DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A 6.000 PELLEGRINI VENUTI DAL PIEMONTE E DALLA SICILIA
Lunedì, 8 ottobre 1990
1. Sono contento di incontrarvi nuovamente all’indomani della cerimonia di beatificazione dei vostri fondatori e padri spirituali. Rivolgo un fraterno benvenuto al card. Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Palermo; come pure saluto mons. Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino e mons. Ignazio Cannavò, arcivescovo di Messina, diocesi dalle quali provengono i nuovi beati, e tutti i vescovi presenti. Saluto, in particolare, i superiori e le superiore delle vostre rispettive Congregazioni, come pure le delegazioni e i gruppi che hanno preso parte al solenne rito di ieri. Vorrei, inoltre, abbracciare spiritualmente ogni membro delle vostre famiglie religiose e attraverso di loro far pervenire un affettuoso ringraziamento a tutti coloro che con generosità e abnegazione svolgono un prezioso servizio all’interno della comunità cristiana, occupandosi del problema delle vocazioni e diffondendo l’anelito caritativo e missionario che deve ispirare tutta l’azione pastorale.
2. “Prima santi e poi missionari” - amava ripetere il beato Allamano. La santità è la perfezione dell’amore e fu proprio questo amore a fare di lui un apostolo e un maestro di vita spirituale. Egli fece suoi l’ansia di san Paolo apostolo e l’ardore di san Francesco Saverio, che passarono da una nazione all’altra per annunciare il Cristo Salvatore. Avrebbe voluto accendere in tutti il fuoco della carità, specialmente nei sacerdoti. “Non abbiamo che pochi giorni da vivere; siano tutti per il Signore”, egli diceva, ripetendo un’espressione dello zio san Giuseppe Cafasso: “Lavoriamo, lavoriamo; ci riposeremo in paradiso”. E aggiungeva che occorre proclamare il Vangelo ed essere vicini ai fratelli in ogni loro necessità, anche a costo di compromettere la salute e di accorciare la vita: “Noi missionari siamo votati a dare la vita”.
3. Questa stessa passione per le anime fu del beato Annibale Maria Di Francia, autentico anticipatore e zelante maestro della moderna pastorale vocazionale. In lui l’amore alla Chiesa si fece attenzione e impegno per le vocazioni e per la formazione dei sacerdoti mentre la spinta missionaria si tradusse in servizio concreto ai poveri.
Quanto sembrano profetiche alcune sue espressioni a proposito della crisi delle vocazioni! “Tutti i fedeli - egli scriveva - debbono comprendere che la più grande misericordia che il buon Dio faccia a un popolo, a una città, sia appunto quella di mandarle eletti sacerdoti... Viceversa, il più grande castigo con cui l’Altissimo colpisce i popoli è quando li priva dei suoi ministri, o meglio di ministri secondo il suo cuore”.
E osservava che “i popoli debbono comprenderlo e avvezzarsi a pregare il Signore che mandi loro i sacerdoti che li catechizzino, che amministrino loro i santi sacramenti, che li conducano a vita eterna” (Scritti, Prez. Ades, 1919, p. 9).
Nacque da qui il “Rogate ergo Dominum messis” che, secondo lui, è il rimedio infallibile di tutti i mali della Chiesa. Questa intuizione profetica caratterizzò l’intera sua esistenza e animò le opere da lui fondate.
4. Accogliete, carissimi fratelli e sorelle, il messaggio affidato a voi dai vostri fondatori e fate sì che esso, con il passare degli anni, segni sempre maggiormente non solo la vostra personale esperienza, ma anche quella di tante altre persone. Disprezzando gli ideali terreni, assetati solo di Dio e della sua grazia, il beato Giuseppe Allamano e il beato Annibale Maria Di Francia sono diventati docili strumenti della misericordia divina e intrepidi propagatori dell’infinita carità del Signore. Le difficoltà e le incomprensioni non hanno mai rallentato la loro ascesa verso l’Assoluto; su ogni calcolo egoistico e temporale ha sempre prevalso la fiducia nella Provvidenza. Per questo il Signore li ha benedetti. E voi, che vi ispirate al loro esempio, non dovete cessare mai di avanzare sulle loro stesse tracce; potrete così annunciare anche voi, con la vostra esistenza, “le grandi opere di Dio” (At 2, 11).
In pegno di tali voti imparto di cuore a tutti la mia affettuosa benedizione.
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