ALLOCUZIONE DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE IL CONCISTORO PUBBLICO NELL’AULA PAOLO VI
Martedì, 28 giugno 1988
Venerati e cari fratelli!
1. Parla a noi Pietro, il primo fra i presbiteri, e testimone delle sofferenze di Cristo.
Parla a noi qui riuniti nell’odierno Concistoro.
Le sue parole sono piene della sollecitudine pastorale per l’ovile, che lo Spirito Santo gli ha affidato - a Gerusalemme, ad Antiochia, e qui a Roma, nella capitale del mondo di allora.
Parla ai co-anziani, dividendo con loro la stessa sollecitudine pastorale, che anche a loro è stata partecipata.
Le parole di Pietro non cessano di essere un programma per le generazioni sempre nuove dei pastori della Chiesa.
L’apostolo dice: compite il vostro ministero pastorale “volentieri”, diventando “modelli” vivi per coloro che Cristo vi ha affidato. “Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, . . . gettando in lui ogni vostra preoccupazione . . . Siate temperanti, vigilate” (1 Pt 5, 6-7).
Ecco le parole-chiave nella lettera dell’apostolo Pietro.
2. Compiere il ministero pastorale qui a Roma, in questa Sede dove fu Pietro, primo testimone della croce e della risurrezione di Cristo, e, con Pietro, anche Paolo. Insieme essi costituiscono il duplice fondamento di tutta la Chiesa.
Compiere il ministero pastorale sul luogo di una tale eredità, è la grande sollecitudine ed al tempo stesso la responsabilità, che l’uomo può sostenere solamente “mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui” (At 12, 5).
La solennità di oggi porta in sé un ardente invito a tale preghiera, a tale “sentire cum Ecclesia” - perché il successore indegno dei Vescovi di Roma sulla Sede di Pietro, ed insieme con lui tutta la Chiesa, “canti senza fine le grazie del Signore” - come ci esorta a fare l’odierno salmo responsoriale (Sal 89 [88], 1).
3. Oggi il collegio dei Cardinali, legati a questa Sede romana, si è ingrandito con l’aggregazione di nuovi membri.
Avrebbe dovuto essere associato in questo giorno al collegio cardinalizio anche Hans Urs von Balthasar. Nel momento in cui egli avrebbe potuto raccogliere con l’elevazione alla porpora un meritato premio terreno per il ministero ecclesiale svolto nelle scienze sacre, il Signore lo ha chiamato ad una diversa esaltazione, quella della vita eterna. Questa speranza della sua gloria nel cielo conforta la tristezza di non averlo oggi qui, associato al collegio degli altri nuovi Cardinali.
Vi sono, tra essi, Vescovi che hanno speso le loro energie a diretto servizio della Sede apostolica; pastori di Chiese antiche e recenti nelle varie parti del mondo; persone impegnate da lunghi anni nello studio e nella difesa della dottrina della Chiesa; padri di comunità cristiane in difficoltà o perseguitate.
Nel collegio dei Cardinali si riflette ora in modo più ricco il mistero del Popolo di Dio peregrinante nel mondo. È un popolo raccolto da tutto il mondo, comprendente uomini di ogni razza e di ogni cultura, aperto ad ogni apporto che sia autenticamente umano.
4. In pari tempo è necessario riferire questa varietà e molteplicità del collegio cardinalizio alla radice comune, costituita dall’unità della sede episcopale romana.
I Cardinali appartengono per uno speciale titolo al clero di Roma. Tale vincolo con la città e la diocesi del Papa si rende ancor oggi manifesto mediante l’assegnazione a ciascun Cardinale del titolo di una chiesa in questa città o di una diocesi suburbicaria. Secondo l’antichissima tradizione, come è noto, gli elettori del Vescovo di Roma erano i membri del presbiterio della città. L’assegnazione ad ogni Cardinale di una chiesa dell’Urbe ricorda e mantiene ancor oggi il significato della consuetudine antica: i Cardinali diventano così elettori del Vescovo di Roma, del successore di Pietro, e suoi consiglieri e cooperatori nel governo della Chiesa universale.
La Chiesa manifesta così anche nel collegio cardinalizio la sua natura. Come famiglia di Dio, la Chiesa è protesa verso tutti gli uomini, raccoglie di mezzo a tutte le stirpi cittadini per il Regno e li unisce nel vincolo dell’unica fede e carità, per la comunione con il fondamento e principio visibile dell’unità, il ministero di Pietro.
5. La Tradizione dei primi secoli in diverso modo ha messo in evidenza il significato della Sede romana, legata all’eredità apostolica di Pietro e Paolo: essa presiede nella carità alla Chiesa universale e, al tempo stesso, è ad essa unita nel vincolo della stessa missione (cf. Lumen Gentium, 13).
“Servo dei servi di Dio”, amava qualificarsi Gregorio Magno, e questa espressione della consapevolezza della missione del Vescovo di Roma sembra adeguatamente riflettere il principio evangelico: “Chi vorrà diventare primo tra voi, si farà vostro servo” (cf. Mt 20, 26).
Il cardinalato è anch’esso segno di una particolare partecipazione a questo servizio della Sede romana e del suo Vescovo. Ciò trova espressione dappertutto, in tutte le sedi episcopali del mondo, dove i pastori sono Cardinali, e nella stessa Roma per i Cardinali impegnati nelle molteplici attività che la Sede apostolica svolge per il bene di tutta la Chiesa.
6. Oggi viene promulgato il documento Pastor Bonus, che descrive in modo nuovo i compiti della Curia romana già definiti antecedentemente, in accordo con le decisioni del Concilio, nella costituzione “Regimini”, promulgata da Paolo VI nell’anno 1967.
La nuova normativa, già prevista dal mio predecessore, corrisponde alla promulgazione del Codice di Diritto Canonico. Essa è pure conseguenza di una lunga consultazione, alla quale hanno partecipato il collegio dei Cardinali, le conferenze dei Vescovi, per il tramite dei loro presidenti, e, ovviamente, i dicasteri interessati della Curia romana.
Nel redigere il documento ho voluto anzitutto che l’immagine della Curia corrispondesse alle esigenze del nostro tempo, ben considerando i cambiamenti avvenuti in questi ultimi anni.
In secondo luogo, occorreva adeguare l’ordinamento della Curia ai nuovi Codici di Diritto Canonico Occidentale ed Orientale.
È stato delineato con maggiore logicità l’ambito delle competenze dei singoli dicasteri, per renderli più idonei al conseguimento delle loro finalità, tenendo soprattutto conto dell’attività e della figura giuridica degli organismi “post-conciliari” della Curia, nella luce del loro scopo precipuo, che è quello di promuovere nella Chiesa particolari attività pastorali e lo studio dei relativi problemi.
In tutto ciò mi è parso necessario proporre nuove e permanenti strutture per l’affiatamento e la collaborazione tra tutti i dicasteri.
“In una parola, la mia preoccupazione è stata quella di andare risolutamente avanti affinché la conformazione e l’attività della Curia corrispondano sempre più alla ecclesiologia del Concilio Vaticano II, siano sempre più chiaramente idonee al conseguimento dei fini pastorali della conformazione della Curia, e vengano incontro in forma sempre più concreta alle necessità della società ecclesiale e civile” (Pastor Bonus, 13).
7. La creazione di nuovi Cardinali ci riporta con la memoria alla singolare tradizione del martirio nella Chiesa: “usque ad effusionem sanguinis”.
Occorre dunque che risuonino con un’eco adeguata nella nostra assemblea quelle parole che abbiamo sentito nel Vangelo di oggi: “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi . . . E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna . . .
Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10, 16 ss).
In queste parole di Cristo viene racchiuso l’invito al timore di Dio, e, in pari tempo, alla fortezza che soltanto il timore di Dio può infondere nell’uomo.
8. Cari e venerati fratelli! Siamo chiamati ad una particolare testimonianza, a confessare Cristo in modo singolare dinanzi agli uomini: “Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio, predicatelo sui tetti” (Mt 10, 27).
Siamo chiamati ad attuare questa “potenza nella fede”, grazie alla quale sappiamo opporci alle varie forze e potenze di questa terra e soprattutto a colui, che è il “principe di questo mondo”, il “padre della menzogna”, che “va in giro come un leone cercando chi divorare”, secondo le parole dell’apostolo (1 Pt 5, 8).
9. Occorre che noi siamo forti con la fede di Maria, umile serva del Signore.
In questo anno mariano la Chiesa pellegrina nel mondo per testimoniare la fede, sente vicina a sé, in modo particolare, la Madre di Dio nella quale vede il proprio modello nell’ordine della fede, della carità, della perfetta unione con Cristo (cf. Lumen Gentium, 63). In questo anno mariano la Chiesa apprende da Maria con maggiore chiarezza ed affetto la dimensione materna della propria vocazione, “perché, come Maria è al servizio del mistero dell’incarnazione, così la Chiesa rimane al servizio del mistero dell’adozione a figli mediante la grazia” (Redemptoris Mater, 43). In questo anno mariano la Chiesa si sente particolarmente impegnata sotto la pressione di tanti problemi sociali e culturali della nostra epoca, a custodire la fede ricevuta da Cristo, sull’esempio di Maria, che serbava e meditava nel suo cuore tutto ciò che riguardava il suo Figlio divino (Redemptoris Mater, 43).
Proprio lei - insieme con tutta la Chiesa - magnifica Dio e proclama la sua misericordia, di generazione in generazione.
Lei prima “testimone delle sofferenze di Cristo” - ed anche prima partecipe di quella gloria che per opera di Cristo “si manifesterà in noi”.
Perseveriamo nella filiale unione con lei perché Dio che ci ha chiamati alla sua eterna gloria in Cristo sia in tutto ciò magnificato.
A lui lode e gloria nei secoli.
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