DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE
DELL’ORDINE OSPEDALIERO DI SAN GIOVANNI DI DIO
Venerdì, 25 novembre 1988
Carissimi fratelli.
1. Il mio animo si apre al più cordiale saluto nell’accogliere voi, rappresentanti dell’Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio, in questa breve pausa dei lavori del vostro Capitolo generale, che si svolge in un momento importante per la storia della sanità nel mondo in cui viviamo.
Ringrazio il vostro nuovo priore generale fratel Brian O’ Donnell, per le parole tanto significative, con le quali ha introdotto questo incontro, augurandogli ogni successo nell’espletamento del delicato incarico, a cui è stato chiamato.
Vi auguro che possiate ricavare abbondanti frutti spirituali dai vostri incontri per il bene dell’intera vostra Congregazione, sorta per dare gloria a Dio nel servizio dei fratelli ammalati. Si sa, ogni Capitolo generale è sempre un avvenimento di grande importanza, perché non solo permette di dare uno sguardo sull’andamento complessivo della vita religiosa secondo il proprio carisma di fondazione, ma serve a destare nuovo fervore spirituale e una dedizione più generosa al proprio ideale. Per voi appartenenti al benemerito Ordine, detto popolarmente e significativamente “Fatebenefratelli”, si tratta soprattutto di interiorizzare il senso dell’ospitalità cristiana, che ognuno di voi professa con voto particolare nella Chiesa. È quanto prescrivono le vostre costituzioni là dove raccomandano uno specifico impegno “a difendere e vegliare sui diritti della persona a nascere, a vivere decorosamente, a essere assistita nelle infermità e a morire con dignità”, perché “appaia con chiarezza in ogni momento che il centro di interesse è la persona bisognosa o ammalata” (“Constit.”, 23).
2. Grandi compiti perciò vi aspettano, cari fratelli, e la Chiesa vi domanda di assolverli nello spirito delle parole del Signore: “Ogni volta che voi avete fatto questo ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 31-40). È in queste parole che deve trovare fondamento la vostra concezione del “servizio”.
Il Concilio, particolarmente nella prima parte della Gaudium et Spes, ha ampiamente sottolineato l’importanza e la dignità del servizio verso gli ammalati. Una teologia del servizio è proponibile nella misura in cui la Chiesa si presenta come una società di discepoli del Cristo che si qualificano e si distinguono per l’aiuto e l’amore vicendevoli.
Nella complessa società contemporanea, dovete compiere la ricerca di un modello di “teologia del servizio” quasi distaccandovi, se necessario, dalle vecchie abitudini, come per un coraggioso salto che vi porti all’invenzione di qualcosa di nuovo. Siete chiamati a ripensare in maniera sempre più rispondente ai tempi la relazione fondamentale tra la fede cristiana e le forme del servizio caritatevole.
Il vostro modo di testimoniare la fede sarà tanto più efficace quanto più si fonderà sulla capacità di uscire da sé per aprirsi alla sofferenza, alla povertà e al bisogno degli altri.
Soltanto in questa apertura avrà ragion d’essere il vostro servizio mirante più al concreto aiuto altrui che non ad un formale progetto di intervento. Penso che non si possa più scindere la riflessione teologica dalla organizzazione pratica del servizio.
Così i malati, i sofferenti e i bisognosi che sono talora per alcuni motivo di disturbo, e quasi di ostacolo, diventano per chi ha fede le persone più care, perché segni viventi della presenza di Dio. Fare posto all’altro, esercitare il carisma dell’ospitalità significherà, in certo qual senso, far posto al Cristo e farlo vivere con voi e in voi.
3. La vostra comunità di fratelli a servizio dei malati si realizza pienamente nella diaconia evangelica che deve sempre animare la vostra vita. Su questa si fonda anche la testimonianza verso i vostri collaboratori laici che dall’ospitalità esercitata come professione possono arrivare al servizio concepito come espressione di amore e di solidarietà cristiana.
Le vostre comunità possono e devono aspirare a costruire quello “spazio sociale” di cui hanno bisogno i nuovi ammalati ai quali non bastano più le grandi tecnologie e non servono più le grosse istituzioni. Penso, per esempio, ai malati di Aids ed ai pazienti oncologici, ovvero ai servizi psichiatrici.
Le vostre comunità devono diventare il punto di riferimento per la salvaguardia dei diritti della persona umana e del rispetto delle libertà individuali. La vostra attività al servizio dei più bisognosi vi ispiri soprattutto una pratica di fede essenziale e rivolta all’unica cosa necessaria, di cui parla Gesù e che è il Regno di Dio, in attesa che il resto vi venga dato in sovrappiù (Mt 6, 33).
Gli uomini che soffrono e verso i quali esercitate la vostra “compassione” hanno molto da insegnarvi per trasformare la vostra esistenza di religiosi: il malato sia la vostra università!
Testimonierete effettivamente la vostra identità di frati ospedalieri di san Giovanni di Dio se saprete basare qualsiasi programmazione sui bisogni realmente esistenti; se accetterete di preferire chi soffre; se vi guarderete dal confidare unicamente nelle proprie opinioni individuali che non sono in perfetta armonia col carisma originario, che ha suscitato tra le vostre file nobili figure di veri servitori dei malati, e i cui nomi restano davvero in benedizione.
Non posso dimenticare che in questo ideale di servizio, imitando la generosità del vostro fondatore, voi state cercando di portare il vostro modello di ospitalità cristiana anche nei Paesi in via di sviluppo.
Non trascurate le loro culture, impegnatevi nell’ascolto dei loro bisogni reali, portate a tutti, al di là delle differenze etniche, la medesima testimonianza di Cristo morto e risorto.
La Chiesa così potrà nascere, crescere e coesistere anche là dove sono altre religioni ed altri modelli di vita.
Con questa consegna di amore e di solidarietà verso i fratelli più deboli, formulo i migliori voti per una fruttuosa continuazione dei lavori del vostro Capitolo generale, affinché dalle vostre sagge deliberazioni l’intero Ordine attinga il necessario impulso per proseguire nella sua via tanto luminosa e tanto benemerita.
Benedico di cuore voi e tutta la famiglia religiosa.
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