DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL'OCEANO INDIANO
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Martedì, 29 settembre 1987
Cari fratelli nell’episcopato.
1. Meno di un anno fa ebbi la gioia di incontrarvi nel corso di una tappa memorabile alle isole Seychelles, all’epoca del mio viaggio pastorale in Oceania. Abbiamo celebrato insieme l’Eucaristia nello stadio di Vittoria nell’atmosfera di fervore religioso e di entusiasmo popolare che è tipico nella tradizione delle vostre isole gioiose e accoglienti.
Oggi tocca a me ricevervi a Roma in occasione della vostra visita “ad limina”, la prima dopo il riconoscimento ufficiale, nel 1985, della Conferenza episcopale dell’Oceano Indiano. È con grande piacere che vi accolgo in questa casa, e auguro di cuore che il vostro soggiorno vi dia il conforto e gli incoraggiamenti desiderati.
2. Con voi, vorrei innanzitutto ringraziare Dio per questo incontro fraterno presso la tomba degli apostoli Pietro e Paolo. È la loro fede che ci riunisce; è la stessa fede che ci anima nel nostro ministero. Anche gli scambi che avete con il successore di Pietro o con quelli che assistono nei diversi dicasteri romani hanno il solo scopo di confortarvi nell’esercizio del vostro compito, a servizio di coloro che condividono la stessa fede, sulle orme dei santi apostoli.
Rendiamo grazie a Dio, fratelli carissimi, per il dono della fede e per l’accoglienza fatta a questo dono nelle vostre diocesi. Provenite infatti da paesi nei quali le cose di Dio sono familiari a della gente il cui ambito di vita è ancora relativamente ai margini delle strutture tecnologiche che invadono la nostra civiltà occidentale, nonostante nei vostri rapporti quinquennali accenniate a una certa modernità che assale anche voi. Ma si può dire che tra le vostre popolazioni la dimensione religiosa dell’essere umano è generalmente riconosciuta e tenuta in considerazione nello sviluppo della persona: c’è là una predisposizione al Vangelo che difficilmente si trova da altre parti.
Rendiamo grazie a Dio, infine, per la comunione ecclesiale che si sviluppa tra voi e che permette alla giovane Conferenza episcopale dell’Oceano Indiano di progredire per poter dare in futuro un contributo più originale alla Chiesa universale. Infatti malgrado le diverse situazioni delle vostre rispettive diocesi e una tendenza naturale all’isolamento, comprensibile per delle isole, siete riusciti a tessere dei legami tra voi con degli incontri regolari e con la condivisione delle vostre preoccupazioni apostoliche. Ne è seguita una collaborazione più sviluppata tra le differenti diocesi, una più ampia apertura delle comunità e un incoraggiamento più marcato per gli agenti pastorali a operare in comune.
Di tutto ciò, rendiamo grazie a Dio.
3. Certamente voi annunciate il messaggio di salvezza in un ambiente che varia da un territorio all’altro della Conferenza episcopale. Nell’arcipelago delle Comore, che si presenta come una specie di avamposto missionario, l’annuncio del Vangelo incontra un ambiente fortemente islamizzato. Nelle isole Seychelles, che ho visitato l’anno scorso, la Chiesa deve preoccuparsi di avere sempre la possibilità di rispondere agli interrogativi dei giovani e di proporre loro il messaggio cristiano nel rispetto della loro coscienza. Nelle Mauritius il cattolicesimo, in situazione minoritaria, cerca di conservare il suo dinamismo per continuare ad essere presente nelle realtà contemporanee e a favorire il fattore umano nello sviluppo economico del paese. Nell’isola di La Riunione, la buona novella deve affrontare un materialismo pratico crescente; a questo scopo la Chiesa cerca di valorizzare sempre di più la prospettiva etica per incoraggiare i cristiani a dominare sia la loro vita personale che quella in società.
4. Nel leggere le vostre relazioni sembra che due siano gli aspetti principali della vostra attenzione: la famiglia e il laicato.
Nella vostra assemblea del maggio scorso la famiglia e il tema della presenza evangelizzatrice dei laici nel mondo erano gli oggetti prioritari delle vostre riflessioni. Constatando una certa disintegrazione dei tessuto familiare, avete ritenuto urgente elaborare una pastorale delle coppie: sono felice che nello spirito della Familiaris Consortio, sia in corso o si stia avviando un’autentica pastorale della famiglia.
La Chiesa, lo diciamo spesso, comincia con questa “Chiesa domestica” che è la famiglia cristiana. Primo luogo del dono della vita e della formazione alla vita, la famiglia cristiana è anche l’ambiente nel quale si fa intendere la chiamata alla missione, sia come laico impegnato, sia come persona consacrata nella vita religiosa, sia come sacerdote.
Inoltre - e i missionari arrivati per primi sul terreno lo sanno bene - si può dire che è richiesto un minimo di esperienza familiare per la comprensione del cristianesimo: la lingua della rivelazione fa spesso appello ai termini e alle realtà della famiglia al punto che una mancata conoscenza dei valori della vita familiare renderebbe più difficile la presentazione del messaggio della fede. Con il tema della famiglia, quello della formazione dei laici è stato l’oggetto della maggior parte delle vostre riflessioni, nel corso di questi ultimi anni. È opportuno spendere una parola al riguardo alla vigilia del Sinodo dei vescovi che approfondirà questo argomento.
La formazione di un laicato capace di rendere conto della sua fede cristiana e capace anche di adempiere al suo ruolo di lievito nella pasta, inserendosi nelle strutture socioprofessionali del paese, è un compito che richiede tutte le vostre cure.
Voi manifestate la preoccupazione di costruire la Chiesa secondo lo spirito del Concilio Vaticano II. Ciò non sarà possibile senza la cooperazione di tutte le membra del corpo di Cristo. Così come ogni membro ha bisogno del corpo, il corpo ha bisogno di tutte le sue membra. Permettete ai laici cristiani di approfondire la loro fede e di tradurre nei loro atti le grandi intuizioni e gli slanci del Concilio Vaticano II, ecco l’opera che vi attende. La formazione permanente dei laici esige uno sforzo catechetico di tutta la Chiesa, che tenda a ridurre la separazione tra la fede e la vita, una dicotomia che voi stessi deplorate tra i battezzati.
Lungi dal limitare il loro impegno ai servizi propriamente ecclesiastici, i laici, istruiti come conviene dalla dottrina sociale della Chiesa, devono sentirsi chiamati a costruire un mondo più adatto alla dignità umana di ogni individuo, ad essere autentici elementi di progresso civico e morale nella società alla quale essi appartengono, a promuovere lo sviluppo economico dicendo no alla schiavitù del materialismo. In breve, i laici devono sforzarsi di favorire la promozione integrale dell’uomo e il loro inserimento attivo nella società.
5. Continuando la strutturazione delle vostre comunità cristiane vi sarà facile trascinare i fedeli a prendere le loro responsabilità. A causa del pluralismo religioso, si dovrà anche approfondire l’identità cristiana perché si è chiamati a dialogare e a collaborare con quelli che non condividono la stessa fede. Il Concilio Vaticano II ha tracciato le vie di un ecumenismo autentico e del dialogo interreligioso, rispettoso sia della ricerca della piena verità, che delle persone che professano la loro fede.
Infine, bisogna prendere in considerazione una pastorale adatta per i turisti attirati dalla bellezza e dal clima delle vostre isole.
6. Per quanto riguarda i giovani che costituiscono una porzione così importante della popolazione delle vostre diocesi e che sono la speranza della Chiesa e del mondo, non mancate di presentare loro il Vangelo di Cristo in tutto il suo dinamismo esigente e di dire loro che il Signore chiama sempre al suo servizio. Siate ben coscienti del bisogno di futuri pastori, senza tuttavia rinunciare alla necessaria selezione dei candidati alla partenza, vigilando sulle motivazioni, sulle capacità, sulle possibilità morali e spirituali di coloro che vorrebbero impegnarsi nello stato ecclesiastico.
7. Concludendo vorrei chiedervi di portare i miei cordiali saluti e i miei incoraggiamenti ai preti delle vostre rispettive diocesi, dai più anziani, che attendono il meritato riposo e grazie ai quali la Chiesa è cresciuta, ai più giovani, che hanno bisogno del sostegno e della comprensione affettuosa e della preghiera delle loro comunità parrocchiali.
Ai religiosi e alle religiose che cercano di presentare al mondo l’ideale sviluppo della “sequela Christi” conservando tutta la loro libertà nei confronti dei beni terrestri, rivolgo pure i miei saluti cordiali e i miei voti di progresso nella ricerca dei beni del regno. Li incoraggio anche a migliorare la comunione ecclesiale fra le diocesi, resa più percepibile dalla loro presenza nell’opera di evangelizzazione.
Di cuore benedico voi e tutti i fedeli delle vostre diocesi.
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