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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA PONTIFICIA
COMMISSIONE
«IUSTITIA ET PAX» E AL COLLOQUIO SUL TEMA
«LA CHIESA E I DIRITTI DELL’UOMO»

Martedì, 15 novembre 1988

 

Signori Cardinali,
cari fratelli nell’episcopato,
signore e signori.

1. Nel corso del colloquio di questi giorni sul tema “La Chiesa e i diritti dell’uomo”, voi avete desiderato incontrare il Vescovo di Roma. Con piacere ricevo oggi e ringrazio il Cardinale Roger Etchegaray di aver richiamato in apertura lo spirito che anima i vostri incontri. I vostri lavori riguardano un tema particolarmente attuale in diverse regioni del mondo. Trattandosi di diritti il cui libero esercizio condiziona la pace, nel rispetto della dignità della persona umana, la Chiesa continua ad esserne preoccupata e a contribuire in modo positivo alla loro difesa. L’esistenza stessa della Pontificia Commissione “Iustitia et Pax” tra i dicasteri della Santa Sede ne è un segno eloquente. Desidero esprimere la mia soddisfazione per l’iniziativa messa in atto dalla commissione, e ringrazio tutte le personalità che hanno aderito all’invito e hanno portato all’incontro il contributo della loro esperienza e competenza negli organismi internazionali direttamente impegnati nella difesa dei diritti dell’uomo. La presenza, accanto ai membri della Pontificia Commissione, di pastori, teologi, filosofi, giuristi e rappresentanti di organizzazioni ecclesiali specifiche, provenienti da diverse parti del mondo, dà alle vostre ricerche l’ampiezza di vedute che il tema scelto richiede.

2. Due importanti anniversari hanno ispirato l’iniziativa del vostro colloquio. Sono lieto che partecipiate alla loro celebrazione approfondendone il significato. In effetti, il Papa Giovanni XXIII ha pubblicato, venticinque anni fa, l’enciclica Pacem in Terris. E quarant’anni fa, l’ONU ha proclamato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo. I due avvenimenti, come ben sapete, hanno tra loro un rapporto.

Il mio predecessore, Giovanni XXIII, inaugurando i lavori del Concilio Vaticano II, ha voluto dire al mondo, in un ultimo sforzo di zelo pastorale, l’urgenza di costruire la pace su solide fondamenta umane ed il desiderio della Chiesa di partecipare a questo lavoro che riguarda tutta l’umanità. Egli lanciava questo appello in un momento di grandi tensioni internazionali: lo sviluppo degli armamenti nucleari dava ad alcune crisi una gravità che minacciava tutto il mondo. Nello stesso tempo, numerose nazioni giungevano all’indipendenza, la crescita economica sembrava ricca di promesse senza limiti. E tuttavia la disuguaglianza nella distribuzione dei beni restava forte. La divisione tra Est ed Ovest si irrigidiva. Gli spiriti erano divisi tra l’ottimismo provocato dallo sviluppo inaudito dei mezzi tecnici ed economici e la paura di conflitti catastrofici, a meno di vent’anni dalla seconda guerra mondiale.

3. Con un insegnamento chiaro e convincente, il Papa diceva a tutti “gli uomini di buona volontà” che era necessario fare la pace, e che non si poteva farlo senza il rispetto dei diritti dell’uomo, nella verità, la giustizia, la carità, la libertà. Egli accoglieva come segno positivo lo sforzo di intenti che aveva portato alla fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo. Esprimeva l’accordo della Chiesa con l’essenza del documento, che voleva essere un autentico patto a favore di tutti gli uomini, a cominciare dai più indifesi e minacciati. Le Nazioni Unite avevano dichiarato esplicitamente che “il mancato riconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno condotto ad azioni di barbarie che ripugnano alla coscienza dell’umanità” (“Déclaration universelle des Droits de l’Homme”, Préambule). Si era voluto reagire alla degradazione dell’uomo, al disprezzo della sua libertà e coscienza, che avevano in tempi recenti portato alle peggiori sventure.

Giovanni XXIII, riprendendo le grandi ispirazioni di Leone XIII e gli appelli dei Papi durante i due grandi conflitti mondiali ha presentato una notevole sintesi dei fondamenti e le condizioni della pace, che ha ricevuto un’ottima accoglienza anche al di fuori dell’ambito cattolico. Il Concilio Vaticano II ha continuato questa analisi, per meglio esprimere le preoccupazioni e il compito della Chiesa nel mondo contemporaneo. Le vie così aperte hanno permesso ai cristiani di approfondire il loro dialogo con quanti cercavano di consolidare la pace nel rispetto delle aspirazioni essenziali dell’uomo.

4. A un quarto di secolo dal messaggio di Giovanni XXIII e del Vaticano II, così approfondito da Paolo VI, la vostra riflessione sarà utile per fare il punto e chiarire con sempre maggior forza un insegnamento di cui la Chiesa sente l’urgenza. La Santa Sede si è spesso pronunciata sul tema dei diritti dell’uomo, sia attraverso il suo specifico magistero che nelle assise internazionali; io stesso ho avuto occasione di farlo in diverse circostanze, come all’ONU a New York e, qualche settimana fa, davanti alla Corte e alla Commissione Europee dei Diritti dell’uomo a Strasburgo. L’accoglienza riservata alla riflessione cristiana sui diritti dell’uomo costituisce un segno evidente dello spazio considerevole accordato alla difesa di questi diritti da parte delle organizzazioni internazionali e degli stati. Ma sappiamo bene che c’è ancora tanta strada da fare.

Nel corso di quest’incontro, per necessità breve, non toccherò tutti i temi da voi affrontati nel corso del vostro colloquio. Desidero tuttavia sottolineare il carattere universale dei diritti dell’uomo - come testimonia la varietà dei partecipanti qui riuniti - e il loro significato spirituale. Da un continente all’altro, da un ambito culturale all’altro, si prende coscienza di questo prezioso bene comune che è, in fondo, l’uomo stesso. L’essere umano è tale in quanto capace di libertà; in virtù della comune natura di tutti gli uomini, ogni società e ogni gruppo può creare le condizioni per l’esercizio di quel diritto fondamentale che chiamiamo libertà religiosa. Essi ne hanno il dovere, perché la grandezza dell’uomo viene dall’amore di cui Dio, suo Creatore, l’ha circondato facendone “l’artefice della sua riuscita o del suo fallimento” (Pauli VI Populorum Progressio, 15). La Chiesa considera parte essenziale della sua missione il proclamare la dignità dell’uomo creato a immagine di Dio, amato da Dio al punto di essere salvato attraverso Cristo. Ecco perché i cristiani devono lavorare senza tregua per restaurare la dignità che l’uomo ha ricevuto dal Creatore e devono unire le loro forze con quelle degli altri per difenderla e promuoverla.

5. Così parlando, il mio pensiero va a quegli uomini, ancora così numerosi, la cui coscienza non è ancora veramente libera di esprimersi, che aderiscono dal profondo alle più alte verità ma si vedono impediti di condividere le loro convinzioni con gli altri, di alimentarle e trasmetterle liberamente ai propri figli, di rendere in comune il culto pubblico a Dio. Desidero esprimere la sollecitudine fraterna del Papa e della Chiesa verso coloro che soffrono per la propria fede fino alle più gravi persecuzioni. Nel mondo di oggi, ci sono testimoni eroici della fede che ci ricordano, con un impegno senza riserve della loro persona, il prezzo della libertà religiosa. La loro testimonianza ci invita a comprendere quanto questa libertà di figli di Dio sia essenziale affinché sia salva la loro dignità, che è soprattutto di ordine spirituale. Non tocca forse a coloro che godono della libertà religiosa di mettere in risalto il carattere primario di tale diritto? Perché è nostra ferma convinzione che senza tale diritto di aderire ai valori spirituali e di esprimerli nella comunità, la stessa persona umana è in pericolo.

6. Nel corso di questi ultimi decenni, è fortunatamente aumentata l’attenzione rivolta ai diritti dell’uomo. Sono stati meglio precisati. Sono diventati in un certo senso un criterio per valutare la pertinenza delle decisioni dei governi o il sano fondamento degli accordi tra nazioni. Si sono create importanti istituzioni per garantire i diritti degli individui e anche delle comunità, sempre meglio riconosciuti. La Chiesa prende atto con soddisfazione di questo vasto movimento, pur sapendo che i limiti di questi sforzi si sentono ancora dolorosamente in molte zone e all’interno stesso di società che si potrebbero credere immuni da ogni genere di violenza alle persone.

Molti cristiani lavorano per la difesa dei diritti dell’uomo, spesso riuniti in associazioni volontarie ed efficienti, sostenuti dall’insegnamento della Chiesa e dall’appoggio dei pastori. Nello stesso spirito, voi avete dedicato una parte dei vostri lavori alla pastorale dei diritti dell’uomo. Desidero incoraggiare insieme a voi coloro che si impegnano in questa forma di servizio. La loro riflessione aiuta a meglio formare i giovani e gli adulti in una concezione equilibrata dei diritti dell’uomo; mette in luce i meccanismi della vita sociale e politica. La loro attività permette spesso di dare un sostegno fraterno a persone private dei diritti vitali, rendendo operativo un amore fraterno evangelico ben capace di superare le frontiere. Questo tipo d’impegno favorisce anche una collaborazione ecumenica e un dialogo costruttivo tra persone e gruppi di diversa fede ma disposti a collaborare per la promozione della dignità umana là dove è minacciata.

Auspico che questa pastorale, animata dai Vescovi e da quanti da loro delegati, applichi concretamente, nella carità, l’insegnamento dell’enciclica Pacem in Terris e del Concilio Vaticano II, insieme ai principi universalmente riconosciuti dopo la Dichiarazione del 1948. Mi auguro che non si tratti di iniziative riservate a gruppi specifici, ma di una preoccupazione comune e solidale di tutti.

Invoco su di voi la benedizione di Dio e prego per gli uomini e le donne del mondo che soffrono offesa alla loro dignità.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 



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