DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DELLA «PAPAL FOUNDATION»
DEGLI STATI UNITI D’AMERICA
Lunedì, 2 aprile 1990
Cari fratelli vescovi, cari amici.
Sono felice di salutare il Consiglio di Amministrazione e i membri della Papal Foundation degli Stati Uniti. Il nostro incontro oggi offre a me la gradita opportunità di estendere ad ognuno di voi la mia profonda gratitudine per i vostri generosi sforzi volti ad offrire la diretta assistenza al successore di Pietro nel suo ministero presso Chiesa in ogni parte del mondo. Vi ringrazio per lo spirito di abnegazione con cui vi siete impegnati nell’incarico che a voi è stato richiesto. Tramite il vostro presidente, il card. John Krol, e gli altri cardinali americani, così come tramite l’arcivescovo McCarrick e gli altri vescovi che hanno dato così liberamente del loro tempo, voi siete stati resi consapevoli dei grandi bisogni della Santa Sede. Questi bisogni nascono dalla vera natura del ministero affidato al Papa. Nella sua “preoccupazione per tutte le Chiese” (cf. 2 Cor 11, 28), il successore di Pietro deve raggiungere il popolo di Dio in ogni parte del mondo, adempiendo all’incarico affidatogli dal Signore stesso. Voi siete familiari anche con i coscienziosi tentativi della Santa Sede, soprattutto negli ultimi anni, di amministrare responsabilmente le risorse a sua disposizione. Vi assicuro che questi tentativi continueranno in conformità con le crescenti domande fatte soprattutto agli Uffici della Curia Romana. Come sapete, il Concilio Vaticano II ha già assegnato alla Chiesa un vasto programma di rinnovamento pastorale. Particolarmente sorprendente è la visione dei Padri conciliari presentata nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Lì troviamo l’immensa sfida per la Chiesa a portare all’umanità la luce del Vangelo. Rendendo testimonianza e dando voce alla fede di tutto il popolo di Dio, i Padri conciliari stabilirono di non poter dare una dimostrazione più eloquente della loro solidarietà verso l’intera famiglia umana che impegnandosi con essa in un fruttuoso dialogo sui problemi che questa deve affrontare, allo scopo di mettere a sua disposizione quelle energie di salvezza che la Chiesa stessa, sotto la guida dello Spirito Santo, ha ricevuto dal suo Fondatore (cf. Gaudium et spes, 3).
Tocca al vescovo di Roma, come capo del Collegio dei vescovi, favorire e promuovere questo dialogo, in conformità con l’unico servizio che egli rende alla Chiesa universale. Confido che voi siate sensibili a questo speciale ruolo che sono stato chiamato a ricoprire nella “famiglia dei fedeli” (cf. Gal 6, 10), dal momento che è precisamente questa sensibilità che vi ha spinto a farvi carico delle sfide lasciate prima di voi. Colgo quindi quest’occasione per incoraggiarvi nei vostri altruistici sforzi. E allo stesso tempo, non posso mancare di riconoscere che la vostra presenza qui è per me una sorgente di incoraggiamento, mentre sono informato del vostro ardente desiderio di lavorare per il bene della Chiesa e della vostra fervente devozione al successore di Pietro, che sempre rimane “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi che della massa dei fedeli” (Lumen gentium, 23). A ognuno di voi, a tutte le vostre famiglie e ai vostri cari che sono a casa, volentieri imparto la mia benedizione apostolica come pegno di grazia e pace nel nostro Signore Gesù Cristo.
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