DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SACERDOTI DELL’ISTITUTO DELLA CARITÀ
Giovedì, 10 novembre 1988
Carissimi sacerdoti dell’Istituto della Carità!
1. È per me motivo di gioia accogliervi in occasione del capitolo generale speciale, che state celebrando a Roma, in questa città che fu tanto cara al vostro fondatore, il quale - come ben sapete - in occasione dell’approvazione dell’Istituto della Carità volle pronunciare, insieme con i primi suoi confratelli il voto di assoluta obbedienza al Papa, presso le catacombe di san Sebastiano.
Con tanto affetto, dunque, porgo il mio saluto a voi tutti, perché questa stessa udienza attesta che l’originaria “nota” di fedeltà al successore di Pietro non è venuta meno nella vostra congregazione. Saluto il superiore generale, il padre Giovanni Battista Zantedeschi e i suoi collaboratori, ed estendo il mio pensiero a tutti i membri dell’Istituto residenti nei vari Paesi ed operanti nelle missioni, nei collegi, nelle parrocchie, negli istituti di rieducazione e di assistenza. Le vostre molteplici opere corrispondono veramente a quel concetto di carità “universale”, di carità tanto ampia quanto il bene, che stava particolarmente a cuore al servo di Dio Antonio Rosmini.
2. Ricordo volentieri le parole con cui il Pontefice Gregorio XVI tracciò di suo pugno sul testo delle costituzioni il programma della vostra famiglia religiosa. Egli elogiò il fondatore per le sue doti, per la conoscenza delle cose divine e umane, per le virtù e per l’amore e fedeltà ammirevoli verso la religione cattolica e la Santa Sede, scrivendo che “nel fondare l’Istituto della Carità a questo principalmente intese, che la carità di Cristo sempre più si diffondesse e unisse tutti, che nella Chiesa raccogliesse frutti sempre più abbondanti, e i popoli fossero portati all’amore di Dio e dei fratelli con sempre maggior fervore” (cf. “Pagine di una vita - Note Biografiche su Antonio Rosmini”, Rovereto 1987, p. 150).
Secondo questa prospettiva voi avete lavorato e lavorate tuttora, prediligendo nella Chiesa una forma di servizio umile e quasi nascosto, secondo l’invito del fondatore, il quale raccomandava ai suoi discepoli di non prendere mai nella Chiesa “il ruolo di maestri”, ma di sottomettersi “umili in ogni cosa ai maestri e giudici stabiliti da Gesù salvatore, i pastori della Chiesa” (“Costituzioni”, n. 522). Desidero incoraggiare questo generoso stile di servizio ed auspico che il presente capitolo confermi in voi lo zelo di corrispondere al carisma tipico dell’Istituto.
3. È a tutti noto l’impegno per un intenso lavoro intellettuale che fu proprio di Rosmini, tutto proteso a far conoscere il Vangelo. Il suo animo era particolarmente sensibile al grande problema dell’armonia tra fede e ragione, ed egli volle prestare attenzione ai pensatori più rinomati nella sua epoca - allora, come oggi, si parlava di nuovo momento della storia e del pensiero - per ricercare i modi sempre più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini, specialmente al mondo della cultura e del sapere, favorendo un conveniente aggiornamento del linguaggio e del dialogo.
Sapete bene come su questa testimonianza e su questo stile di vita dell’uomo di pensiero si sia oggi ravvivato l’interesse per il pensiero del Rosmini. Uomini di cultura e di studio, ecclesiastici o laici, desiderano accostarsi ai suoi scritti per ritrovare le ragioni supreme del sapere, alla luce del suo esempio di credente e di filosofo, apprezzando il suo modo di accostarsi a Dio attraverso la scienza e la filosofia, riconoscendo l’opportunità della sua ricerca al fine di confermare il valore delle verità di fede e del messaggio cristiano sull’uomo e sul suo ruolo nel mondo.
Vi esorto a continuare questa missione, specialmente nelle scuole da voi dirette e nei ben noti centri di studio di Stresa, di Rovereto e di Durham. Sappiate corrispondere alla nobile funzione ecclesiale che vi è affidata, operando con coraggio e discernimento sicuro, per raggiungere chiarezza nell’identificare i valori autentici, ed esprimere nello stesso tempo, fermezza e coraggio, quando occorre mettere in guardia i giovani contro le ideologie inconciliabili con la fede, anche se esse possono esercitare una certa suggestione e quasi un fascino persino negli spiriti migliori.
Così potrete confermare che l’ammirazione crescente e l’interesse verso la figura di Antonio Rosmini e il suo pensiero suscitano in voi l’esigenza di mettere in risalto le sue virtù, la sua statura morale e spirituale nelle singolari prove che lo afflissero in vita. Sono proprio tali prove che han testimoniato e maturato la santità della sua vita; proprio così egli vi ha insegnato come si ama la Chiesa, come si lavora per la Chiesa, come si può e si deve soffrire per il suo vero bene. Ricordate sempre le sue parole: “Il cristiano dovrà nutrire in se stesso un affetto, un attaccamento, ed un rispetto senza limite alcuno per la Santa Sede del Pontefice romano; senza limite alcuno dovrà amare e procacciare la vera e santa gloria, l’onoranza e la prosperità di questa parte essenziale dell’immacolata sposa di Gesù Cristo” (“Massime di Perfezione cristiana”, “Opere di Antonio Rosmini”, vol. 49, p. 43).
4. Mi piace affidare i lavori della presente vostra assemblea alla protezione della Vergine Addolorata, sapendo che la sua immagine fu particolarmente amata dal Rosmini: a lei egli volle affidare i suoi figli spirituali. Sappiate meditare, dunque, questa “nuova maternità di Maria” verso tutti gli uomini, generata dalla fede e frutto del nuovo amore, che maturò in lei definitivamente ai piedi della croce, mediante la sua partecipazione all’amore redentivo del Figlio (cf. Redemptoris Mater, 23), ed alla luce di tale esempio sappiate camminare per le vie che lo Spirito Santo suggerirà al vostro spirito.
Con tali voti imparto di cuore a voi qui presenti ed all’intera famiglia rosminiana una speciale benedizione apostolica.
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