). Spandete nel mondo il buon profumo di Cristo.
In questo momento di intima e fraterna unione nel Signore, che ci ama e che ci ha scelti per partecipare al suo sacerdozio unico ed eterno ed alla sua missione redentrice, mi viene spontaneo ricordare - come ho scritto nella lettera per il Giovedì Santo - che la nostra vita sul modello di Cristo deve essere una prova di amore: e “tutti sappiamo bene che questa prova costa! Quanto costano a volte i colloqui apparentemente ordinari con le diverse persone! Quanto costa il servizio alle coscienze nel confessionale! Quanto costa la sollecitudine per tutte le chiese!”. E sottolineavo che questa prova di amore, questo impegno che costa, deve essere sostenuto con l’aiuto della preghiera. È una prova che dobbiamo accettare prima di tutto sul terreno della preghiera. Infatti “la preghiera è indispensabile per conservare la sensibilità pastorale verso tutto ciò che viene dallo Spirito, per discernere correttamente e impiegare bene quei carismi che portano all’unione e sono legati al servizio sacerdotale nella Chiesa” (Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i sacerdoti della Chiesa, per la prossima Feria V in Cena Domini 1987, 11. 12, 13 aprile 1987).
2. Da quanto vi ho detto, nascono logicamente tre direttive che vorrei lasciarvi come ricordo e come programma di vita: mantenete vivi l’entusiasmo e la gioia del vostro sacerdozio, della vostra consacrazione religiosa e della vostra attiva militanza cristiana; crescete nella stima e nell’aiuto reciproco; consideratevi sempre e unicamente al servizio generoso delle anime!
Nel mondo odierno segnato dal secolarismo e dal permissivismo, dobbiamo prodigarci con profonda preparazione dottrinale e con la stessa ansia apostolica del divin Maestro, convinti che lui solo è la luce che risplende nelle tenebre e che la verità rimane in eterno. In modo speciale dobbiamo portare a questo mondo la testimonianza concreta dell’amore.
Don Pasquale Uva, splendida figura del clero delle Puglie, genio della carità sulle orme di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, nel 1915, quando il mondo era dilaniato dai terribili avvenimenti della Prima Guerra Mondiale, scriveva: “Il sacerdote di Cristo è colui che si sacrifica per il bene del prossimo, che soccorre i poveri abbandonati, gli ammalati . . . è colui che rinunziando a farsi una famiglia propria, si forma, un’altra famiglia con i bisognosi”. E in un’altra occasione diceva alle sue suore: “Sono missionario in cerca di infelici . . . È bello ridare a Dio i talenti moltiplicati, spendere per lui, spendere tutto quello che lui ci ha dato, intelligenza, mani, cuore, tutto”. Sono parole sempre attuali e valide anche per voi tutti sacerdoti, religiosi e laici, perché la scienza non elimina la sofferenza e la cultura non risponde ai supremi interrogativi. E perciò, armati solo di fede, di amore, di entusiasmo, di coraggio, date tutti i vostri talenti alla causa di Dio, per il bene dei fratelli.
E soprattutto siate anime profondamente eucaristiche! Infatti la Chiesa compie l’Eucaristia e l’Eucaristia realizza la Chiesa: è dal sacrificio di Cristo che sgorga la redenzione e nasce la grazia che illumina e salva. Il sacrificio della croce, e quindi il sacrificio eucaristico, sta fermo e stabile, faro di luce e sorgente di santità, mentre si agitano i flutti della storia, con le sue ideologie e i suoi costumi. Il sacerdozio ordinato è essenzialmente in funzione dell’Eucaristia e mediante la sua missione eucaristica il ministro di Cristo evangelizza, annunzia, illumina le menti, converte, perdona, santifica, salva. E perciò tutti i componenti della Chiesa, religiosi e laici, devono impegnarsi a portare gli uomini a Cristo presente nell’Eucaristia.
3. Desidero concludere questo nostro fraterno incontro nel ricordo di padre Pio. Quando fu ordinato sacerdote, il 10 agosto 1910, nella cappella del Duomo di Benevento, egli scrisse questo pensiero: “Gesù, mio sospiro e mia vita. Oggi, che trepidante Ti elevo / in un mistero di amore / Con Te io sia pel mondo / Via Verità Vita / E per Te Sacerdote Santo / Vittima perfetta”.
Dieci anni dopo scriveva al suo direttore spirituale: “Sono divorato dall’amore di Dio e dall’amore del prossimo. Dio per me è sempre fisso nella mente e stampato nel cuore. Mai lo perdo di vista . . . Non sento altro se non di avere e volere quello che vuole Dio . . .” (20 novembre 1921). Sia così anche per voi, cari sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e laici qualificati!
Una particolare parola voglio rivolgere anche a voi, laici impegnati attivamente e generosamente nei progetti pastorali delle singole diocesi.
Mentre vi esprimo il mio vivo apprezzamento per l’opera che compite, vi esorto alla fervorosa perseveranza. Voi conoscete ed amate il Signore in modo più cosciente e convinto. Egli vi ha chiamati alla vera ed intima partecipazione al suo messaggio di verità ed alla sua vita divina.
Siate sempre riconoscenti per questo dono mirabile e continuate con gioia e con fiducia a servire, l’esempio, la disponibilità, la carità, l’accettazione di responsabilità, con l’unico intento di far conoscere, amare e seguire Cristo redentore dell’uomo e unica salvezza dell’umanità.
La Vergine santissima, da voi teneramente amata, vi accompagni nelle vie del vostro apostolato.
Con questi voti, di gran cuore vi imparto la mia benedizione, che volentieri estendo alle persone a voi affidate.
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