DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CONFEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSULTORI FAMILIARI
DI ISPIRAZIONE CRISTIANA
Venerdì, 2 marzo 1990
Cari fratelli e sorelle!
1. Ho accolto con gioia l’invito a incontrarmi con voi che partecipate al VI Convegno nazionale della Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione cristiana. Rivolgo a tutti e a ciascuno il mio affettuoso e cordiale saluto. Esprimo in particolare la mia stima per il consulente ecclesiastico mons. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Ancona-Osimo, e per la presidente nazionale onorevole Ines Boffardi.
La Chiesa guarda con grande interesse l’attività che i vostri Consultori da anni vanno svolgendo con competenza professionale e profondo spirito umano e cristiano, dal momento che oggetto del vostro servizio è la famiglia, quella stessa famiglia che, nella coscienza viva della Chiesa, costituisce un bene fondamentale dell’uomo e riveste la dignità di “Chiesa domestica” all’interno del popolo di Dio.
La famiglia, che corrisponde, da un lato, all’eterno e immutabile progetto di Dio, ma risente, dall’altro, delle caratteristiche contingenti delle varie epoche storiche, incontra nella società e nella cultura d’oggi, accanto a stimoli positivi, molteplici difficoltà e pericoli. Essa vive oggi una stagione fortunata, per il crescente affermarsi dei suoi valori personalistici e sociali all’interno della comunità civile e della Chiesa. Nello stesso tempo, però, i suoi valori fondamentali, quelli dell’amore e della vita, sono oggi pesantemente minacciati in più modi e a diversi livelli. Fortunatamente, per la salvaguardia e la promozione della famiglia sono oggi disponibili risorse nuove e aiuti preziosi: tra questi si devono annoverare i Consultori familiari, sempre che siano rispettosi della loro vera natura di servizio alla famiglia.
La persona: un “io” aperto al “tu”
2. L’argomento dei lavori del vostro Convegno è stato formulato in modo suggestivo con queste parole: “Nascere persona, crescere persone”. È un tema che esprime felicemente la logica propria dei Consultori di ispirazione cristiana, il cui servizio è rivolto alla persona, alla coppia e alla famiglia: dunque alla persona-in-relazione. In realtà, la persona come tale deve definirsi come relazione vivente, come “io” aperto al “tu” dell’altro, in particolare in quella relazione fondamentale che si realizza nell’esperienza primordiale della vita di coppia e di famiglia. Di questa relazione avete voluto approfondire due momenti essenziali: quello della nascita e quello della crescita. È senza dubbio di estrema importanza cogliere e proporre la dimensione “umana”, e quindi tipicamente personale del “nascere” e del “crescere” nel contesto di una cultura che troppo spesso affronta questi momenti di vita considerandone solo alcuni aspetti parziali e superficiali.
Il servizio dei Consultori familiari, sia per la necessità di raggiungere le cause più profonde del disagio da cui sono segnate le relazioni interpersonali all’interno della coppia e della famiglia, sia per l’esigenza di sviluppare una tempestiva e allargata opera di prevenzione, ossia di educazione della persona, si volge innanzitutto agli aspetti umani, psicologici, affettivi, relazionali della persona.
In questo senso, i vostri Consultori familiari possono trovare nell’ispirazione cristiana che li anima lo stimolo per un’azione più incisiva a favore della globalità e unità dei valori e delle esigenze della persona, e, nello stesso tempo, lo spunto per un contributo del tutto nuovo e originale alla persona stessa: l’ispirazione cristiana, infatti, si radica in quella fede che scopre, con meraviglia e stupore grande, la verità intera dell’uomo come essere creato in Gesù Cristo a immagine e somiglianza di Dio: di Dio-Persona, di Dio-Amore che si dona (Mulieris dignitatem, 7).
Il figlio come dono
3. In questa luce, il “nascere” della persona si pone come fenomeno profondamente personalistico, non solo nel senso che coinvolge le persone dei genitori e del figlio, ma anche nel senso che gli uni e l’altro sono chiamati in causa nella loro dignità di persone che si donano.
Il “nascere” umano è frutto e segno di una donazione d’amore. Donazione dello sposo nei riguardi della sposa e di questa nei riguardi dello sposo. Ma, ancor più, donazione dei due insieme al figlio, giacché essi diventano “una carne sola” ultimamente nella “nuova carne” di lui. Nella prospettiva in qualche modo intuita dalla stessa ragione umana e luminosamente chiarita dalla fede, la donazione coniugale e parentale esprime nel tempo e rende visibile la donazione eterna di Dio Creatore e Padre. Di questa donazione misteriosa, che è la radice primigenia da cui scaturisce ogni uomo che viene in questo mondo, i genitori sono gli strumenti e i collaboratori coscienti e responsabili. È allora urgente, perché il “nascere persona” riveli e attui la sua verità integrale, che i coniugi, come scrive il Concilio Vaticano II, “nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla . . . sappiano di essere cooperatori dell’amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti” (Gaudium et spes, 50).
Ne deriva che il figlio deve essere, dall’inizio e sempre, considerato e amato nella sua incommensurabile dignità di persona, come valore in sé e per sé, come bene, come dono. Sì, come dono, perché questa è la sua identità profonda: “Se è frutto della loro reciproca donazione d’amore, è, a sua volta, un dono per ambedue, un dono che scaturisce dal dono”, come ho detto nel discorso al VII Simposio dei vescovi europei.
4. La prospettiva del dono, che pone i genitori e il figlio sull’identico piano della dignità personale, diventa decisiva e qualificante per tutti i problemi che si collegano alla crescita e maturazione umana delle persone, in particolare nel loro reciproco rapporto.
Tutte le relazioni interpersonali e in special modo le relazioni tra i coniugi e tra i genitori e i figli, che si configurano come fondamentali ed emblematiche rispetto alle altre, devono realizzarsi secondo la dignità e la finalità propria della persona umana. Il Concilio Vaticano II, in un suo passo assai semplice ma di straordinaria densità, così qualifica tale dignità: “L’uomo è in terra la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa” e che non può “ritrovarsi pienamente se non mediante un dono sincero di sé” (Gaudium et spes, 24).
Il “crescere persone” significa allora offrire a ciascuno i mezzi e le condizioni perché “si ritrovi pienamente”, ossia si realizzi come persona nella sua dignità di “dono” e nella sua finalità di “donazione” agli altri. Ed è questo il primo e fondamentale compito della famiglia, come ho scritto nell’esortazione apostolica Familiaris consortio (n. 18): “Suo primo compito è di vivere fedelmente la realtà della comunione nell’impegno costante di sviluppare un’autentica comunità di persone” (Familiaris consortio, 18).
Anche il servizio consultoriale può offrire un importante aiuto di consulenza per la migliore realizzazione di tale compito, soprattutto nelle situazioni nelle quali, per difficoltà psicologiche, educative, ambientali e sociali, i rapporti all’interno della coppia e della famiglia si fanno problematici e tendono ad incrinarsi o addirittura a spezzarsi.
La famiglia: luogo primario della “umanizzazione” della persona
5. Questa visione della persona come dono-che-si-fa-dono non legittima affatto un’interpretazione privatistica e chiusa delle problematiche coniugali e familiari; al contrario, se ben compresa, una simile prospettiva fonda e stimola un impegno specificamente sociale. In realtà, la carica umanistica che ne scaturisce, arricchendo le relazioni interpersonali all’interno della coppia e della famiglia, contribuisce beneficamente all’umanizzazione dell’intera società. Questa, a sua volta, scopre in tale prospettiva precise responsabilità nei riguardi della coppia e della famiglia, a cui capisce di dover offrire la possibilità di sviluppare al massimo il caratteristico ruolo umanizzante.
Anche in questo senso ho voluto richiamare l’impegno apostolico dei fedeli laici, un impegno che è assolto da voi operatori consultoriali in una forma privilegiata: “Urge un’opera vasta, profonda e sistematica, sostenuta non solo dalla cultura ma anche dai mezzi economici e dagli strumenti legislativi, destinata ad assicurare alla famiglia il suo compito di essere il luogo primario della “umanizzazione” della persona e della società. L’impegno apostolico dei fedeli laici è anzitutto quello di rendere la famiglia cosciente della sua identità di primo nucleo sociale di base e del suo originale ruolo nella società, perché divenga essa stessa sempre più protagonista attiva e responsabile della propria crescita e della propria partecipazione alla vita sociale” (Christifideles laici, 40).
Carissimi, ecco i nobili compiti che vi stanno dinanzi. Nell’esortarvi a perseguirli con slancio rinnovato, tutti benedico di cuore.
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