VISITA PASTORALE IN PUGLIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI DI BOVINO
Santuario mariano di Valleverde di Bovino
Lunedì, 25 maggio 1987
Cari fratelli e sorelle.
1. Sono lieto di trovarmi qui, in questo Santuario di Valleverde, dedicato alla Vergine Madre. Ben conosco il luogo, essendoci venuto come arcivescovo in occasione dell’apertura del settimo centenario della consacrazione della prima chiesa. Il mio ritorno oggi, a distanza di ventidue anni, per l’inaugurazione del nuovo tempio, mi è tanto più gradito in quanto mancano appena due settimane all’inizio dell’Anno Mariano, che si propone di preparare il Popolo di Dio al terzo millennio con un incremento di vita cristiana.
Son lieto, perciò, di trovarmi qui in mezzo a voi, mentre saluto di cuore tutti e ciascuno, fratelli e sorelle di Bovino, venuti da vicino e da lontano, con l’intento di supplicare insieme la Vergine Madre perché ci ottenga dal Figlio di raggiungere gli scopi pastorali dell’iniziativa. In particolare rivolgo il mio saluto e il mio ringraziamento a Monsignor Salvatore De Giorgi, vostro amato Arcivescovo.
2. Questo nostro devoto e fraterno incontro quassù fa venire in mente la pagina del Vangelo dove san Luca racconta che Maria si mise in viaggio verso la montagna e, raggiunta in fretta la casa della parente, fu accolta da Elisabetta con queste espressioni; “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo . . . E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 39-45). Saluto che suona come un inno alla fede di Maria e nello stesso tempo la presenta a ciascuno di noi come modello e madre per vivere in pienezza il grande, incommensurabile dono della vita divina.
Da quando nacque, più di sette secoli or sono, questo santuario, sorto sull’arco dei monti della Daunia, come a guardare dall’alto la pianura del Tavoliere, è divenuto un punto ideale d’incontro delle regioni limitrofe. Dall’alto si ha modo di contemplare la pianura, i fiumi, le valli, il mare.
E ciò che accade, in altro campo, quando ci eleviamo mediante la preghiera alle altezze della fede in Dio: noi ci collochiamo allora in un osservatorio di privilegio in grado di valutare nelle loro realtà i valori della terra, che sono doni del Padre celeste, segnati però da precisi limiti, e come tali incapaci di assorbire l’interesse di tutta la persona umana né di appagare la sete del nostro cuore.
3. Quando su questi monti fu eretta la prima chiesa, al rito della consacrazione parteciparono dodici Vescovi, e dodici furono presenti anche alla posa della prima pietra del nuovo santuario, simbolo del collegio dei dodici apostoli. Oggi viene lo stesso successore di Pietro, per sottolineare la preziosità della fede ricevuta da Dio e garantita dalla collegialità dei Vescovi in comunione con la Sede di Roma, sotto l’universale protezione della Vergine santissima, Madre di Cristo e della Chiesa.
Accanto al santuario venne edificato un monastero a significare che il posto doveva essere un centro di contemplazione e di preghiera: un luogo dove la terra si avvicina al cielo e dove il cielo è più in ascolto delle implorazioni che salgono dalla terra. Un luogo d’incontro tra il divino e l’umano.
Il nuovo santuario, sorto sull’antico, ricco di marmi pregiati, di belle sculture, di vetrate a colori rappresentanti i misteri del rosario, è stato costruito col contributo libero di tutto il popolo, col frutto dei vostri sacrifici personali e della vostra generosità. Esso si deve perciò dire particolarmente vostro. Ma, appunto per questo, esso assume un suo intimo significato e diventa una consegna per tutti voi: la costruzione materiale deve essere il segno visibile della vostra volontà e del vostro impegno per una costruzione nuova da realizzarsi sul piano spirituale. Tale costruzione è il rinnovamento personale e sociale della vita cristiana in tutta questa regione.
Se ciascuno di voi si sentirà impegnato in questa impresa, si riverseranno su di voi le benedizioni del Signore. E Dio, che non si lascia mai vincere in generosità, verrà incontro ai vostri sforzi con la sua pienezza di luce, di forza, di gioia.
4. Crescere, dunque, nella fede sino alla maturità di uomo perfetto, come singoli e come comunità. Ecco l’impegno che vi attende. Esso è in qualche modo consegnato nelle pietre di questo edificio sacro. Qui esisteva un tempo l’antichissimo santuario edificato dai vostri padri. Le condizioni di fatiscenza a cui era ormai ridotto hanno suggerito a voi, cristiani di oggi, di assumervi l’onere di edificarne uno nuovo, più grande e più bello di quello di prima. Il progetto è finalmente realizzato e la nuova chiesa sta ora davanti ai nostri occhi in tutta la sua possente ed armoniosa bellezza.
La lezione che siamo invitati a trarne è chiara e stimolante: le antiche generazioni dei vostri antenati hanno edificato in questa regione una comunità cristiana che si distingueva per le profonde convinzioni di fede, per l’assidua pratica religiosa, per i valori evangelici tradotti nella vita di ogni giorno. I tempi presenti, segnati dal fenomeno del secolarismo hanno fortemente scosso tale edificio spirituale. Anche nella vostra terra, come altrove, la fede di non pochi cristiani è entrata in crisi e i costumi di molti hanno finito per allinearsi a modelli di vita che col Vangelo hanno ben poco a che fare. Prender coscienza di ciò non deve tuttavia comportare la resa ad alcuna forma di scoraggiamento o di pessimismo. Deve anzi suscitare nell’organismo ecclesiale il risveglio di tutte le forze sane ed il loro impegno generoso per una nuova evangelizzazione del mondo moderno.
Nuova evangelizzazione! Questa è la consegna che da questo Santuario io lascio a voi, cristiani dell’antica Daunia. Occorre riedificare una comunità cristiana viva per la sua fede, coraggiosa e forte nella speranza, sospinta dall’urgenza dell’amore verso chiunque è provato dal bisogno o toccato dalla sofferenza. Edificare un nuovo santuario spirituale in queste terre, le cui tradizioni religiose attingono la stessa età apostolica! Un nuovo santuario, le cui pietre vive saranno domani i vostri figli, ai quali voi volete consegnare la fiaccola della fede ricevuta dai vostri padri, perché essi, a loro volta, la consegnino alle generazioni che testimonieranno il nome di Cristo nel corso del nuovo millennio.
Vi è vicino in quest’opera Cristo stesso, che la Chiesa, in questo periodo dell’anno liturgico, celebra nel mistero della risurrezione. Sorretti dall’ineffabile certezza che infonde nei vostri cuori Gesù risorto, lui che morendo “ha distrutto la morte risorgendo ha ridato a noi la vita” (Pref. Pasq., I), impegnatevi in questa impresa di portata storica! Gli uomini di oggi, non meno di quelli di ieri, hanno bisogno del Vangelo, che appare la risposta appagante agli interrogativi supremi che assillano il cuore. Spetta a voi, cristiani di questo ultimo scorcio di millennio, il compito, onorifico ed oneroso insieme, di farvi portatori della Parola a quanti, pur cresciuti in questa terra, ne hanno smarrito il pieno senso e la vera portata.
5. Vi conforti nel vostro impegno la consapevolezza di quanto sta avvenendo nel mondo intero. Dalle mie visite apostoliche nei vari continenti ho tratto la convinzione che il processo di evangelizzazione nel mondo di oggi è in corso come non mai. Il piccolo gregge dei tempi delle origini è ormai albero rigoglioso, che stende i propri rami in ogni parte della terra. I popoli non cristiani hanno fame e sete della verità che è annunciata dal Vangelo. E i popoli di antica tradizione cristiana, tentati oggi da forme striscianti di nuovo paganesimo, manifestano in vari modi disagio per il vuoto lasciato dal venir meno dei valori evangelici.
Consapevole di ciò, la Chiesa si sente fortemente impegnata nell’opera di evangelizzazione del mondo e di rievangelizzazione dei popoli cristiani. È necessario che anche quei paesi, i quali da secoli hanno avuto l’inestimabile dono della fede, ne facciano la riscoperta, perché la parola di Dio abbia in loro il suo adempimento, e possa fruttificare in pienezza.
Affido alla Vergine santa, che voi venerate da secoli in questo santuario, l’auspicio che mi sale dal cuore. Possa la comunità cristiana, che ha le sue radici in questa terra, ritrovare l’entusiasmo e lo slancio dei primi tempi e, seguendo l’esempio di Maria che “avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio fino alla croce” (Lumen Gentium, 58; Redemptoris Mater, 2), camminare decisamente sulle strade del Vangelo, riproponendo al mondo odierno, con testimonianza credibile, l’annuncio della verità che salva!
Cari fratelli e sorelle della Daunia! Abbiate fede, guardate in alto, e il Signore vi darà in abbondanza la sua gioia e la sua vita. Soprattutto egli vi sarà accanto con la forza della sua grazia, perché il vostro impegno possa dare frutti copiosi e nella vostra terra continui a brillare con rinnovato splendore la luce del Vangelo.
Di tutto ciò vi sia pegno la particolare Benedizione, che a voi tutti - e specialmente ai piccoli, ai vecchi, agli ammalati - imparto di cuore!
Nel concludere l’incontro il Santo Padre rivolge ai fedeli le seguenti parole.
Voglio offrirvi adesso una benedizione apostolica insieme al vostro Arcivescovo e tutti gli altri Vescovi qui presenti, ma vedo davanti ai miei occhi alcune scritte che sono per me molto significative. La prima: “Va’; ti manderò lontano, tra i pagani”, e la seconda ancora più significativa e commovente, le parole di Cristo a Pietro: “Pietro, Satana ti ha cercato per vagliarti come il grano, ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede”. Molte volte riconsidero queste parole e quanto più considero il contenuto profondo di queste parole di Cristo dette a Pietro, tanto più mi affido alla sua Madre, a colei che ha creduto, “perché non venga meno la tua fede”.
Carissimi fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra presenza così numerosa e così cordiale e mi auguro che sia sempre vera questa parola che leggiamo qui: “la stella della Daunia ti guidi per le vie del mondo”.
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