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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALL’UNIONE SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA (USMI)

Sabato, 9 aprile 1988

 

Carissime Madri superiore!

1. Avete iniziato il vostro convegno con un incontro di preghiera mariana nella Basilica di Santa Maria Maggiore, davanti alla preziosa icona di Maria Madre della Chiesa, venerata nella sede dell’USMI, e dopo aver riflettuto sul tema “Donne consacrate nella Chiesa per la salvezza del mondo”, con lo svolgimento dei vari momenti dottrinali, informativi ed elettivi, concludete oggi con questa udienza la vostra importante assemblea.

Sono molto lieto di accogliervi; vi saluto tutte con viva cordialità e vi ringrazio per questa vostra gentile presenza, che so essere animata da fede profonda e da vivo senso ecclesiale. Il mio saluto, affettuoso e riconoscente, giunga per mezzo vostro anche a tutte le vostre consorelle.

Guardando a voi e in voi vedendo tutte le vostre comunità religiose, viene spontaneo pensare al bene grande che le varie congregazioni hanno compiuto e continuano a compiere a vantaggio delle anime e della società. Infatti, ogni congregazione ha una lunga storia di attività e di realizzazioni, che si snoda, a partire dai fondatori e dalle fondatrici, nell’arco di decenni ed anche di secoli, testimoniando la presenza e l’amore di Dio nelle contrastate vicende del pellegrinaggio umano sulla terra. Non è difficile ed è commovente immaginare la mirabile schiera di religiose che, nel passato e nel presente, in una costante e totale dedizione vivono amorevoli e sensibili nelle scuole, negli asili, negli ospedali, nelle carceri, in pace e in guerra, tra i poveri, tra gli handicappati, tra gli anziani, a servizio delle parrocchie, dei sacerdoti, dei seminari. Forti, gentili, intrepide, sempre sacrificate perché consacrate, a volte stanche e tuttavia generose, quanto hanno compiuto le suore in nome di Cristo e per suo amore! Se un motivo di tristezza emerge in questa prospettiva, è il dover costatare che purtroppo molte opere sono oggi abbandonate, molte case vengono chiuse per mancanza di forze giovani, di nuove vocazioni. Ma occorre non perdersi d’animo e continuare a confidare nel Signore, a lui elevando insistenti preghiere perché la sua chiamata al dono totale, che certamente continua a farsi sentire, sia accolta da un numero crescente di giovani; e perché, al tempo stesso, i sacerdoti siano saggi e illuminati nella loro opera di formazione e di direzione spirituale.

Alla luce di tante esperienze passate si può ben dire che, in ogni congregazione, le religiose sono state veramente “donne consacrate nella Chiesa per la salvezza del mondo”, unendo sempre insieme la testimonianza della propria fede cristiana all’esercizio della carità, secondo gli orientamenti del proprio carisma. Auspico di cuore che, mediante l’USMI, continui e s’accresca la fraternità reciproca tra le varie comunità, pur nella diversità dei carismi, affinché questi si completino e si coordinino nella mutua carità e nella reciproca edificazione.

2. Che cosa fare oggi, nelle difficoltà del mondo moderno, per ravvivare l’impegno delle persone consacrate e per incrementare le vocazioni religiose nelle singole congregazioni? L’interrogativo talvolta può diventare assillante e tormentoso; e tuttavia il Concilio Vaticano II, nel decreto Perfectae Caritatis, già indicava l’unica risposta possibile e valida: “Nella varietà dei doni - così si legge - tutti coloro che, chiamati da Dio alla prassi dei consigli evangelici, ne fanno fedelmente professione, si consacrano in modo speciale al Signore, seguendo Cristo, che vergine e povero, redense e santificò gli uomini con la sua obbedienza spinta fino alla morte di croce. Così essi, animati dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei loro cuori, sempre più vivano per Cristo e per il suo corpo, che è la Chiesa. Perciò, quanto più fervorosamente si uniscono a Cristo con questa donazione di sé che abbraccia tutta la vita, tanto più si arricchisce la vitalità della Chiesa ed il suo apostolato diviene vigorosamente fecondo” (Perfectae Caritatis, 1).

Sono parole semplici e trasparenti, a cui occorre ispirarsi costantemente per trarne luce e conforto. Esse ci dicono che nella persona religiosa c’è una “consacrazione sacramentale” che avviene per mezzo del Battesimo e della Cresima, e c’è una “consacrazione religiosa” che avviene mediante la professione dei voti, a seguito della chiamata di vocazione. Ambedue le “consacrazioni” sono opera divina, ma esigono anche la collaborazione umana: la “consacrazione religiosa” ha le sue profonde radici nella “consacrazione sacramentale”, ma presenta un suo titolo nuovo e del tutto speciale, perché si esprime nel dono totale di sé a Dio, sull’esempio di Gesù povero, casto, obbediente, e si attua nel servizio alla Chiesa per l’annuncio del Vangelo, per la salvezza delle anime, per l’esercizio totale e costante della verità. Di tutto questo la religiosa trova in Maria santissima il modello insuperabile, e soprattutto l’aiuto e la forza nel momento della difficoltà e del pericolo.

Nel frastuono di tante voci fra loro discordi, s’avverte oggi con più viva urgenza la necessità di chiarezza a sostegno di scelte come la vostra, che suppone la donazione senza riserva della propria vita all’ideale cristiano. Il Concilio Vaticano II afferma con vigore che ciò che era valido per la vita consacrata nel passato lo resta tutt’ora e lo resterà sempre, perché poggia su di un fondamento che non muta: la salvezza del mondo, secondo il disegno provvidenziale della creazione e della redenzione, che Gesù ha rivelato e la Chiesa perennemente insegna.

Mi piace, a questo proposito, ricordare una riflessione della beata Theresia Benedicta a Cruce, la carmelitana martire ad Auschwitz: “Donarsi a Dio, perdutamente dimentichi di sé, non far conto della propria vita individuale per lasciare pieno spazio alla vita di Dio, ecco il motivo profondo, il principio e il fine della vita religiosa. Quanto più perfettamente questo si attua, tanto più ricca è la vita divina che riempie l’anima. Ma questa vita divina è l’amore; amore straripante, che non ha limiti e che si dona liberamente; amore che si piega misericordioso verso ogni bisogno; amore che risana il malato e risveglia alla vita spirituale ciò che era morto; amore che protegge, difende, nutre, insegna e forma; amore che è afflitto con gli afflitti e lieto con chi è nella gioia; che è pronto al servizio verso ciascuno per compiere il disegno voluto dal Padre; in una parola: l’amore del cuore divino”.

Questo devono anche oggi realizzare le suore nelle singole congregazioni, con un vivo senso di apostolicità comunitaria, locale e universale. E perciò nelle vostre case portate speranza e fiducia! Abbiate fiducia nella Chiesa, perché questo significa aver fiducia in Cristo morto e risorto che ha promesso alla Chiesa l’indefettibilità temporale e l’infallibilità dottrinale; significa aver fiducia nello Spirito Santo, presente per illuminare le menti e santificare le anime mediante la “grazia”, che agisce nel segreto delle coscienze: l’opera della “grazia” è certa, reale, sicura, anche se esige che il chicco, caduto nel terreno, muoia per poter portare frutto: la Pasqua di risurrezione deve essere preceduta dall’agonia del Getsemani e dagli spasimi della crocifissione. E sappiate guardare con occhio di ottimismo e di speranza alle realtà consolanti che anche oggi esistono nella Chiesa e nella società: esse sono grandi e abbondanti, e dimostrano che alla fine vince l’amore, e cioè vince Dio.

Maria santissima, che sempre vi accompagna e sempre invocate con amore e fiducia, mantenga in voi vivo e ardente l’impegno di donarvi perché trionfino, oggi come sempre, gli ideali - gli unici che confortano - della vita spesa nella fede, nella carità, nella bontà, nella santità!

Vi sia di conforto la benedizione apostolica, che ora vi imparto di cuore e che volentieri estendo a tutte le vostre consorelle.

 

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