DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN CONGRESSO SUL BATTESIMO DELLA RUS’ DI KIEV
Sabato, 12 novembre 1988
1. Rivolgo con gioia il mio saluto a voi, illustri studiosi di diverse Istituzioni scientifiche dell’Est europeo e dell’Occidente, qui convenuti in occasione del Congresso Internazionale sul tema “Il Battesimo delle Terre Russe, Bilancio di un Millennio”, promosso dall’Accademia Nazionale dei Lincei e dalla Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con l’Accademia delle Scienze dell’URSS e con l’Associazione degli Scrittori Sovietici.
L’avvenimento che costituisce l’oggetto della vostra riflessione comune ha avuto, nel corso di quest’anno, una risonanza vastissima, ben oltre i confini dei popoli direttamente coinvolti. La provenienza di molti di voi, egregi signori, ne rende ulteriore testimonianza. Il Battesimo di san Vladimir e del suo popolo propagandosi infatti nel tempo come un’onda dal centro dell’antica Kiev ha raggiunto, com’è noto, le genti di una vastissima area geografica.
2. Anche le comunità stabilitesi in seguito nei giovani Paesi d’oltre oceano non hanno rinunciato al legame spirituale con la loro cultura d’origine.
Al contrario, nella fedeltà alla loro storia religiosa esse hanno visto la possibilità di offrire un contributo originale e creativo allo sviluppo culturale dei loro nuovi Paesi. Per queste ragioni può ben dirsi che il Battesimo di san Vladimir, mille anni dopo, esercita il proprio influsso anche al di là dei territori e dei popoli a cui appartiene in modo speciale. Voi senza dubbio, illustri signori, rappresentate una pluralità di sguardi sul medesimo oggetto; e non soltanto per i diversi interessi o le varie metodologie all’interno della scienza storica.
Tra di voi vi è chi si accosta agli eventi del Battesimo di Kiev con lo sguardo del credente, scorgendovi quel dono supremo nel quale, in Cristo, viene offerta all’uomo la possibilità di un radicale rinnovamento della vita in tutte le sue dimensioni costitutive.
Vi è anche lo sguardo di chi medita sul passato al di fuori dell’orizzonte della fede cristiana. Egli, con l’onestà intellettuale richiesta ad ogni studioso, credente o no, saprà constatare - tra le intricate complessità di tutto ciò che riguarda la storia - la fecondità di un avvenimento che non si presta, come del resto ogni fenomeno religioso, ad essere completamente risolto in categorie ad esso estranee.
3. In uno dei documenti con i quali ho inteso attirare l’attenzione dei fedeli cattolici sul millennio della conversione della Russia ho voluto ricordare, tra l’altro, come “le parole "culto" e "cultura" hanno la stessa radice” e come “anche tra gli slavi d’oriente il culto cristiano ha suscitato uno straordinario sviluppo della cultura in tutte le sue forme” (Euntes in Mundum, 8).
I credenti in Cristo, è chiaro, non hanno potuto accostarsi a questa memoria giubilare senza far spazio alla preghiera di lode e di ringraziamento. Per questa ragione la Chiesa sorella del Patriarcato di Mosca ha voluto accanto a sé, nei momenti centrali del rendimento di grazie, l’intero mondo cristiano. Con grande gioia e vivissima partecipazione spirituale la Chiesa cattolica è stata rappresentata da una numerosa delegazione, guidata dal mio Segretario di Stato.
Per la medesima ragione i figli di san Vladimir della Chiesa di Kiev, che si riconoscono in piena comunione col successore di Pietro, hanno voluto celebrare la ricorrenza insieme con me, nella Basilica di San Pietro.
Il fatto linguistico che “culto” e “cultura” abbiano la stessa radice è traccia di una fondamentale verità: il culto rappresenta la forma primordiale e sorgiva della cultura. Sono sicuro che voi, con gli strumenti della vostra scienza, nel vostro “Bilancio del Millennio” non avete mancato di rendere testimonianza a questa verità.
4. Il problema centrale della nostra civiltà planetaria è eminentemente culturale: si avverte il bisogno di un equilibrio spirituale dei popoli, grazie al quale controllare le forze immense liberate dal progresso tecnologico degli ultimi decenni.
Un tale equilibrio, se ricercato in un fondamentale vuoto di cultura, conduce a quelle forme di miseria, inevitabilmente correlate, che ho chiamato la miseria del sovrasviluppo e quella del sottosviluppo. La memoria del passato, coltivata con metodo e coinvolgimento personale, da veri uomini di scienza, significa molto di più di un puro esercizio accademico. Serve per progettare. il futuro. È in gioco quella cultura nuova, che intuiamo in gestazione specialmente quando ci immergiamo nella considerazione del passato. Essa richiede frontiere aperte alla circolazione dello spirito, ancor prima che delle merci. Ma soprattutto richiede una rinnovata attenzione al mistero del culto, del quale occorre saper finalmente comprendere, al di là delle letture riduttive proprie delle ideologie degli ultimi secoli, l’inesauribile ricchezza come principale e fondamentale sorgente di significato e di rinnovamento.
Alla luce di questi pensieri, la memoria del Battesimo dell’antica Rus’ sul quale, specialmente nel corso di quest’anno, ci siamo così a lungo trattenuti, ci conduce a rivolgere lo sguardo verso l’alba del prossimo millennio.
Faccia Dio che esso arrechi all’umanità e in particolar modo ai popoli in cui rivive il patrimonio spirituale della Rus’ di Kiev, pace e prosperità nel contesto di un umanesimo sempre più aperto ai perenni valori del Vangelo di Cristo.
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