VISITA PASTORALE IN PUGLIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE FAMIGLIE
Santuario dell’Incoronata (Foggia) - Domenica, 24 maggio 1987
Carissimi fratelli e sorelle!
1. Sono sinceramente lieto di potermi incontrare con i numerosi pellegrini ed in particolare con le famiglie dell’arcidiocesi di Foggia, qui, nel Santuario dell’Incoronata, dedicato da secoli alla Vergine santissima. Ringrazio il vostro caro Arcivescovo e il Superiore Generale della Congregazione di don Orione per i nobili indirizzi rivoltomi.
La storia di questo santuario è legata, secondo i racconti della tradizione, ad una particolare presenza spirituale della Vergine. Nel mese di aprile dell’anno 1001 la Madonna con il Bambino, seduta su una quercia, apparve ad un contadino e al Conte di Ariano, e ad essi si presentò come la “Madre di Dio”, chiedendo che in quel luogo si costruisse in suo onore una chiesa. A questa venne poi aggiunto un monastero, nel quale dimorarono, in diversi periodi successivi, i Basiliani, i Verginiani, i Cistercensi, i Fatebenefratelli, finché nel 1950 il santuario fu affidato ai religiosi della “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, fondati dal beato don Luigi Orione, autentico testimone di fedele servizio alla Chiesa a fianco dei più poveri. Essi edificarono in quindici anni una nuova chiesa e le strutture annesse, facendo di questo santuario un importante centro di spiritualità e di incontri per tutti coloro che desiderano raccogliersi nella riflessione e nella preghiera personale e comunitaria. È diventato così il Santuario dell’Incoronata oasi di pace per chi vi giunge in cerca d’un incontro privilegiato con la Madre del Salvatore.
Oggi il mio pensiero va a tutti i pellegrini, che nel corso dei secoli sono venuti qui per proclamare le loro fervide lodi a Maria e per invocarne la continua celeste protezione; va poi a tutti i religiosi, che fin dall’inizio hanno curato il santuario e diffuso la devozione alla Vergine incoronata; va in modo speciale ai figli spirituali di don Orione per la passione che hanno dimostrato in questi anni per ridare a questo luogo, ricco di storia, il suo valore di segno e di punto di riferimento per il cammino del Popolo di Dio. Desidero così salutare il nuovo Superiore Generale dei figli della Divina Provvidenza don Giuseppe Masiero e la Madre Generale delle Piccole Missionarie della Carità ed i membri dei rispettivi Consigli Generali che hanno voluto essere qui presenti in questa felice occasione. Con loro saluto anche i religiosi che servono a questo santuario e il gruppo di aspiranti alla vita sacerdotale e religiosa loro affidato.
2. Da secoli migliaia di fedeli, uomini, donne, giovani, anziani, hanno pellegrinato a questo luogo così importante nella “geografia della fede” di questa regione: sono venuti per sperimentare la presenza di Maria nella missione e nell’opera della Chiesa. Questa tipica presenza - ho scritto nella mia recente enciclica sulla beata Vergine Maria - trova molteplici espressioni e possiede un multiforme raggio di azione: mediante la fede e la pietà dei singoli fedeli, mediante le tradizioni delle famiglie cristiane, o “chiese domestiche”, delle comunità parrocchiali e missionarie, degli istituti religiosi, delle diocesi, mediante “la forza attrattiva ed irradiante dei grandi santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma a volte intere nazioni e continenti cercano l’incontro con la Madre del Signore, con colei che è beata perché ha creduto, è la prima tra i credenti e perciò è diventata Madre dell’Emmanuele” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater, 28). Nei santuari mariani il popolo fedele cerca l’incontro con la Madre di Dio per trovare, nel raggio della materna presenza di “colei che ha creduto”, il consolidamento della propria fede, che deve basarsi su una conoscenza, continuamente perseguita ed approfondita, della Rivelazione divina e del magistero della Chiesa, e alimentata costantemente dai sacramenti della fede, in particolare dalla Riconciliazione e dalla Eucaristia.
Mi piace ricordare una frase che rivela l’amore di don Orione per la Madonna: “Amo la santa Madonna e canto, canto la Madonna: lasciatemi amare e cantare! Sono un povero pellegrino che cerco luce e amore . . . Vengo a lei per non perdermi, dopo esser passato tra profondità, frane, altezze, precipizi, montagne, uragani, abissi, oscurità di spirito, ombre nere . . . L’anima, inondata dalla bontà del Signore e dalla sua grazia... e traboccante di amore, sperimenta una gioia che è gaudio spirituale, e si fa canto e spasimo, sete anelante d’infinito, brama di tutto il vero, di tutto il bene, di tutto il bello: attrazione, ardore sempre crescente di Dio: amando nell’Uno tutto: nel Centro i raggi: nel Sole dei soli ogni luce. E in questa luce inebriante mi spoglio dell’uomo vecchio e amo: questa amore mi fa uomo nuovo e amando canto!” (DOLM 2164).
Molto significativo è perciò il gesto che oggi voi avete voluto compiere, rimettendo tra le braccia dell’Incoronata il Bambino Gesù. Questo atto, che esprime in maniera visibile il mistero della divina maternità di Maria, diviene per voi tutti anche un simbolico affidamento a colei che nel progetto di Dio è stata chiamata ad essere nostra madre. Ancor più suggestivo questo gesto appare oggi, a qualche giorno dall’apertura ufficiale dell’Anno Mariano, che ho voluto per la Chiesa universale come preparazione per l’inizio del III millennio: il tempo che dovrà essere segnato da un ritorno alla centralità di Cristo nella storia e nella vita di ogni uomo e di ogni famiglia.
3. Questa mia odierna tappa spirituale presso il Santuario dell’Incoronata acquista un significato del tutto speciale per l’incontro con le famiglie di questa zona: sono presenti padri, madri, sposi novelli, bimbi ed anziani; col mio pensiero desidero raggiungere tutte le famiglie cristiane per ridire la parola della fede, che proviene da Dio, e per invocare ed assicurare in mezzo a loro la presenza eterna e premurosa di Maria santissima, la Madre di Gesù e la Sposa purissima di san Giuseppe.
La Chiesa ha sempre riconosciuto e proclamato il bene prezioso del matrimonio e della famiglia ed il loro profondo significato, in quanto, voluti da Dio con la stessa creazione (cf. Gen 1-3), sono intrinsecamente ordinati a compiersi in Cristo (cf. Ef 5), ed hanno bisogno della sua grazia redentrice per essere guariti dalle ferite del peccato e riportati alla piena realizzazione del primitivo progetto di Dio, quello dell’unità e dell’indissolubilità.
Anche in questa arcidiocesi possono cogliersi con soddisfazione le luci e i valori gelosamente conservati e custoditi: il senso della famiglia rimane tuttora vivo; i fidanzati accolgono favorevolmente l’iniziativa pastorale dei corsi di preparazione al matrimonio; il 99 per cento dei genitori chiede il battesimo per i loro bambini; e ancora profondamente radicata la cura amorevole verso le persone anziane e gli ammalati.
Ma accanto alla luminosa testimonianza di tali valori, si notano anche delle ombre: l’alta percentuale degli aborti; il numero crescente dei divorzi, anche se ancora al di sotto della media nazionale; il permissivismo morale nei rapporti prematrimoniali.
Carissimi sposi e spose, che vivete da anni la vostra unione coniugale; fidanzati e fidanzate, che vi preparate a consacrare il vostro vicendevole amore nel sacramento! La famiglia ha la missione di diventare sempre più quello che essa è nel progetto di Dio, vale a dire comunità di vita e di amore; essa ha pertanto la missione di custodire, di rivelare e di comunicare, nell’unità e nell’indissolubilità, la vita e l’amore, quali riflessi della partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo per la Chiesa sua sposa. Senza l’amore vicendevole autentico la famiglia non può vivere, non può crescere, non può perfezionarsi come comunità di persone: è tale amore che porta al dono della vita ai figli, e spinge alla solidarietà e alla comunione con le altre famiglie. Tutto questo esige un grande spirito di sacrificio, di generosa disponibilità alla comprensione, al perdono, alla riconciliazione, impedendo che l’egoismo, il disaccordo e le tensioni si annidino nella comunità familiare.
4. Dei vostri figli, voi genitori siete e dovete essere i primi fondamentali educatori: generando nell’amore e per amore nuove persone, voi assumete il compito di aiutarle efficacemente a vivere una vita pienamente umana e cristiana. È la famiglia la prima scuola di virtù umane e sociali, di cui hanno bisogno, oggi specialmente, tutte le strutture civili e politiche. “Il diritto-dovere educativo dei genitori si qualifica come essenziale, connesso com’è con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l’unicità del rapporto d’amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile, e che pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato” (Ioannis Pauli PP. II, Familiaris Consortio, 36).
Educare i figli ai valori essenziali della vita, al senso della vera giustizia, dell’autentico onore, del rispetto della propria ed altrui dignità, ma ancor più al senso del vero amore, come sollecitudine e servizio disinteressato verso gli altri, in particolare i più poveri e bisognosi.
Educare i figli ai grandi valori della fede cristiana; alla fede in Dio Padre, in Cristo, suo Figlio, nello Spirito Santo! La prima scuola di catechesi è e deve essere la famiglia! Dal padre alla madre, dai fratelli e dalle sorelle maggiori i bimbi debbono ricevere - insieme con gli esempi di vita cristiana - il tesoro delle grandi verità della Rivelazione divina, che in seguito approfondiranno con l’organica catechesi nelle parrocchie, negli istituti, nei movimenti.
Ma soprattutto, voi genitori dovete educare i vostri figli alla preghiera, introdurli nella progressiva scoperta del mistero di Dio e nel colloquio personale con lui. Questa preghiera fatta in famiglia, che è la chiesa domestica, costituisce per i figli la naturale introduzione alla preghiera liturgica propria dell’intera Chiesa. Occorre pertanto una progressiva partecipazione di tutti i membri della famiglia cristiana all’Eucaristia, soprattutto domenicale e festiva, ed agli altri sacramenti, in particolare quelli dell’iniziazione cristiana.
Affido tutte le famiglie qui presenti e quelle di tutta l’arcidiocesi alla protezione della Santa Famiglia di Nazaret, nella quale è vissuto per lunghi anni il Figlio di Dio fatto uomo.
San Giuseppe, l’uomo giusto, il custode attento e sollecito di Maria santissima e di Gesù, vi assista in particolare nel vostro lavoro quotidiano.
La Vergine santissima vi ottenga dal Signore la forza di essere, come lei, sempre disponibili alla parola e alla volontà divina.
Mentre vi assicuro la mia fervida preghiera, a tutti ed a ciascuno imparto la benedizione apostolica.
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