VIAGGIO PASTORALE NELLA REPUBBLICA FEDERATIVA CECA E SLOVACCA
INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON IL MONDO DELLA CULTURA
«Galleria Rodolfo» del Castello di Praga (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca)
Sabato, 21 aprile 1990
Onorevole Signor Presidente,
Illustri Signori e Signore!
1. Rivolgo, il mio saluto rispettoso e cordiale a voi qui riuniti e, per il vostro tramite, anche a tutti i rappresentanti della vita culturale e spirituale del vostro Paese: un Paese che per un millennio è stato un vivace ed importante crocevia spirituale dell’Europa; un Paese la cui cultura rappresenta un prezioso gioiello nella storia della civiltà europea. Con i primi passi della riacquistata libertà i singoli Paesi dell’Europa centrale ed orientale presentano ora al mondo il proprio volto spirituale. Le Nazioni della Cecoslovacchia hanno mostrato ancora una volta la loro maturità nello svolgimento pacifico della loro nobile rivoluzione e nella democratica scelta degli uomini a cui affidare la suprema responsabilità dello Stato.
Saluto il Rettore, il Corpo accademico, gli studenti e tanti ex studenti dell’Università di Carlo, la più antica Università dell’Europa centrale. Saluto i rappresentanti delle altre Università, Politecnici ed Istituti Scientifici. Lo sviluppo della ricerca, libero dalle strettoie del positivismo materialistico e da altri condizionamenti ideologici, potrà condurre per propria dinamica interna ad una più profonda conoscenza dell’uomo e del suo mondo, suscitando rinnovato stupore per l’inesauribile mistero del creato.
Molto cordialmente saluto gli artisti. Mi sento ad essi vicino ed amico non solo per l’itinerario spirituale da me percorso, ma anche perché vedo in loro i testimoni privilegiati dell’apertura e della profondità del cuore umano. So che gli artisti cechi e slovacchi, specialmente gli scrittori e gli attori, diverse volte nel passato ed ora nelle recenti vicende, hanno preso su di sé l’eroico e nobile compito di essere la coscienza della Nazione, di essere la voce della sua sete di giustizia e di libertà.
Come non ricordare le parole di Cristo “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 6)? Quante volte nella storia di questa Terra intellettuali ed artisti si sono messi in prima fila nella lotta per la giustizia, per l’indipendenza nazionale e per la libertà! Sono lieto di darne loro atto a nome della Chiesa, la quale pure s’è sforzata di mantener vivi nel cuore dei fedeli anche nei momenti più bui, i valori evangelici della verità, della giustizia, dell’onestà, della libertà.
2. Come pellegrino a questa vostra Terra, alle Nazioni della Cecoslovacchia, e qui, a Praga, alla Nazione ceca, tutti io saluto con cuore traboccante d’affetto. La prima visita del Papa è accompagnata da profonda commozione, per ragioni religiose, storiche e culturali.
Vi saluto a nome della Chiesa, che tanto ha contribuito alla nascita della civiltà europea e quindi anche alla vostra civiltà; a nome della Chiesa che ha seguito passo passo, come un pedagogo, il cammino delle Nazioni europee. Vi saluto come araldo della fede cristiana, che da venti secoli ormai ispira lo sviluppo morale e spirituale di questo continente.
Vi saluto anche come slavo e figlio di una Nazione sorella, la cui storia e cultura hanno tanti legami importanti con la vostra storia e cultura. Anche la sala in cui c’incontriamo oggi, intitolata al re Ladislao Jagellone, attesta uno di questi legami. Ho molto desiderato visitare il Paese che, più di mille anni fa, fu la culla della missione di Cirillo e di Metodio, i quali vi portarono il Vangelo e, con esso, anche la lingua slava scritta, che divenne poi la base di tutte le lingue e culture slave. Il Papa polacco non dimentica che il cristianesimo è arrivato in Polonia proprio dalla Boemia, per “la via slava”.
Saluto ciascuno di voi in questo momento così ricco di promesse per tutte le Nazioni europee. Vi saluto alla soglia di una nuova tappa della vostra storia e, mentre mi congratulo con voi di tutto cuore per la libertà riconquistata, esprimo l’auspicio che i prossimi anni rechino una nuova fioritura della vostra vita nazionale e culturale.
3. Quando pronuncio la splendida parola libertà, la pronuncio con tutto l’amore e con tutto il fervore del mio cuore. La pronuncio come professione della mia fede nell’uomo e nella sua dignità. La pronuncio con senso di sincera solidarietà verso tutti coloro ai quali la libertà è stata per tanto tempo negata. La pronuncio con tutta la serietà del mio ministero di araldo del Vangelo e di pastore della Chiesa.
Già nella mia prima Enciclica Redemptor hominis ho espresso la convinzione che la Chiesa deve diventare sempre più custode e paladina della libertà, giacché in essa sta la condizione della reale dignità della persona umana. La Chiesa deve annunciare Cristo “come Colui che porta all’uomo la libertà passata sulla verità, come Colui che libera l’uomo da ciò che limita, menoma e quasi spezza alle radici stesse, nell’anima dell’uomo, nel suo cuore, nella sua coscienza, questa libertà” (n. 12).
Nel Concilio Vaticano II la Chiesa ha espressamente affermato il diritto di ogni uomo alla libertà, a partire dalla libertà di coscienza e di religione, ed essa stessa si è obbligata a rispettare e difendere questa libertà in ogni uomo (cf. Decr. Dignitatis humanae). Nella Costituzione Gaudium et spes i Padri conciliari hanno invitato tutte le Istituzioni a mettersi al servizio della dignità dell’uomo e a combattere decisamente ogni forma di asservimento sia sociale che politico che ne violasse i fondamentali diritti (cf. n. 28). In questo spirito, durante ogni mio viaggio pastorale, non ho tralasciato occasione per porre in risalto la preoccupazione della Chiesa per l’uomo, per la sua libertà e per tutti i suoi diritti.
4. Oggi vorrei esprimere la mia stima e il mio ringraziamento a tutti coloro che, a costo di non pochi sacrifici, hanno contribuito al superamento, nel cuore dell’Europa, di uno dei più gravi tentativi di privare l’uomo della libertà alla quale per sua stessa natura è destinato e chiamato.
È sintomatico che vi siano stati numerosi uomini della cultura tra coloro che seppero, per primi, scoprire in quel regime statale e nella sua ideologia l’incapacità di trasmettere all’uomo il senso della vita e una solida speranza per l’avvenire. Come tante altre volte nella storia di questa Nazione, gli uomini di cultura, insieme con altre anime grandi, hanno difeso l’identità spirituale della Nazione, sostenendone l’anelito alla verità, alla libertà e alla giustizia.
La cultura presuppone la libertà, ma, a sua volta, forgia e conserva il senso di libertà e l’identità spirituale delle Nazioni. Permettetemi di ripetere qui quanto dissi nella sede dell’Unesco: “Vegliate con tutti i mezzi a vostra disposizione su questa sovranità fondamentale che ogni Nazione possiede in virtù della propria cultura. Proteggetela come la pupilla dei vostri occhi per l’avvenire della grande famiglia umana. Proteggetela! Non permettete che questa sovranità fondamentale diventi preda di qualche interesse politico o economico. Non permettete ch’essa diventi vittima di totalitarismi, imperialismi o egemonie, per i quali l’uomo non conta che come oggetto di dominazione e non come soggetto della sua propria esistenza umana . . . L’uomo è se stesso per la verità, e diventa più se stesso per la conoscenza sempre più perfetta della verità” (2 giugno 1980).
5. Ho ardentemente desiderato di poter salutare fraternamente, durante questo incontro con i rappresentanti della vita culturale e spirituale del vostro Paese, anche i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità cristiane non cattoliche.
L’anelito verso l’unità dei cristiani fa parte dei grandi segni del nostro tempo. In tutti i credenti cresce l’impegno per il superamento delle contrapposizioni che, mentre contrastano con la chiara volontà di Cristo, costituiscono uno scandalo di fronte al mondo e danneggiano la nostra comune missione di annunciare il Vangelo a tutte le creature (cf. Decr. Unitatis Redintegratio, 1).
Un’importanza del tutto particolare, tuttavia, tale invito all’unità assume qui, in Boemia. Qui, dove ancor vivo è il ricordo degli eventi che hanno dato origine dapprima al doloroso scisma del cristianesimo occidentale e hanno poi, provocato un così lungo strascico di sofferenza; qui, dove la comune esperienza dell’oppressione ha favorito di recente un notevole avvicinamento dei cristiani delle diverse Confessioni; proprio qui, sembra legittimo coltivare la speranza che possano presto compiersi passi importanti in direzione della fraterna riconciliazione e dell’autentica unione in Cristo. Le gravi prove e ferite dei decenni scorsi e anche il ricordo delle ferite dei secoli passati, pur se di segno differente e di diversa entità, devono aiutare ad instaurare una nuova mentalità e nuove relazioni. La visita del Papa è anche un’espressione del desiderio di aiutare ad intraprendere un cammino di fraterna collaborazione e di mutuo impegno e rispetto.
Ricordo che, al Concilio Vaticano II, l’Arcivescovo ceco, Cardinale Giuseppe Beran, intervenne con forza per difendere i principi della libertà religiosa e della tolleranza, facendo riferimento con parole accorate alla vicenda del sacerdote boemo Giovanni Hus e deplorando gli eccessi a cui allora e dopo ci si abbandonò (cf. Acta Sinodalia, IV, pp. 393-394). Ho ancora nella mia mente quelle parole del Cardinale Arcivescovo di Praga nei riguardi di questo sacerdote, che tanta importanza ha avuto nella storia religiosa e culturale del popolo boemo. Sarà compito degli esperti - in primo luogo dei teologi cechi - definire più esattamente il posto che Giovanni Hus occupa tra i riformatori della Chiesa, accanto ad altre note figure riformatrici del Medio Evo boemo, come Tommaso da Stitné e Giovanni Milic da Kromeriz. Tuttavia, al di là delle convinzioni teologiche da lui propugnate, non si possono negare ad Hus integrità di vita personale e impegno per l’istruzione e l’educazione morale della Nazione.
Non sono, questi, elementi che, anziché dividere, devono piuttosto unire i credenti in Cristo? E la ricerca di tale unione non costituisce forse, in quest’ora del nuovo inizio, una sfida della vostra storia? Una storia che comincia con figure luminose della Chiesa e dell’Europa quali Cirillo e Metodio, Venceslao e Adalberto. Una storia in cui, di secolo in secolo, fino al presente, rifulgono esempi preziosi di autenticità cristiana. Una storia, che ha avuto il suo culmine nella gloriosa epoca del pio imperatore Carlo, il quale fece di Praga il cuore dell’Europa. Una storia che ha conosciuto figure insigni di sacerdoti, resisi benemeriti per la tutela e la promozione della lingua, della cultura e della stessa coscienza nazionale ceca. Una storia, infine, nella quale il clero e i fedeli di tutte le Confessioni si sono sempre trovati, nella stragrande maggioranza, dalla parte della Nazione, come è apparso in modo particolarmente evidente quando questa, per ben due volte durante il nostro secolo, ha dovuto subire la presenza dei banditori dell’odio razziale e dell’irreligione.
6. Mai dovranno essere dimenticati i cristiani che, per quaranta anni, hanno saputo affrontare il sacrificio della libertà e della stessa vita. Dalla loro fedeltà e dal loro coraggio è scaturita, infatti, la grande autorità morale che ai cristiani è oggi riconosciuta in questo Paese. La loro fulgida testimonianza ha fatto sì che i cristiani, nonostante le calunnie riversate su di loro dalla propaganda avversa, vengano oggi riconosciuti come interlocutori affidabili nel dialogo circa l’avvenire della Nazione.
È un risultato importante che apre prospettive promettenti per un rinnovato impegno a servizio del bene comune. Molti sono, infatti, i problemi con cui l’uomo contemporaneo deve misurarsi. A quelli di sempre si sono aggiunti problemi nuovi: basti accennare agli aspetti etici della ricerca scientifica, al discernimento dei valori che influenzano lo stile di vita con conseguenze per la salute corporale, psichica e morale dei cittadini, alle responsabilità ecologiche: problemi per la cui soluzione non sarebbe saggio ignorare le esperienze della Chiesa e lo specifico punto di vista ispirato dalla fede.
Nella ricerca di una soluzione adeguata il metodo da preferire è sicuramente il dialogo. In esso anche i cristiani dovranno impegnarsi con chiarezza di intenti e animo fraternamente aperto, avendo come unico obbiettivo il bene della Nazione. Il confronto con le altre posizioni sarà leale e franco, ed ispirato sempre a vicendevole rispetto, nella coscienza delle comuni radici e della solidale responsabilità verso il futuro della Nazione.
Faccio eco volentieri alle parole del Cardinale Tomášek, ammirato da tutto il mondo cristiano, il quale ha invitato i fedeli all’autenticità morale, alla conversione, alla trasformazione delle menti e dei cuori. Questo invito fu formulato per la prima volta in Boemia dal Vescovo Adalberto, il primo personaggio europeo del vostro sangue, e da allora, dopo ogni periodo difficile, esso è tornato a risuonare ancora.
Il Cardinale Tomášek ha offerto a tutti i cristiani e, in genere, a tutti gli uomini di buona volontà la nobile iniziativa del Decennio del rinnovamento spirituale della Nazione come via verso il risanamento morale, in preparazione al decimo centenario della morte di Sant’Adalberto e, al tempo stesso, come preparazione alla vita nel nuovo millennio. Egli invita la Nazione a riprendere il cammino della rinascita spirituale, un cammino in cui possono convergere tutte le forze vive della tradizione nazionale, finora divise e spesso anche contrapposte. Su questa strada occorre avanzare con rinnovata speranza, perché l’esperienza ancora una volta ha confermato che “la verità e l’amore vincono la menzogna e l’odio”.
7. Mi rivolgo ora agli studenti qui presenti e, per il loro tramite, a tutti i giovani in Cecoslovacchia. Con il loro coraggio unito a saggezza, essi hanno contribuito in modo decisivo a far sì che il Paese riconquistasse senza violenze e senza vendette la piena libertà.
La Cecoslovacchia oggi, in un certo senso, ritorna in Europa. Essa ha nel Continente un posto ben preciso e una propria importante missione. Il vostro Paese non è stato forse da secoli un crocevia spirituale, un ponte tra l’Occidente e l’Oriente?
L’Europa unita non è più soltanto un sogno, non è un ricordo utopico del Medio Evo. Le vicende di cui siamo testimoni dimostrano che tale traguardo è concretamente raggiungibile. L’Europa, sconvolta dalle guerre e ferita da divisioni che ne hanno minato il libero sviluppo è alla ricerca di una nuova unità.
Questo processo non è e non può essere un evento soltanto politico ed economico; essa ha una profonda dimensione culturale, spirituale e morale. L’unità culturale d’Europa vive nelle e dalle culture diverse, che a vicenda si compenetrano e si arricchiscono. Questa particolarità caratterizza l’originalità e l’autonomia della vita del nostro Continente. La ricerca dell’identità europea ci conduce alle sorgenti.
Se la memoria storica dell’Europa non si spingerà oltre gli ideali dell’illuminismo, la sua nuova unità avrà fondamenti superficiali e instabili. Il cristianesimo, portato in questo Continente dagli Apostoli e fatto penetrare nelle varie sue parti dall’azione di Benedetto, Cirillo, Metodio, Adalberto e di una innumerevole schiera di Santi, è alle radici stesse della cultura europea. Il processo verso una nuova unità dell’Europa non potrà non tenerne conto!
Che ne sarebbe dell’affascinante panorama di questa “Città dalle cento torri”, se vi sparisse il profilo della cattedrale e quello dei molti monumenti che costituiscono altrettanti gioielli della cultura cristiana? Come diventerebbe povera la vita spirituale, morale e culturale di questa Nazione, se dovesse esserne escluso tutto ciò che era, è e sarà ispirato dalla fede cristiana!
8. Voi, giovani, siete stati per lungo tempo testimoni del tentativo di togliere alla vostra cultura, alla vostra vita e al vostro avvenire la dimensione spirituale e religiosa. Ebbene, se quel tentativo fosse riuscito, e voi foste diventati sordi e ciechi di fronte a valori quali la fede, la Bibbia, la Chiesa, voi sareste diventati stranieri nella vostra stessa terra. Avreste perduto la chiave per comprendere tanti aspetti della filosofia, della letteratura, della musica, dell’architettura, delle arti figurative e, in genere, delle varie espressioni dello spirito nella vostra tradizione e in quella europea. Soprattutto, avreste perduto la sorgente dell’ispirazione e dell’energia morale per risolvere molti scottanti problemi dell’oggi e per costruire la civiltà del domani. Tale civiltà non può poggiare su una visione ristretta dell’uomo, quale quella materialistica, né su una interpretazione unilateralmente spiritualistica, quale quella orientale. Occorre rifarsi ad una visione integrale che colga l’uomo in ogni sua dimensione: spirituale e materiale, morale e religiosa, sociale ed ecologica. Per grazia di Dio quel tentativo non è solo fallito, ma ha portato ad esiti opposti a quelli intesi dai suoi promotori. Pensavo anche alla vostra esperienza, quando, dieci anni fa, dicevo nella sede dell’Unesco: “Nel cuore della storia siamo stati ormai più di una volta, e lo siamo ancora, testimoni di un processo, di un fenomeno molto significativo. Là dove sono state soppresse le istituzioni religiose, là dove le idee e le opere nate dall’ispirazione religiosa e, in particolare, dall’ispirazione cristiana, sono state private del loro diritto di cittadinanza, gli uomini ritrovano di nuovo le stesse cose fuori delle vie istituzionali, per il confronto che si opera, nella verità e nello sforzo interiore, tra ciò che costituisce la loro umanità e ciò che è contenuto nel messaggio cristiano” (2 giugno 1980).
9. Giovani di questo Paese, come frutto della sofferenza della vostra Nazione conservate la sete dei valori spirituali! Conservate il coraggio di cercare la verità e il senso della vita anche oltre i confini che il materialismo, sia come ideologia sia come prassi della vita consumistica, vuol imporre!
Nel cuore di ogni materialismo sta la paura. La paura del vuoto che rimane, se l’uomo viene privato dell’autentico senso della sua vita. È per questo che i sistemi politici, basati sul materialismo, si nutrono e si conservano con la paura.
Voi avete vinto la paura. Avete trovato una nuova fiducia, un nuovo coraggio per la vita nella verità, per la vita che attinge ai valori spirituali.
Il poeta ceco Vladimir Holan ha scritto: “. . . la stessa terra afferma / nessuna costruzione arriverà al termine, / mai, mai arriverà, / senza la dimensione trascendente”.
Senza il senso del trascendente, ogni tipo di cultura rimane un frammento informe, come l’incompiuta torre di Babele. Non è possibile costruire una vera cultura e dimenticare o addirittura rifiutare ciò che essa comporta: cultura significa “coltivazione”, a cominciare da quella di se stesso. Un uomo senza cultura manca a questa opera che ognuno deve proprio a se stesso. Vita senza cultura è vita senza profondità spirituale, senza apertura al mistero; vita esposta al rischio di una superficialità regolata soltanto dai bisogni e dai consumi.
Oggi ci troviamo di fronte alle rovine di una delle tante torri di Babele della storia umana. L’edificio che s’è tentato di costruire negli anni scorsi mancava della dimensione trascendente, mancava della profondità spirituale. Ogni sforzo di costruire la società, la cultura, la unità degli uomini e la loro fraternità sul rifiuto della dimensione trascendente crea, come a Babele, divisione degli animi e confusione delle lingue.
Oggi è invece necessario cercare una comune lingua e una nuova comprensione, distruggendo tutti i muri che dividono uomini e nazioni, mobilitando tutte le forze spirituali e morali per la vita del terzo millennio.
Giovani di questa Terra, sviluppate questa lingua comune, rafforzate ancor più la dimensione trascendente della vita, raccogliete con fiducia i frutti del dialogo tra fede e cultura.
Considerate il duro periodo che avete attraversato come una preziosa scuola di maturazione. Voi potete arricchire gli altri popoli con ciò che è maturato in voi durante questi decenni. Voi disponete di un patrimonio prezioso: il capitale di meriti accumulato da coloro che hanno sacrificato la loro vita nella lotta per la verità. Tra loro c’erano certamente anche dei nuovi Santi. Accogliete i loro esempi come semi della vita che deve rifiorire mediante il vostro impegno, la vostra cultura, la vostra dedizione alla causa della verità, dell’amore, della libertà! Su tutti invoco la benedizione di Dio Onnipotente!
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