VIAGGIO APOSTOLICO IN TANZANIA, BURUNDI, RWANDA E YAMOUSSOUKRO
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA AGLI INFERMI
NELL’OSPEDALE «PRINCIPE REGGENTE CARLO»
Bujumbura (Burundi) - Venerdì, 7 settembre 1990
Cari amici,
Ho voluto venire un momento fra voi, perché i malati hanno un posto privilegiato nel mio cuore. Vorrei portarvi un po’ di conforto. Siatene certi, per la Chiesa e per l’intera comunità umana, voi siete fratelli e sorelle molto amati. È vero che la malattia vi allontana dalle vostre colline e dai vostri quartieri, ma voi rimanete presenti nell’affetto dei vostri cari. Noi vi amiamo come siete in questo momento, più fragili nel portare il segreto della vostra sofferenza.
Quelli che godono di buona salute, e ciò talvolta vi rattrista, hanno difficoltà a comprendere la vostra prova e ad esprimervi tutto ciò che sentono, perché tutti si chiedono la ragione di tante sofferenze. Non la si può spiegare. Voi stessi, lo sapete meglio di chiunque altro. Ciò che desidero dirvi è che non siete abbandonati da Dio. Io vengo qui nel nome di Gesù. Nel Vangelo, lo vediamo spesso con i malati. Ne guarisce molti, perché è venuto per combattere il male. Ed egli fa ancora di più: prende su di sé la sofferenza dei suoi fratelli, animato dall’amore infinito che lo porta a donare la propria vita per salvare gli uomini. Fratelli e Sorelle malati e disabili, nel vostro percorso di dolore, Gesù è vostro compagno di cammino. Egli porta con voi il fardello della vostra sofferenza. Egli è risorto; è salito accanto al Padre per prepararvi un posto nel suo Regno. Egli è la vostra speranza.
Mi rivolgo ora ai medici, agli infermieri e a coloro che qui sono vicini ai malati. Tengo ad esprimere tutta la mia stima per la vostra competenza e la vostra dedizione. Cari amici, voi conducete contro il male una lotta difficile e perseverante. Vi incoraggio in questa missione così profondamente umana alla quale collaborate, Burundesi e collaboratori venuti dall’estero, per garantire ai vostri pazienti le migliori cure possibili.
La riconoscenza dei malati vi è data per i vostri trattamenti medici e anche per i vostri gesti di amicizia, la vostra comprensione, il vostro rispetto e il vostro sostegno fraterno. Questa gratitudine si estende ai sacerdoti che esercitano qui il loro ministero spirituale, così come ai volontari che visitano i più emarginati; che il Signore ricompensi la loro fedeltà e la loro generosità!
Cari amici, avrei voluto prolungare la mia visita e la mia conversazione con voi. Lo farò con un messaggio che indirizzo a tutti i malati del Burundi e ai loro terapeuti. Ma non vi lascio veramente. Voi rimanete nel mio pensiero, nella mia preghiera. Celebrerò fra poco la Messa per tutti i Burundesi, non vi dimenticherò nell’offrire il Sacrificio di Cristo.
Nel partire, vi esprimo con emozione la mia simpatia per voi che affrontate delle dure prove. Vi ringrazio, a nome della Chiesa e della società intera, per la vostra testimonianza di coraggio, di dignità umana e di fede.
Con fervore, invoco su di voi la protezione materna di Nostra Signora, e vi benedico di tutto cuore.
Il Santo Padre ha poi impartito la sua benedizione apostolica dicendo:
Che Dio benedica tutti gli ammalati e anche coloro che vi assistono: medici, infermieri, infermiere. Il messaggio odierno è orientato, rivolto, a tutti gli ammalati del vostro Paese. Che Dio benedica anche tutti gli ammalati ovunque, in ogni ospedale, in ogni posto in cui soffrono. Questa benedizione che vi ho offerta, l’offro ugualmente a tutti. Quindi, il Papa ha così proseguito: Mi rivolgo a tutti coloro che curano gli ammalati in questo grande ospedale, ai medici, infermieri, infermiere. Che Dio vi benedica, che vi dia l’ispirazione non solo professionale ma anche umana per poter assistere in ogni persona e in ogni ammalato un fratello, una sorella. Direi di più: per poter assistere in ogni persona ammalata Gesù Cristo stesso, quando in un momento decisivo ha detto: “Tutto quello che fate per uno di questi piccoli, per uno di questi ammalati, voi lo fate per me”. Che Dio vi conforti, che vi dia questo amore, amore che è una parte costitutiva della vostra vocazione in questo ospedale e in tutti gli ospedali del vostro Paese e dell’Africa. Molte grazie.
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