DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA TURCHIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Venerdì, 31 marzo 1989
Caro Presidente della Conferenza Episcopale di Turchia, cari fratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio.
1. Gli incontri con i Pastori delle Chiese particolari in visita “ad limina Apostolorum” sono una grazia sempre nuova per il Vescovo di Roma. Questi contatti diretti con i membri del Collegio Episcopale gli consentono di conoscerli meglio, con le loro gioie e le loro preoccupazioni, e di testimoniare loro la sua affezione fraterna. La mia missione consiste, in effetti, nel confermarvi nella fede, voi che “lo Spirito Santo ha posto come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio” (At 20, 28). Ed è la prima volta che vi ricevo dalla costituzione della vostra Conferenza Episcopale di Turchia.
2. I vostri rapporti quinquennali mi hanno fatto compiere, in qualche modo, un pellegrinaggio fraterno e orante nelle vostre diocesi di rito latino, armeno, caldeo, bizantino e siro-cattolico. Pellegrinaggio più ampio della mia visita del 29 e 30 novembre 1979, che toccò soltanto Ankara, Istanbul ed Efeso. Leggendo e meditando i vostri rapporti, il ricordo della prima “implantatio” del cristianesimo nella vostra terra ha colmato il mio spirito. Con voi ho ripensato all’apostolo Giovanni, autore del messaggio profetico alle sette Chiese dell’Asia Minore. Ho pensato anche a Paolo, di Tarso in Cilicia: egli ha percorso in lungo e in largo la Turchia attuale per annunciarvi il Vangelo! Anche gli Atti degli Apostoli manifestano eloquentemente l’importanza della comunità di Antiochia, l’Ankara di oggi, dove Pietro ha svolto un grande ruolo, dove i discepoli di Cristo per la prima volta hanno ricevuto il nome di “cristiani”. E come dimenticare le nobili figure di Policarpo e Ignazio, e quelle dei padri di Cappadocia, Gregorio, Basilio e Giovanni Crisostomo?
Questa contemplazione non mi allontana dal presente, dalla situazione modesta che vivete concretamente. Ma piuttosto di attardarci su questa realtà di fatto, che ciascuno di voi conosce perfettamente, offriamo insieme queste sofferenze e queste preoccupazioni nella fede e nella speranza, secondo l’esempio dell’apostolo Paolo. Le sue osservazioni, per esempio nella seconda lettera ai Corinzi, sono spesso in sintonia con le situazioni quotidiane da voi vissute.
3. In questo momento che costituisce l’apice della vostra visita “ad limina”, mi pare incoraggiante ascoltare di nuovo alcune parole del Concilio Vaticano II, nel decreto Christus Dominus: “Nell’esercizio del loro ufficio di padri e di pastori, i Vescovi in mezzo ai loro fedeli si comportino come coloro che prestano servizio; come buoni pastori che conoscono le loro pecorelle e sono da esse conosciuti; come veri padri che eccellono per il loro spirito di carità e di zelo verso tutti . . . Raccolgano intorno a sé l’intera famiglia del loro gregge, e diano ad essa una tale formazione che tutti, consapevoli dei loro doveri, vivano ed operino in comunione di carità” (Christus Dominus, 16). Voi tendete a questo ideale (i vostri rapporti sottolineano il fatto che voi vivete vicino ai vostri sacerdoti e fedeli), che trova la sua origine nel sacramento dell’Ordine, nella vostra vita spirituale personale, ma anche negli incontri fraterni fra Pastori di diversi riti. L’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, ovunque complessa, ha spinto i padri del Concilio Vaticano II a dare nuovo impulso alla collegialità episcopale, vissuta ai tempi degli apostoli e, successivamente, soprattutto attraverso i Sinodi provinciali.
Certo la vostra Conferenza Episcopale è nuova e piccola. Tuttavia, essa può e deve avanzare per la sua strada, che è davvero difficile. Essa procederà nella misura in cui ciascuno dei suoi membri porterà il suo contributo di fiducia, di esperienza e di saggezza, con una conoscenza oggettiva dei problemi da affrontare e delle proposte risolutive attentamente ponderate. Sono profondamente convinto che l’avvenire e la vitalità delle vostre Chiese particolari dipendono dal cammino della Conferenza Episcopale. Essa costituisce una grazia da far fruttificare, per scongiurare l’abbattimento umanamente possibile di fronte alle difficoltà incontrate e anche di fronte a certe sconfitte, umilmente ricordate da taluni di voi. Vedete, cari fratelli, occorre dare alla vostra Conferenza tutto il suo dinamismo dopo gli anni della costituzione. La regolarità e la preparazione approfondita delle assemblee, il loro vivace svolgimento sono elementi di primaria importanza. É anche possibile, almeno di tanto in tanto, farvi partecipare degli esperti su alcune questioni dottrinali o pastorali, per aiutarvi a lavorare sui problemi più importanti posti dalla vostra missione di maestri della fede e guide del popolo cristiano, che devono orientare i fedeli nelle realtà temporali della famiglia, dell’educazione, della vita socio-professionale, spesso in modo controcorrente rispetto al mondo circostante. Aggiungerei ancora che l’unità viva della vostra Conferenza Episcopale - che genera una corresponsabilità benefica al vostro livello di Pastori e un dinamismo apostolico per i vostri sacerdoti, religiosi e fedeli - può darvi anche un maggior credito nelle vostre relazioni con le autorità civili del Paese. Penso in particolare al problema delicato, non ancora risolto, dell’esenzione dai corsi di religione coranica per i bambini delle famiglie cattoliche che frequentano le scuole statali, sull’esempio della dispensa accordata ai giovani musulmani iscritti nelle scuole cattoliche. Il rispetto della libertà religiosa non dovrebbe restare un principio privo di applicazione concreta.
4. I vostri rapporti quinquennali, pur sottolineando con pena il continuo esodo di molti delle vostre comunità verso paesi esteri, soprattutto in Europa, segnalano che la maggioranza dei vostri fedeli, soprattutto nelle feste e nei momenti più significativi dell’anno liturgico, riempiono le vostre chiese. Voi auspicate tuttavia che la loro partecipazione alla santa liturgia sia più attiva. Ho notato anche la vostra viva preoccupazione per l’insegnamento della religione ai bambini e agli adolescenti. Su questi due punti desidero esprimervi un caldo incoraggiamento. La costituzione Sacrosanctum Concilium afferma che “la Chiesa considera su una stessa base di diritto e di onore tutti i riti legittimamente riconosciuti . . . vuole che essi siano conservati e in ogni modo incrementati, e desidera che, ove sia necessario, . . . venga loro dato nuovo vigore come richiedono le circostanze e le necessità del nostro tempo” (Sacrosanctum Concilium, 4).
In tempi in cui le lingue letterarie hanno scarsa risonanza nello spirito e nel cuore dei fedeli, in linea di massima, l’uso ragionevole delle lingue correnti aiuta molto il popolo cristiano ad acquisire i tesori della liturgia e a viverli concretamente. La stessa costituzione conciliare ribadisce che “i Pastori d’anime devono vigilare attentamente che nell’azione liturgica non solo siano osservate le leggi che ne assicurano la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente” (Sacrosanctum Concilium, 11). Sapete bene che il culto dignitosamente presieduto dai ministri ordinati, in cui il popolo, pazientemente e ben formato, svolge il suo ruolo, attrae i giovani e gli adulti. La posta in gioco è fondamentale, perché i “Christifideles” hanno bisogno, attraverso una liturgia viva e degna, di entrare in contatto con la Parola del Signore per ricevere i frutti della sua Passione e della sua Risurrezione.
5. Condivido la vostra grande preoccupazione per la formazione religiosa dei giovani e degli adolescenti delle vostre comunità. Ho letto che vi trovate di fronte a un problema di difficoltà di orario, una certa apatia delle famiglie, lo scarso numero dei catechisti. Per un nuovo tentativo di armonizzazione dei diversi riti, deve essere possibile trovare nuovi catechisti e formarli, rivedendo magari il contenuto e il metodo degli incontri con i giovani. Una catechesi sistematica, approfondita, in un linguaggio semplice e affascinante può forse coinvolgerli. Sottolineo anche che i catechisti non possono accontentarsi di trasmettere delle verità di fede; un clima di preghiera deve caratterizzare l’ora di catechesi ed essi devono trasmettere in tutta umiltà la loro propria esperienza spirituale.
Desidero esortarvi a sostenere - già lo fate - le vostre scuole cattoliche e i religiosi e le religiose che vi lavorano con uno zelo e una competenza encomiabili. Ho saputo con grande soddisfazione della recente costituzione di una federazione delle scuole cattoliche della Turchia. Auspico che, con il vostro appoggio, essa possa contribuire alla vitalità delle vostre scuole e collegi, favorendo gli incontri pedagogici ed educativi, sollecitando anche le comunità cristiane generose di altri paesi ad aiutare il bilancio gravoso di queste realtà educative. Ben diretti, questi istituti primari o secondari continueranno a dare ai giovani la volontà e il gusto di formarsi per fare della loro esistenza un servizio agli altri, un servizio buono. Non è forse tra questi studenti, qualunque sia la proporzione dei cattolici, che è possibile un risveglio della vocazione sacerdotale o religiosa? La tendenza attuale non è positiva, e voi ne soffrite. Non è forse pensabile di rovesciare questa tendenza, presentando ai giovani e alle loro famiglie il valore incommensurabile della donazione della propria vita a servizio di Dio e degli uomini? Voi desiderate riesaminare la questione del seminario San Luigi di Istanbul. Vi incoraggio vivamente. Ne verranno dei risultati. Vedo con gioia, un po’ dappertutto, che la tenacia e la speranza audace dei Pastori hanno prodotto frutti che fanno ben sperare. Le adunanze di giovani, i pellegrinaggi sono delle occasioni che favoriscono la fioritura delle vocazioni.
6. Infine, una parola sulla vostra pratica dell’ecumenismo. I risultati sono positivi e voi accompagnate i vostri fedeli con costanza perché, in una società a maggioranza non-cristiana, i discepoli di Gesù l’annuncino e lo celebrino il più fraternamente possibile. Egli sarà quindi meglio manifestato se le Chiese appariranno in accordo tra loro, nella loro diversità, accogliendo chi, in un modo o in un altro, bussa alla loro porta alla ricerca di amore, di verità e di speranza.
Per quanto riguarda il dialogo con l’Islam, si tratta di una realtà quotidiana per voi e per i vostri diocesani. Incoraggiate quanti si affidano alle vostre cure perché non abbiano paura di manifestare la loro fede, ad esempio di Gesù che non si è imposto, ma ha fatto di tutta la sua esistenza un annuncio chiaro dell’amore offerto dal Padre a tutti gli uomini. In questa esigente testimonianza, lasciatevi ispirare dall’esempio di tanti cristiani che, dagli albori del cristianesimo, hanno compiuto con coraggio il loro dovere: “noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4, 20).
So che le vostre comunità desiderano fermamente rispondere all’appello del Vangelo, tra l’altro, attraverso l’impegno di diverse realtà assistenziali che mostrano bene come la carità vera viene vissuta senza discriminazioni.
Nel caso, con dignità e fermezza, fate prevalere il rispetto della libertà religiosa verso i vostri fedeli, animati da uno spirito di pace e di giustizia, con lealtà nei confronti della società del loro paese.
Fratelli carissimi, vi ringrazio di cuore per la vostra visita al successore di Pietro. Auspico vivamente che i nostri incontri, insieme alle riunioni con i miei collaboratori, portino frutti abbondanti per la vostra Conferenza Episcopale e per ciascuna delle vostre diocesi. Mentre vi ripeto le parole di Cristo a Pietro e ai primi discepoli: “Andate al largo!”, invoco su ciascuno di voi e sul popolo a lui affidato le più copiose benedizioni divine.
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