VISITA PASTORALE ALL’ARCIDIOCESI DI FERRARA-COMACCHIO
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MALATI E AL PERSONALE
DELL’ARCISPEDALE DI SANT’ANNA
Ferrara - Domenica, 23 settembre 1990
Carissimi fratelli e sorelle dell’arcispedale Sant’Anna di Ferrara!
1. Con viva gioia sono oggi tra voi per un incontro che ha un suo particolare rilievo nel corso di questa visita pastorale. A tutti rivolgo il mio cordiale saluto. Sono grato al signor presidente dell’Unità Sanitaria Locale e al signor direttore dell’Ospedale per le nobili parole con cui hanno interpretato i comuni sentimenti e hanno espresso gli alti valori a cui s’ispira l’azione di quanti prestano il loro servizio in questo centro di cura.
Uno speciale saluto desidero rivolgere ai degenti che qui trovano accoglienza, con l’augurio che la mia venuta tra loro rechi a ciascuno conforto e sollievo. Per questo voglio ringraziare di tutto cuore per le parole pronunciate da uno di voi, da uno di questi sofferenti degenti in questa Clinica.
Sono qui anche per benedire la prima pietra del nuovo ospedale. È spontaneo, in una circostanza come questa, riandare col pensiero all’origine di questa insigne opera ferrarese. Com’è noto, l’arcispedale di Sant’Anna venne fondato dal beato vescovo Giovanni Tavelli da Tossignano, il quale, autorizzato dal mio predecessore Eugenio IV, fuse insieme vari piccoli ospizi, creando “unum hospitale notabile et insigne” strutturato secondo il modello di Santa Maria Nuova di Firenze. La neonata istituzione venne affidata con diritto di giuspatronato al Comune di Ferrara, sottoponendone la gestione al governo di un priore, che era di norma un ecclesiastico.
Nella bolla di erezione dell’8 ottobre 1440, si statuivano, con sollecita premura, molteplici clausole a garanzia non soltanto del conveniente trattamento sanitario dei degenti, ma anche della loro cura spirituale, senza dimenticare peraltro quanti vi prestavano gratuita opera di assistenza.
2. In questa vostra Città, cari fratelli e sorelle, avete dunque una testimonianza eloquente della costante attenzione che la comunità cristiana ha riservato e riserva al grande problema della sofferenza umana e al vasto settore dell’assistenza, così complesso e importante. La Chiesa, che nella sollecitudine del Redentore verso i malati vede l’esempio normativo della propria condotta, ha sempre guardato con speciale interesse all’uomo provato dal dolore (cf. Salvifici doloris, 3). Di questo interesse sollecito e attento la mia presenza tra voi, carissimi, vuol essere ulteriore manifestazione e conferma.
Al tempo stesso, io desidero annunciare ancora una volta le fondamentali verità della fede, da cui tanta luce si riversa sul buio che avvolge il mistero del dolore umano. Gesù ha voluto patire per la salvezza dell’umanità. “Le sofferenze di nostro Signore - scrive un antico autore cristiano - sono le nostre medicine” (Teodoreto di Ciro, Trattato sull’Incarnazione, 28).
Siamo pertanto invitati ad avvicinarci sempre di più al Crocifisso, a capirlo, ad amarlo e a condividerne il mistero. Dalla meditazione della passione del Figlio di Dio noi attingiamo la forza per trasformare il peso pur grave della malattia, specialmente quando essa obbliga a prolungate degenze, in un’oblazione santificante per la Chiesa e per la stessa umanità.
Vi sono vicino, cari ammalati, con la mia preghiera e auspico che l’aiuto dell’Altissimo vi sostenga in questo tempo di prova. Vi auguro di tutto cuore che possiate presto guarire, e tornare così alle vostre case e tra i vostri familiari.
3. Il mio pensiero va poi a quanti prestano la loro opera per la cura e il sollievo dei degenti: ammiro, cari fratelli e sorelle, la vostra dedizione, e vi sono grato per quanto fate a favore dei pazienti a voi affidati.
Invoco, inoltre, il Signore affinché la vostra instancabile attività, sempre sostenuta da generosa disponibilità, sia coronata da frutti consolanti. Il compito che siete chiamati a svolgere in questo ospedale è una missione a servizio dell’uomo. Vostro modello sia il buon samaritano: il medico, l’infermiere, l’operatore sanitario e il volontario sono chiamati a imitare il gesto del generoso soccorritore, tratteggiato nella parabola evangelica, e a porsi, come lui, al fianco di chi soffre.
L’insegnamento di Gesù vi illumini nel vostro quotidiano impegno e vi stimoli ad agire sempre con la dovuta preparazione scientifica e con detta coscienza per servire la vita che è sacra, e la cui difesa, dal suo nascere fino alla morte naturale, forma il vanto della vera scienza medica.
Davanti ai vostri occhi e nelle vostre mani voi avete una persona con la sua dignità e i suoi diritti: essa porta scolpita in sé l’immagine di Dio Creatore (cf. Gen 1, 27). È precisamente in questo riferimento al trascendente Principio di ogni essere umano che trova il suo fondamento ultimo il dovere di soccorrere il prossimo senza distinzione di razza, di lingua, di convinzione politica, di religione. Il rapporto malato-medico diventa, in tal modo, sempre più un incontro tra due fratelli “tra una “fiducia” e una «coscienza»”).
Sia dunque il vostro lavoro costante testimonianza di alta capacità professionale e di generosa dedizione a servizio dell’uomo.
4. In questa circostanza, così singolare e significativa, sono lieto di benedire la prima pietra del futuro Ospedale, che l’amministrazione civica e gli enti pubblici hanno deciso di costruire a beneficio non solo della Città, ma dell’intera Provincia di Ferrara. Auspico che questa nuova struttura sanitaria sia all’avanguardia non solo per la sua perfetta organizzazione, ma anche, e soprattutto, per i rapporti di reciproca carità che si instaureranno al suo interno.
Invocando l’intercessione di Maria, “Salus infirmorum”, vi imparto di cuore la benedizione apostolica, che estendo a tutti i vostri cari.
Dopo la preghiera e la benedizione della prima pietra del nuovo Ospedale, il Papa aggiunge poche parole.
Vorrei ancora ringraziare tutti i miei fratelli presbiteri diocesani e religiosi, soprattutto i fratelli Cappuccini, per la loro opera pastorale di grandissima importanza che svolgono qui, in questo Ospedale, e dappertutto, nella città, nella diocesi di Ferrara, accanto ai sofferenti. Grazie di cuore.
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