VIAGGIO APOSTOLICO
A CAPO VERDE, GUINEA BISSAU, MALI, BURKINA FASO E CIAD
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SACERDOTI, AI RELIGIOSI, AI SEMINARISTI E AI LAICI
Cattedrale di Nostra Signora delle Grazie a Praia (Capo Verde)
Giovedì, 25 gennaio 1990
Signor Vescovo
Carissimi fratelli e sorelle!
“L’amore d i Dio è stato riversato nei nostri cuori (Rm 5, 5) e per questo, “Greja alguén qui ta sigui Cristo tudo hora e tudo lugar”.
1. Con queste parole dell’Apostolo, e con le parole programmatiche della vostra seconda Assemblea Diocesana, vi saluto tutti cordialmente: sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e laici impegnati nell’apostolato.
Voi siete, a Capo Verde, “coloro che seguono Cristo sempre e dovunque”. Che lo Spirito Santo, anima della Chiesa, donatore di ogni bene ed artefice di unità e di pace, sia con voi riversando sempre più abbondantemente il suo amore nei vostri cuori e rafforzando la vostra unione fraterna.
È grande la gioia che sento nel trovarmi qui in mezzo a voi. Siete venuti da varie isole dell’Arcipelago, a volte con sacrificio per incontrare il Successore di Pietro, in questa Cattedrale, centro di comunione e di irradiazione apostolica della vostra Chiesa Locale.
Conosco bene la vostra comunione con la Chiesa di Roma, Chiesa che “presiede l’assemblea universale della carità”, e con il Papa, il Vescovo che il Signore le ha donato in questo tempo. Nonostante le distanze oggi è divenuto possibile vivere, in modo concreto, questa comunione nella Chiesa una, santa, cattolica, e apostolica.
Benedetto sia Dio che, nella sua Provvidenza, ci concede questa grazia! Oggi, qui i nostri sguardi si incontrano fraternamente nella carità e i vostri volti esprimono pienamente la gioia e la gratitudine che vi porta a questo desiderato incontro.
2. Voi fratelli e sorelle siete debitori di una predilezione speciale dello Spirito di amore e di santità. Egli vi ha scelto, uno ad uno, per una speciale missione di servizio, in questa comunità ecclesiale, sotto la guida del vostro Pastore Diocesano, Don Paulino do Livramento Évora, le cui parole di saluto accolgo con gratitudine.
Ho saputo con soddisfazione della Seconda Assemblea Diocesana, svoltasi qui nel gennaio dell’anno scorso. Essa vi ha fatto sentire con un’urgenza particolare la corresponsabilità ecclesiale a tutti i livelli. Oltre a ciò, essa può essere considerata come una buona preparazione per il prossimo Sinodo Speciale che sarà dedicato ai problemi ed alle prospettive dell’evangelizzazione e del rinnovamento ecclesiale in Africa.
La Chiesa universale, una e indivisa, si manifesta, attraverso le varie Chiese locali. E queste, oggi più che mai, devono sentire e vivere in maniera responsabile tale comunione. Ogni Chiesa locale svolgerà validamente e fruttuosamente la sua funzione attiva e costruttiva, nella misura in cui vivrà quei principi universali di unità nella verità, che animano la Chiesa universale; e nella misura in cui questi principi si trasformeranno in vita e in testimonianza cosicché risplenda tanto la sua unità interna di Chiesa locale riunita intorno al Vescovo diocesano, quanto la sua unità con la Chiesa universale, guidata dal Successore di Pietro.
3. All’interno della Chiesa locale, nei suoi membri invece di un livellamento uniforme, contrario alla vera realtà della Chiesa, devono emergere tutte le qualità ed i doni specifici di una Comunità ecclesiale. Come sapete tutto ha origine “nell’amore di Dio riversato nei nostri cuori” e si esprime nella carità, praticando la verità, per crescere in Colui che è la testa, Cristo. E per mezzo di Lui che il corpo intero viene coordinato ed unito (cf. Ef 4, 16), per essere “persone che seguono Cristo sempre e dovunque”.
Nonostante sia un solo Spirito che dispensa i doni carismatici e ministeriali, si verifica però una varietà meravigliosa. Ma tale varietà non deve diventare un pretesto per scissioni o per rivalità, al contrario costituisce una fonte di reciproca collaborazione e di armonia interna del Corpo mistico di Cristo. La varietà delle Chiese locali, nel tendere così all’unità, dimostra ancor più la cattolicità della Chiesa indivisa (Lumen gentium, 23).
4. Carissimi fratelli e sorelle, so che la vostra realtà ecclesiale, nonostante le sue piccole dimensioni, non cessa di mostrare diversità. E un dato che di per sé arricchisce, nonostante di solito comporti anche alcune difficoltà. Queste saranno superate se terremo presente che “i vincoli che uniscono i membri del nuovo Popolo tra di loro - e prima ancora con Cristo - non sono quelli della “carne” e del “sangue”, bensì quelli dello Spirito, più precisamente quelli dello Spirito Santo, che tutti i battezzati ricevono (cf. Gv 3, 1)” (Christifideles laici, 19).
Allo stesso modo, fratelli e sorelle, le affinità fisiche, psicologiche e culturali, nonostante possano essere utili, non svolgono un ruolo determinante per realizzare una forma di convivenza, di collaborazione e di comunione ecclesiale ad ogni livello.
Questo perché il principio dell’unità e dell’armonia del Corpo mistico di Cristo non è semplicemente naturale: è soprannaturale e di fede.
Ascoltiamo ora il Divino Maestro: “Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? Tutti quelli che compiono la volontà di mio Padre che è nei cieli, quelli sono per me, il fratello, la sorella e la madre” (cf. Mt 12, 48-50), anche se fra loro vi sono differenze di razza, di origine, di cultura e di mentalità. Sulla solidissima base che è il compimento comune della volontà del Padre celeste, tutte le nostre differenze invece di essere ostacoli diventano un arricchimento per la nostra unità e comunione, ed inoltre arrivano ad essere esse stesse valori che possono e devono servire a sostenere la causa della pace, della concordia, e della mutua collaborazione.
5. Per l’edificazione, la salvaguardia e la crescita dell’unità ecclesiale, è necessario quindi, che da parte di tutti e nell’interesse di ognuno si dia la priorità ai principi ed ai fini veri dell’unità stessa. Questi derivano dalla Rivelazione, si situano nell’ordine del soprannaturale e si alimentano con l’ascolto della Parola di Dio e con la fedele e consapevole comunione con i Pastori della Chiesa. Così diverranno di secondaria importanza le opinioni personali e gli interessi privati, che potranno avere una funzione legittima ed utile solo quando saranno basati sull’accettazione sincera e generosa dei comuni principi di fede.
Da ciò nasce, oltretutto, la necessità di una nozione di Chiesa che sia veramente conforme alla dottrina cattolica, rifiutando concezioni secolari o classiste, che abbiano poco a che vedere con le linee, le strutture e le funzioni fondamentali che il divino Fondatore della Chiesa ha stabilito.
Per costruire questa unità ecclesiale concretamente, non basta né accontentarsi di un’idea pienamente ortodossa della Chiesa, né impegnarsi in un compito umano, coscienzioso e riconosciuto.
Tutto ciò è molto buono ed è necessario. Ma la cosa più importante è che tutti prestiamo la dovuta attenzione allo Spirito di verità. “Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo” (1 Cor 12, 13; cf. Ef 4, 3). È Lui e soltanto Lui, infine, l’Artefice dell’unità della Chiesa locale, e della unica Chiesa cattolica, con la sua duplice dimensione: nel tempo presente e nel mondo che deve ancora venire.
6. Sappiamo tutti che la vitalità della Chiesa non è fine a se stessa, è essenzialmente istituita per “lievitare”, animare e trasformare il mondo con il Vangelo - Parola e Grazia - affinché il mondo si salvi, sia liberato dal potere delle tenebre e si instauri in esso il Regno di Dio.
La santità personale nella “Chiesa evangelizzata”, è presupposto fondamentale, è condizione insostituibile perché si possa avere la “Chiesa evangelizzatrice”. Nell’unione dei “tralci” con la “unica vite” (cf. Gv 15, 5) c’è la fonte concreta e la misura infallibile dell’attività apostolica e del dinamismo missionario della Chiesa stessa. “Solo nella misura in cui la Chiesa, Sposa di Cristo, si lascia amare da Lui e lo riama, essa diventa Madre feconda nello Spirito” (cf. Christifideles laici, 17).
La Chiesa è presente in questo mondo anzitutto per far conoscere a tutti gli uomini il Vangelo dell’amore di Dio e l’ideale di amore fraterno, verso la solidarietà e la comunione di tutti, nella famiglia umana. E i cristiani, rispettando i poteri costituiti, cercando di vivere in tutto gli insegnamenti divini, non disprezzeranno mai i loro doveri di buoni cittadini: come padri o madri, come figli o figlie, come professionisti e lavoratori esemplari.
Con la forza interiore della fede potranno compiere meglio i loro doveri.
C’è una lettera, scritta nel secondo secolo dell’era cristiana, nella quale è già presente il comportamento del cristiano nella società: “la sua vita non ha nulla di stravagante; e la sua dottrina non deriva dalla immaginazione fantasiosa degli spiriti esaltati . . . I cristiani sono nel mondo ciò che l’anima è nel corpo. Il posto che Dio assegnò loro è talmente nobile, che essi non possono disertarlo” (Lettera a Diogneto, Funk, 397-401, nn. 5-6).
7. Anche qui a Capo Verde la Chiesa, seguendo ancora la linea della sua tradizione, continuerà a collaborare alla costruzione della società capoverdiana, riconoscendo ed incoraggiando le aspirazioni di giustizia e di pace che trova in questo popolo, con la sua secolare sapienza e con i suoi sforzi attuali di promozione. La Chiesa è legata alla storia di questa Nazione in modo tale che eliminarla o disconoscerla, significherebbe mutilare il patrimonio socio-culturale dell’Arcipelago stesso.
Non è nella natura della Chiesa pretendere di sovrapporsi nella politica, o aspirare alla gestione delle questioni temporali. Il suo contributo specifico, per quanto riguarda il bene comune, si pone innanzitutto nel campo della formazione delle coscienze, in sintonia e in coerenza con le direttrici e le esigenze di un’etica umana e cristiana: proclamare la legge morale e i suoi imperativi, e denunciare, se necessario, le deviazioni e gli errori, cercando sempre e soprattutto di chiarire e convincere. A questo proposito bisogna porre una particolare attenzione per collaborare nella formazione di una autentica coscienza sociale cristiana, in tutti i livelli e i settori (cf. Puebla, Discorso inaugurale, 3, 7).
Questa presenza e servizio, che consiste nell’affermare principi e nell’indicare strade verso la retta formazione delle coscienze, passano, naturalmente, negli ambiti della convivenza con una particolare incidenza sulla formazione dell’opinione pubblica e di conseguenza della coscienza sociale. Ambiti che vanno dalla scuola all’informazione, dalla pratica della carità e della collaborazione a livello sussidiario, fino alla conferma di tutto ciò che è Legge divina, alla quale sempre dovrebbero conformarsi le leggi umane. La Chiesa si impegna in tutto ciò, perché crede fermamente nella dignità dell’uomo creato a immagine di Dio. Dignità intrinseca ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni bambino, quale che sia il posto che occupa nella società.
8. L’unità tra di voi diventa particolarmente necessaria davanti ad alcuni problemi, che dovete sentire come problemi comuni e che dovranno perciò essere affrontati in una convergenza di intenti, di forze e di strategie.
Prendiamo ad esempio il problema vocazionale. So che, grazie a Dio, continuano a fiorire vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, sia maschile che femminile.
Mi congratulo molto con gli Istituti che hanno avuto la saggezza e l’iniziativa di aprire qui, recentemente, case per la formazione, dei giovani, ragazzi e ragazze che si presentano per discernere la chiamata del Signore e rispondergli con generosità. Esorto tutti questi giovani, ragazzi e ragazze, seminaristi o postulanti a pregare continuamente e ad approfondire sempre di più la propria scelta radicata nella consacrazione del Battesimo. Vi esorto inoltre ad essere valorosi, perché cresca vigorosa quella Chiesa che li battezzò e li nutrì con la grazia di Cristo. E non dimentichino di lasciare “carta bianca” al Signore!
Non siate avari con Lui nel dargli fiducia e generosità! Lui, che ha iniziato l’opera, dovrà portarla a buon fine. La missione che vi aspetta è nobile! E grande sarà la ricompensa se le sarete fedeli!
Carissimi fratelli e sorelle, voglio infine lasciarvi con una parola di stima per il buon lavoro che già avete realizzato nella costruzione della Chiesa, nella promozione umana e in tutti gli altri campi. Vi esorto affinché continuiate in questo retto cammino, con coraggio, con speranza e con perseveranza.
In questa felice circostanza del mio incontro con voi, desidero augurarvi che il Signore Gesù Cristo e la sua immensa Bontà siano con voi, per andare sempre avanti, senza paura degli ostacoli. Egli ha vinto il mondo! Vi accompagnino la sua Luce e la sua Grazia, che imploro per tutti con l’intercessione di Nostra Signora delle Grazie, come è onorata e invocata in questa Cattedrale la Madre del Redentore.
Lei, Maria, la Madre della nostra fiducia, chiamata da Dio per la comunione più perfetta con il suo Figlio, ci ottenga dal Padre che è nei cieli la crescita nell’amore fraterno e nello spirito di servizio, solleciti nel “conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (cf. Ef 4, 3). Che la Vergine fedele sia Madre di tutti nel nostro cammino evangelico!
Con la mia affettuosa Benedizione!
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