VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN POLICARPO ALL’ACQUEDOTTO CLAUDIO
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 11 marzo 1990
Alla popolazione del quartiere
È il parroco, don Guerino Di Tora, ad accogliere il Santo Padre appena giunto nella parrocchia di San Policarpo all’Acquedotto Claudio. Nel piazzale antistante la chiesa, il parroco rivolge al Papa un breve indirizzo d’omaggio. Rispondendo al saluto del parroco, Giovanni Paolo II pronuncia il seguente discorso.
Con queste parole, in nome di Cristo, saluto tutti i presenti, tutti gli appartenenti alla parrocchia di San Policarpo. Saluto voi e tutti gli abitanti di queste case, di questi appartamenti, tutta la cittadinanza del quartiere. Saluto tutti i parrocchiani della parrocchia che conta trenta anni, durante i quali è molto cresciuta. Ringraziamo il Signore per questa bella giornata che ci ha offerto oggi un bel pomeriggio per incontrarci liberamente anche fuori dalla chiesa per pregare insieme, per partecipare insieme alla santissima Eucaristia.
Vi saluto nel nome di Gesù e anche nel nome di questo suo testimone intrepido che è il patrono della vostra parrocchia. San Policarpo è una grande figura che emerge dai tempi post-apostolici, nel II secolo. Quando ricorre il giorno della sua memoria, leggendo nel breviario la descrizione del suo martirio, non si può non rimanere senza una profonda commozione per come ha dato testimonianza a Dio, vivo e vero, a Gesù Cristo, questo vescovo e martire dell’Asia Minore. Il vostro patrono è un testimone e la sua testimonianza chiede anche a noi di essere testimoni. Un testimone eroico chiede a noi, interpella noi, alla fine del XX secolo, di essere testimoni nella misura dei nostri tempi, delle nostre circostanze, di questa epoca, molto moderna, molto differente dalla sua epoca. Quasi 18 sono i secoli che ci separano dalla sua vita e dalla sua morte. Ma nonostante questa distanza Gesù Cristo rimane lo stesso, ieri, oggi e per sempre. Questo ci unisce con la sua epoca, con l’epoca degli apostoli, con tutte le generazioni umane che hanno vissuto sulla terra, perché Gesù è salvatore del mondo, Gesù è redentore di tutti gli uomini, anche di quelli che non lo sanno e che non lo sapranno. Ma nella dimensione del mistero divino, lui è il nostro redentore e di tutta l’umanità. Lui è l’unico mediatore tra Dio e l’umanità. Lui ci porta con la sua croce e con la sua risurrezione verso il Padre. Essere testimone di Cristo vuol dire accettare, accogliere in fede il suo mistero e seguire questo mistero come una luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.
Vorrei concludere, carissimi presenti, con una benedizione insieme al cardinale e al vescovo del vostro settore, una benedizione a tutti i presenti e a tutti i parrocchiani di San Policarpo.
Ai bambini
Volevo dirvi che è una grande gioia per me essere qui, essere oggi tra voi, perché sento che qui Gesù Cristo è conosciuto, annunciato, catechizzato, ricevuto sacramentalmente e vissuto. È questo che ci unisce e ci fa Chiesa. Voi, la parrocchia di San Policarpo, una parrocchia e la Chiesa di Roma, Chiesa apostolica. Ci unisce, ci fa conoscere, amare e vivere Gesù Cristo. Vivere il suo Vangelo, vivere il suo ministero imperscrutabile. Questo è per noi una grande gioia e vorrei dire a questo lontano San Policarpo, dopo 18 secoli, vorrei dirgli che la sua testimonianza, il suo martirio per la fede porta frutto in questa parte della Chiesa di Roma, nella vostra parrocchia che porta il suo nome.
Vorrei nello stesso tempo ringraziare tutti quanti contribuiscono alla conoscenza di Gesù Cristo, alla conoscenza della fede, alla vita sacramentale, al Battesimo, alla prima Comunione, alla Confessione, alla Penitenza, alla Cresima. Sono certamente i vostri sacerdoti, a cominciare dal vostro parroco, e sono queste suore, sorelle religiose, che lavorano nella catechesi. Ma accanto ai sacerdoti e alle suore ci sono tanti catechisti, catechiste, laici, i vostri genitori, i vostri vicini della parrocchia, gli anziani, adulti, giovani. Tutti loro sono profondamente uniti in un comune impegno: quello di far conoscere, di far vivere Gesù Cristo agli altri, specialmente ai giovani, ai bambini, cominciando dai più piccoli. Far conoscere, far vivere Gesù Cristo, perché lui è la Via, lui è la Verità, lui è la Vita. Questo è il motivo della gioia che condivido con voi, essendo tra voi nella parrocchia di San Policarpo. Come segno di riconoscimento, come segno di comunione, vorrei offrire a tutti, insieme al cardinale vicario e al vescovo della vostra zona, una benedizione.
Al Consiglio pastorale
Dopo la celebrazione della Santa Messa, il Papa incontra il Consiglio pastorale. La segretaria dell’organismo rivolge un breve saluto al Santo Padre al quale Giovanni Paolo II risponde con le seguenti parole.
Grazie per questa relazione. Mi ha toccato soprattutto la parola “anima”, perché il Consiglio pastorale è l’anima della parrocchia. È una parola ambiziosa perché essere anima è più che essere consiglio. Il consiglio è un pensiero, una cosa intellettuale, uno scambio di vedute, un dialogo. Tutto questo è molto importante per l’animazione, deve essere animazione. Questa distinzione a me sembra molto opportuna. Il Consiglio deve animare, deve costituire nella parrocchia quella che è l’anima del corpo. Si diceva una volta, forse ai tempi di san Policarpo, o forse un po’ più tardi, che ciò che anima il corpo sono i cristiani. Certamente, la parrocchia è anche un mondo, un mondo neanche tanto piccolo, 40.000 abitanti in questo quartiere di Roma, case, palazzi, delle realtà umane o delle realtà mondane.
Io penso che i cristiani devono essere l’anima della parrocchia e che la parrocchia costituisce in una misura abbastanza significativa l’anima di questa comunità umana. Passando dalla parrocchia al Consiglio parrocchiale, io auguro a questo Consiglio di essere anima di questa animazione dei cristiani nel mondo, in questo mondo che si chiama parrocchia di San Policarpo. Vedendo tante persone impegnate nella problematica amministrativa, posso dire che anche loro fanno parte di questa animazione, ma, come ha ben detto uno dei membri, a loro spetta di regolare bene i conti. Vi auguro anche questo perché per una buona animazione bisogna anche saper regolare bene i conti. A tutti auguro la benedizione del Signore, a voi e alle persone che vi sono care e per cui portate la responsabilità.
Ai gruppi parrocchiali
I diversi gruppi di laici impegnati nella parrocchia di San Policarpo sono presentati al Papa da un giovane adulto, che si occupa della preparazione delle coppie che si avviano al matrimonio. Queste le parole pronunciate da Giovanni Paolo II.
Vi ringrazio per questa presentazione e vi ringrazio per questa presenza. Mi è venuto in mente che da parecchi anni, concretamente dagli anni del Concilio Vaticano II, si sono trovate nuove categorie e nuove parole con cui noi cristiani, ecclesiastici, laici tutti, cerchiamo di definire la nostra fede e la nostra appartenenza alla Chiesa. Io mi ricordo ancora, essendo allora sacerdote e vescovo giovane, che si parlava soprattutto di due categorie: una sono i credenti e praticanti e gli altri i credenti non praticanti. Questa divisione sembrava raccogliere tutta la realtà della parrocchia e della Chiesa diocesana. Oggi, naturalmente, queste due categorie non perdono la loro importanza e la loro identità. La fede rimane punto di partenza, la base dell’essere cristiani, dell’essere nella Chiesa. Ultimamente sono state però introdotte altre categorie, altre parole che corrispondono a una nuova consapevolezza. Si parla naturalmente dei praticanti, ma si parla molto di più dell’impegno, anzi dei ministeri, dei servizi. Devo dire che questo linguaggio corrisponde più perfettamente al linguaggio biblico, della Chiesa primitiva, della Chiesa apostolica e post-apostolica, che il linguaggio un po’ statistico e statico dei credenti non praticanti e dei credenti praticanti.
Nella Chiesa, secondo la visione paolina e degli altri documenti apostolici della Sacra Scrittura, vi sono i diversi impegni, i diversi ministeri, i diversi carismi. Oggi si parla molto di carismi, carismi dei credenti, dei battezzati, non solamente dei religiosi e delle religiose, ma anche, e direi soprattutto, dei laici. Ecco la nostra visione della Chiesa. Il modo in cui noi parliamo della Chiesa, di noi stessi, della nostra comunità e della nostra personalità cristiana è diventato più originale, più vicino al linguaggio della Sacra Scrittura, degli apostoli, della tradizione cristiana. Questo esprime ovviamente una nuova consapevolezza e esprime un nuovo dinamismo della Chiesa. Coloro che sono credenti praticanti sono capaci di vedersi, di autodefinirsi come apostoli, partecipi dell’apostolato. La Chiesa è tutta apostolica. Ciò vuol dire che è tutta inviata come Cristo, primo inviato del Padre, messaggero del Padre. Gli apostoli sono inviati di Cristo, come tutti noi, come tutta la Chiesa, composta da quelli che si sentono apostoli, inviati, che hanno da trasmettere un messaggio, che hanno da compiere un compito specificamente cristiano in se stessi, nel loro ambiente più vicino, nella famiglia, nella loro parrocchia, nel mondo.
È un’osservazione che forse potrebbe servire per ulteriori sviluppi dei vostri impegni, dei vostri gruppi, gruppi di studio, gruppi di preghiera, gruppi di apostolato, caritativi, catechistici, liturgici. Vi auguro un ulteriore approfondimento dell’ecclesiologia del Vaticano II, non solamente nei libri, nei testi, ma in voi stessi. Mi congratulo con la vostra parrocchia, e anche con tutte le altre parrocchie, con la Chiesa di Roma, vedendo come cresce questa consapevolezza cristiana, post-conciliare, ma, nello stesso tempo, originaria, vicina alla Chiesa primitiva, degli inizi.
Ai giovani
L’ultimo momento della visita pastorale alla parrocchia di San Policarpo è dedicato all’incontro con la nutrita ed attiva realtà giovanile, che è illustrata al Papa dagli interventi di due giovani che presentano alcuni doni. Rispondendo ad essi il Santo Padre pronuncia il seguente discorso.
Grazie per questi doni ma soprattutto per il dono della vostra presenza qui. Secondo le parole che riguardavano la comunità giovanile della parrocchia di San Policarpo ci sono molte ricchezze dalle quali sono nati questi doni: voi giovani, suore e novizie ospedaliere della Misericordia. Si poteva pensare alla parrocchia con tante vocazioni di religiose ma poi si vede che vengono soprattutto dalle Filippine. Anche altre hanno scelto questa parrocchia e fanno tesoro di questa parrocchia. Da quanto ho sentito mi viene in mente una parola di Gesù. Questa parola è “seguimi”. Penso che sia una parola chiave del Vangelo, ma anche di questa interpretazione che la vostra comunità giovanile vuol dare alla gente. Cristo lo dice ai giovani, ma non solamente, lo dice anche ai pescatori che poi diventano apostoli. “Seguimi”: questa parola implica che la vostra fede, il vostro essere cristiani è un cammino. Oggi si parla molto, si ripete molto spesso la parola “cammino”. La Chiesa è un cammino, Cristo è un cammino. “Io sono la Via”: Cristo è un cammino, è un grande camminatore. Ha percorso diverse strade della sua Patria, la Galilea, ha traversato anche la Samaria e la Palestina. Ma questo suo camminare durante i pochi anni della sua missione messianica è solamente una parte visibile. Rimane poi l’altra parte, immensa, incommensurabile, invisibile. Noi percorriamo - ha detto il vostro collega Paolo - un cammino dopo la Cresima e un cammino prima della Cresima. Noi diciamo così ed è vero. È un cammino vostro. Ma questo cammino, della prima Comunione, dopo la Comunione, della Cresima, dopo la Cresima, del Matrimonio, dopo il Matrimonio nella vita della famiglia, della vocazione religiosa, della vita sacerdotale, questo cammino è sempre una risposta al “seguimi” di Cristo. È anche il suo cammino nel mio o il mio cammino nel suo. Il suo cammino, il cammino di Cristo attraverso le generazioni, attraverso la storia, delle anime e anche delle comunità, delle parrocchie, delle diocesi, dei popoli, questo cammino è continuo. Sempre si ripete la parola “seguimi” e comincia un cammino che è mio, è tuo, è suo. Vi auguro di guardare sempre verso questo primo camminatore, verso colui che si mette in cammino. Gesù lo ha fatto personalmente durante la sua vita in Palestina, nella sua missione messianica. Oggi lo fa personalmente con la sua persona divina. La sua persona vive nella comunione trinitaria e oggi il “seguimi” di Gesù passa sempre attraverso lo Spirito Santo. Anche attraverso altre persone, attraverso i nostri genitori, attraverso i nostri educatori, attraverso i nostri pastori, ma per essere incisiva, efficace, questa parola di Gesù, “seguimi”, deve essere portata sempre dallo Spirito Santo.
Ecco una piccola riflessione complementare a quella che hanno fatto i vostri due oratori per esprimere lo stile di vita della comunità giovanile della parrocchia di San Policarpo. Vi auguro di continuare questo impegno, questo lavoro, perché è un lavoro, un lavoro spirituale, un lavoro apostolico. È un lavoro potente con la vita intensa, con la volontà, il cuore. Con tutto questo Dio interroga ciascuno di noi. Vi auguro di continuare, di continuare nel segno della parola “seguimi” che viene da Cristo, perciò nella vostra ricerca. Come cristiani siamo chiamati. Già il nostro Battesimo è il primo “seguimi” di Cristo nella vita di ciascuno di noi. Poi sulla base di questa prima chiamata battesimale, vengono altre chiamate attraverso i sacramenti ma anche attraverso i carismi, o attraverso gli indirizzi, le vocazioni, chiamate diverse (ci sono un sacerdote e un diacono nella vostra parrocchia, ci sono poi queste suore) ma anche attraverso chiamate alla vita cristiana che è caratterizzata da tanti diversi compiti soprattutto familiari o professionali. Si deve trovare in tutto questo un impegno cristiano, una risposta alla parola di Cristo.
Per concludere, auguro a voi tutti, giovani di questa parrocchia, auguro a voi tutti e a ciascuno di voi di cercare di capire la vostra vita personale e cristiana nella chiave di questa unica parola di Cristo, “seguimi”. Certamente anche san Policarpo ha accettato questa parola, ha compiuto la sua missione in modo esemplare. La memoria del suo martirio, della sua testimonianza, del suo sacrificio per Cristo è rimasta nella Chiesa universale, per le genti, anche a Roma e in questa parrocchia. Carissimi, vi ringrazio per questo incontro, grazie per i vostri canti, canti passati, presenti e futuri. A voi tutti voglio offrire una benedizione.
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