DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DELLA CEI SUL TEMA
«LA VITA SPIRITUALE DEL PRESBITERO DIOCESANO OGGI»
Venerdì, 27 gennaio 1989
1. Carissimi sacerdoti, partecipanti al convegno su “La vita spirituale del presbitero diocesano oggi: problemi e prospettive”.
Sono profondamente lieto di salutarvi e di accogliervi, insieme con i Vescovi, membri della commissione per il clero della Conferenza Episcopale Italiana.
Una ricerca sulla vita spirituale del presbiterio diocesano, carissimi, non può non ricevere il mio consenso e la mia benedizione, non solo perché è un adempimento del Concilio Vaticano II (cf. Lumen Gentium, V), ma anche per il legame che esiste fra il Papa e i presbìteri a motivo del sacramento dell’Ordine nei suoi vari gradi, e, conseguentemente, del ministero pastorale, che per vari aspetti ci accomuna. Impegnati ad approfondire la spiritualità del presbitero, in realtà voi state lavorando non solo per i presbìteri, ma anche per i Vescovi e anche per il Papa - egli pure Vescovo -, in forza della speciale comunione istituita dal sacramento dell’Ordine.
2. La radice della vita spirituale del presbitero viene da questo sacramento, quindi da Gesù Cristo stesso. I sacramenti infatti sono atti di Gesù Cristo prima ancora che atti della Chiesa, come ben si è espressa la Conferenza Episcopale Italiana nel suo recente documento: “Comunione, comunità e disciplina ecclesiale”, quando ha ricordato che “nel campo sacramentale . . . la Chiesa è consapevole di non essere padrona e arbitra delle azioni salvifiche di Cristo, al contrario, in qualità di sposa, è tenuta ad attuarle come il Signore le ha volute” (C. E. I., Comunione, comunità e disciplina ecclesiale, n. 73).
Sarebbe riduttivo riconoscere la volontà di Gesù Cristo solo nel momento celebrativo del sacramento. In realtà essa si estende a comprendere le finalità e coerentemente le linee di azione, per le quali il sacramento è stato istituito. Così la vita spirituale del presbitero nasce dal sacramento dell’Ordine, il quale non dà soltanto origine al ministero presbiterale, ma gli dà anche la “forma” nelle sue linee essenziali e fondanti. Ne discende come logica conseguenza che la vita spirituale del presbitero dovrà e potrà crescere precisamente grazie all’impegno di riconoscere e realizzare fedelmente la “forma” del ministero voluta da Cristo.
3. Questa è la “grazia” che il presbitero riceve dal sacramento dell’Ordine. Non una grazia facile, che garantisca il successo sostituendosi all’impegno del ministero - una tale grazia non sarebbe grazia ed è perciò ignota alla dottrina cattolica -; ma una grazia forte, esigente, in cui si fonda la “vocazione e mozione” all’impegno del ministero: impegno a comprendere e a vivere tale ministero, prima ancora che a svolgerlo. Per questo il ministero presbiterale esige una continua riflessione che il vostro convegno, nella scia dei precedenti, vuole sostenere e orientare.
La riflessione deve continuare anche dopo il convegno e ciascuno deve portarla avanti personalmente. C’è un aspetto del ministero presbiterale che può essere riconosciuto solo nella meditazione personale. La meditazione del cristiano, di qualsiasi ordine e stato, è sempre, in ultima analisi, orientata dalla verità fondamentale della fede, cioè che noi uomini siamo salvi grazie a Gesù Cristo. Il presbitero, chiamato e inviato dalla grazia specifica del suo ministero ad annunciare il Vangelo, come testimone particolarmente qualificato, non può non godere, nella propria esperienza e vicenda personale, della gioia della salvezza. Questo dono, che tutti i cristiani sperimentano e tutti gli uomini invocano, il presbitero, proprio in forza del suo ministero, lo ha costantemente presente; esso costituisce per lui il pensiero dominante e quindi la fonte di una gioia profonda e costante, quella di essere e di sapersi salvato. Questa gioia non possiamo tenerla soltanto per noi; siamo “ministerialmente” mandati a portarla anche agli altri, a tutti. Quanto gli uomini di oggi lo desiderano! Quanto ne hanno bisogno: tanto più, forse, quanto meno lo sanno.
4. Così anzitutto nella gioia della salvezza, coltivata nella meditazione e fattasi preghiera di ringraziamento, riconosciamo la grandezza del nostro ministero. Questa deve però essere riconosciuta anche negli altri aspetti del ministero, grazie ad un costante impegno di approfondimento nello studio, nella meditazione, nella preghiera.
Certo voi, nella grande maggioranza, non siete dei teologi; siete preti - come si suol dire - “in cura d’anime”. Ma proprio a voi è necessario raccomandare lo studio del ministero, perché possiate viverlo meglio. Succede - per quanto può essere lecito il paragone - in tutte le professioni: se non ci si aggiorna - e l’aggiornamento non può venire solo dalla pratica, ma dalla riflessione e dallo studio -, se non ci si tiene al corrente, si resta indietro; e, se si resta indietro, si diventa inidonei al proprio compito, e fatalmente ne subentra la disaffezione. Un prete disaffezionato dal proprio ministero, un prete demotivato è triste per suo conto, ed è motivo di tristezza per gli altri.
5. Questo lavoro di “aggiornamento” culturale e spirituale, favorito dalla “formazione permanente”, sulla quale si intratterrà il prossimo Sinodo dei Vescovi, si impone tanto più oggi in quanto viviamo in un tempo proiettato verso il futuro.
La società sta subendo cambiamenti rapidi e profondi, che non passano al lato della Chiesa, ma in un certo senso la coinvolgono perché la Chiesa, che non è “del mondo”, vive però “nel mondo”. Essa stessa è proiettata verso il futuro. Dovendo accompagnare gli uomini perché non si smarriscano, deve stare al loro fianco, anzi camminare davanti a loro. Non è dato alla Chiesa di scegliere il tempo in cui vive; essa deve vivere in ogni tempo e in ogni tempo annunciare il Vangelo della salvezza.
Per voi presbìteri l’annuncio del Vangelo è il ministero di tutti i giorni, nella molteplicità delle sue funzioni e dei suoi atti, che non devono mai ridursi a una “routine” annoiata, ma sempre di nuovo rinnovarsi, perché in essi è sempre di nuovo annunciata la novità della salvezza. L’azione salvifica di Gesù Cristo, posta “una volta per sempre” e quindi sempre identica nei secoli passa attraverso il vostro ministero: essa deve suggerirvi le parole chiare e i gesti significativi per giungere agli uomini, piegando voi stessi docilmente alle esigenze del Vangelo. In questo modo il presbitero e il suo popolo si salvano e si santificano insieme. Quanta intelligenza e quanto amore e quanta virtù esige l’esercizio corretto del ministero presbiterale! Ma insieme, di quanta grazia, di quanta carità veramente pastorale è fonte il ministero presbiterale!
6. Perché esso sia fruttuoso, dovete viverlo - come raccomanda il decreto conciliare Presbyterorum Ordinis (Presbyterorum Ordinis, 14) - nell’unità del presbiterio e nella comunione col vostro Vescovo. Non siete soli a disegnare il volto della Chiesa; con voi, col presbiterio, ci sono tutti i religiosi e tutti i laici, pietre vive anch’esse della Chiesa particolare. Ma poiché i Vescovi sono i successori degli apostoli, che sono il fondamento della Chiesa, allora anche i presbìteri, i quali costituiscono un unico presbiterio col Vescovo, e di lui sono i più diretti collaboratori, sono in qualche modo pietre fondamentali della Chiesa, pietre di appoggio e di sostegno per tutte le pietre vive della Chiesa. Si palesa così che l’autorità presbiterale è in realtà servizio, “amoris officium”, come dice sant’Agostino (In Io 123,5), e che il servizio presbiterale deve essere dedizione piena e incondizionata, aperta a tutti, così che nessuno possa sentirsi escluso.
7. Cari fratelli nell’unico sacerdozio di Gesù Cristo, Buon Pastore, rinnovati ogni giorno dalla celebrazione eucaristica che vi chiama a ripetere, non solo nel gesto rituale, ma nella realtà degli uomini, siate sicuri di non essere soli. Cristo è con voi, ha bisogno di voi, vi sostiene, riempie la vostra vita. La vita del prete è bella, proprio per questa indissolubile unione con Cristo, per questa continua interazione sacramentale e vitale tra lui e voi. In questo cammino vi accompagna, circondandovi col suo affetto materno, Maria santissima, madre di Gesù, madre della Chiesa, madre dei sacerdoti, affinché siate veramente tutti di Cristo.
In segno di profondo affetto e come stimolo alla fiducia nel compito che il Signore vi affida, vi imparto, propiziatrice di grazia, la mia apostolica benedizione.
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