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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLE FILIPPINE
IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 24 aprile 1990

 

Cari fratelli vescovi.

1. Nella gioia del Cristo risorto vi accolgo, membri della Conferenza Episcopale delle Filippine, in visita “ad limina”, e non vedo l’ora di incontrare, più in là, gli altri gruppi di vescovi del vostro amato Paese. Voi siete venuti nella città che preserva i “trophaea” degli apostoli Pietro e Paolo, la sede di Roma che è a capo nell’amore di tutte le Chiese, per manifestare la comunione che ci unisce nel Collegio dei successori degli apostoli. Questa comunione con il successore di Pietro è la garanzia della vostra appartenenza alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, essa suscita e dà forza alla vostra sollecitudine per il bene della Chiesa universale nell’unità della fede, nella disciplina e nell’amore per tutti i suoi membri, specialmente per i poveri e coloro che sono nel bisogno e nella persecuzione a causa della giustizia (cf. Lumen gentium, 23).

Tutta la Chiesa risplende della luce del mistero pasquale da poco celebrato. Nel Signore risorto noi riconosciamo “il primo pastore” che ci ha inviati a servire il gregge di Dio, che ci è affidato (cf. 1 Pt 5, 2-4). La certezza della vittoria finale di Cristo sul peccato e sulla morte ci ricolmi di gioia nell’esercizio del nostro ministero episcopale. Oggi affidiamo a lui i vostri sacerdoti, i religiosi e le religiose che cooperano al vostro apostolato, le persone che voi servite nel nome del Signore in ognuna delle vostre Chiese particolari. Vi prego di rassicurare tutti loro della mia profonda affezione in Cristo e delle mie preghiere per il loro progresso spirituale e temporale.

2. Fratelli: siete stati chiamati per pascere la Chiesa di Dio nelle Filippine in un tempo in cui sono state poste domande molto precise sulla fede e la fedeltà. Nelle vostre lettere pastorali degli ultimi anni, avete indicato e descritto alcuni dei problemi scottanti di fronte a cui sono la società e la Chiesa del vostro Paese. In molte occasioni avete levato una voce contro l’alto livello di violenza che miete tante vittime innocenti (cf. Lettera pastorale dei vescovi filippini “Solidarietà per la Pace”, 12 luglio 1988). Avete espresso la profonda preoccupazione per l’enorme povertà e per l’ineguaglianza che affligge la maggioranza del vostro popolo (“Aver sete di Giustizia”, 14 luglio 1987). Avete richiamato l’attenzione sui mali morali che sono diventati “di ordinaria amministrazione nella vita pubblica della (vostra) Nazione” (“Non rubare”, 11 gennaio 1989). Allo stesso tempo non avete mancato di esprimere la fiducia nella capacità del popolo filippino di affrontare queste sfide attingendo alle risorse spirituali della sua eredità cristiana. Avete chiesto una nuova solidarietà sociale. E voi intendete questa solidarietà nel modo in cui io l’ho descritta nell’enciclica Sollicitudo rei socialis (n. 39): “La solidarietà ci aiuta a vedere l’altro - persona, popolo o Nazione - non come uno strumento qualsiasi, per sfruttarne a basso costo la capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro “simile”, un “aiuto” (cf. Gen 2, 18. 20), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio. Di qui l’importanza di risvegliare la coscienza religiosa degli uomini e dei popoli”. Come ha affermato uno di voi: “La trasformazione della società filippina va oltre la capacità delle prescrizioni politiche ed economiche. Ma può essere raggiunta attraverso il coinvolgimento degli uomini (e delle donne) animati dalla visione e dal vigore generati dallo Spirito” (Discorso dell’arcivescovo Leonardo Legaspi, 29 gennaio 1990).

3. Vi incoraggio ardentemente, pastori del gregge di Cristo, nell’insistere su questo approccio. Qual è il vostro contributo specifico ai bisogni del vostro popolo? Qual è il “dono spirituale” (Rm 1, 11) che è stato dato a voi per il bene dei vostri fratelli e delle vostre sorelle? Non è nient’altro che il “Vangelo” di nostro Signore Gesù Cristo, che è “potenza di Dio per la salvezza”. Così, nel mezzo del santo popolo di Dio, il vescovo in maniera particolare è chiamato a incentrare la sua vita su Cristo, fonte di salvezza: è chiamato a ricercare l’amicizia di Cristo nella preghiera, a celebrare i sacri misteri con fecondità spirituale per se stesso e per il suo popolo, a comportarsi in modo tale che il suo esempio personale porti i suoi fratelli e le sue sorelle a una fede sempre più profonda, a una speranza e a un amore cristiani. L’essenziale grandezza del vostro ministero quindi risiede nel fatto che voi non presentate una dottrina umana, per quanto intelligente, ma la realtà vivente della Parola Incarnata, così che credendo tutti possano avere la vita nel suo nome (cf. Gv 20, 31). È questa “vita”, quindi, che dovrebbe risplendere nel comportamento personale e collettivo dei membri della Chiesa. Poiché, per la loro particolare sensibilità ai valori spirituali, i Filippini si aspettano che i loro vescovi, sacerdoti e religiosi riflettano quella pace interiore e quella nobiltà che viene dalla vicinanza a Dio. Proprio dalla vostra esperienza voi sapete che il ministero sacerdotale ed episcopale è alimentato dalla conversione personale (“metànoia”) e dall’instancabile tensione alla santità di vita.

4. Allo scopo di enfatizzare la grande necessità di trasmettere l’elemento essenziale della fede all’attuale generazione dei Filippini, voi avete proclamato il 1990 l’“Anno catechistico nazionale”, con lo scopo di provvedere a una catechesi più efficace, più estesa e continua nelle vostre comunità cattoliche. A questo riguardo è appropriato richiamare le parole della sessione straordinaria del Sinodo dei vescovi del 1985 (II, B, 2): “Oggi, in ogni luogo della terra, la trasmissione ai giovani della fede e dei valori morali derivanti dal Vangelo è in pericolo”. Vi siete sentiti ispirati a richiamare le vostre Chiese locali a questo particolare proposito nel campo della catechesi perché i bambini e i giovani, che costituiscono un’alta percentuale della popolazione filippina, spesso mancano dell’opportunità di ricevere un’educazione, compresa l’istruzione religiosa. Voi siete consapevoli anche della necessità di aiutare il vostro popolo ad applicare la loro fede religiosa alle realtà della vita in maniera più concreta. Un anno dedicato al tema della catechesi può ben servire ad attirare l’attenzione su questo aspetto essenziale della vita della Chiesa, mentre anche a lunga scadenza dev’esserci un profondo impegno da parte della Chiesa nelle Filippine per risollevare il livello della conoscenza e della cultura religiose. Soltanto in questo modo il messaggio del Vangelo può veramente penetrare e innalzare la società filippina.

Questa nuova e più profonda evangelizzazione richiede una direzione zelante ed esperta. Un vescovo ha una responsabilità personale nell’insegnare la fede della Chiesa. Lui stesso ha bisogno perciò di tempo per leggere, per studiare e per assimilare devotamente i contenuti della tradizione e del magistero della Chiesa. Molte richieste che richiedono tempo gravano su di voi nell’adempimento del vostro ruolo profetico, sacerdotale ed episcopale, e io sono pienamente consapevole della generosità con cui voi rispondete. A questo riguardo, la valutazione che gli apostoli hanno fatto della loro attività - “Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense” (At 6, 2) - serve come linea di condotta per i successori di tutti i tempi, ricordando loro che certi doveri fondamentali e le priorità maggiori devono essere perseguite con saggia determinazione. Gli impegni amministrativi e sociali, comunque inevitabili, devono essere armonizzati con i doveri fondamentali. I vescovi hanno bisogno di praticare una sussidiarietà che lasci ampio spazio alla cooperazione di sacerdoti e di laici qualificati in attività non strettamente legate al loro servizio pastorale.

5. Di speciale importanza per il futuro della Chiesa nelle vostre diocesi, nel vostro Paese, e in verità per la crescita della Chiesa in tutta l’Asia, è la questione dell’appropriata formazione dei vostri sacerdoti. In preparazione alla prossima sessione del Sinodo dei vescovi, vi siete incontrati nel gennaio scorso per discutere questo problema. Alcuni aspetti di questa realtà ecclesiale meritano un’ulteriore riflessione. Il primo è la necessità di enunciare una dottrina esatta e completa del sacerdozio cattolico. L’azione segue il pensiero, è quindi essenziale evitare di costruire programmi educativi su vedute parziali del sacramento dell’Ordine e del ministero dei sacerdoti. In secondo luogo, desidero incoraggiarvi a continuare l’intelligente e generoso indirizzo seguito da molti vescovi filippini, ossia di identificare ed educare sacerdoti che possano prontamente ed efficacemente servire nei seminari, dividendo le risorse umane e finanziarie con le diocesi o le regioni che non possono provvedere da sole a una buona formazione.

La cura pastorale e spirituale dei vostri sacerdoti e seminaristi sta al centro del vostro ministero episcopale. Come pastori, sapete che nessuno sforzo di preghiera, studio e lavoro può essere risparmiato in questa parte della vigna del Signore. In particolare i sacerdoti ordinati recentemente, nel primo anno del loro ministero, hanno bisogno di un’attenzione e di una guida speciali. Talvolta questi si trovano soli e privi della forza spirituale e dell’esperienza sufficienti per affrontare le inevitabili difficoltà. Sapete bene che la vostra presenza, paterna e discreta allo stesso tempo, può essere molto preziosa. Inoltre, i sacerdoti che hanno lasciato le loro diocesi per ragioni che non sono del tutto sufficienti devono essere invitati a risolvere le loro difficoltà e a tornare ai propri doveri. Dio benedice le vostre Chiese particolari con l’aumento delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Vi incoraggio a non lasciare che altri bisogni, apparentemente più urgenti, vi distraggano dalla parte migliore delle vostre risorse nella formazione spirituale e accademica di questi giovani uomini.

6. Il fardello già pesante del vostro ministero è ulteriormente aggravato dagli effetti del proselitismo attuato da numerose sette e da gruppi religiosi fondamentalisti. Quando questi gruppi confondono i fedeli circa le verità fondamentali della fede e presentano una falsa interpretazione delle Scritture, o minacciano gli elementi popolari della cultura cattolica, tutta la comunità cattolica deve rispondere con rinnovati sforzi di evangelizzazione. I membri della Chiesa devono essere resi più consapevoli della loro identità cattolica e impegnarsi in modo più personale nelle loro comunità locali. Questo in nessun modo diminuisce l’autentico ecumenismo e la cooperazione che devono caratterizzare i vostri rapporti con le altre Chiese cristiane e con le comunità ecclesiali prendendo parte all’attuale movimento ecumenico che il Concilio ha visto come ispirato dallo Spirito Santo (cf. Unitatis redintegratio, 1).

7. Cari fratelli, ho elencato solo alcune delle molte sfide che dovete affrontare giorno dopo giorno nel vostro ministero episcopale. Nel nome del Signore vi sono grato per la generosità con la quale vi sforzate di adempiere alle vostre responsabilità. Voi siete privilegiati nel servire la Chiesa nel maggior Paese cattolico dell’Asia. Il sentiero della Chiesa nel vostro vasto continente deve essere il sentiero preso da Cristo stesso, il quale “pur essendo di natura divina . . . spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2, 6). Perciò voi non operate per la gloria terrena ma allo scopo di diffondere l’umiltà e l’abnegazione, anche attraverso il vostro esempio personale (cf. Lumen gentium, 8). In tutto ciò, voi e il vostro fedele popolo avete un potente incentivo e modello nella benedetta Vergine Maria alla quale voi siete profondamente devoti. Che ella interceda per voi, per i sacerdoti, per i religiosi e i laici delle vostre diocesi, così che la parola di Dio possa radicarsi sempre più profondamente nelle menti e nei cuori di tutti, e così che il vero amore e la solidarietà siano mostrati a coloro che sono nel bisogno, soprattutto ai bambini, agli anziani e ai malati. Vi benedico.

 

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