VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(1°-9 GIUGNO 1991)
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL PAESE E AI MEMBRI DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE POLACCA
Segreteria della Conferenza Episcopale Polacca di Varsavia
Domenica, 9 giugno 1991
Venerati e cari fratelli!
1. Il 14 febbraio 1990, festa degli Apostoli degli Slavi, ho iniziato la preparazione al quarto pellegrinaggio in Patria. Da quel giorno, ogni incontro con i Connazionali durante le udienze generali del mercoledì, ha avuto come tema: “Il Ciclo di Jasna Gora”.
Il primo ciclo così precedette il mio arrivo in Polonia nel 1983, per i 600 anni di Jasna Gora, ed era unito alla situazione dello stato di guerra. Dopo il 1989 la situazione subì un cambiamento essenziale. Il Primate di Polonia paragonò quel cambiamento al passaggio attraverso il Mar Rosso. Mi sembrava una cosa importante mostrare nel “Ciclo di Jasna Gora” la prima dimensione europea di questo passaggio, e da qui un seguito di temi dedicati ai nostri vicini e popoli dello stesso ceppo, specialmente della regione dell’Europa centrale e anche orientale.
Un ulteriore sfondo per questo ciclo, e soprattutto per gli eventi decisivi degli ultimi anni, è l’enciclica Slavorum apostoli e la proclamazione dei Santi Cirillo e Metodio compatroni dell’Europa, insieme a San Benedetto. Questi sono i popoli a noi più vicini nei percorsi della prima evangelizzazione del continente. Lo evidenzia anche l’eloquenza delle date: il Millennio del Battesimo a Gniezno nel 1966 - il Millennio del Battesimo di Kiev nel 1988. Riesce difficile non scorgere che ciascuno di questi anniversari preparava il terreno per i cambiamenti essenziali.
2. Il processo di questi mutamenti è avanzato in ugual misura, passa non solo, come spesso si ritiene, nella direzione dall’Est all’Ovest, per confermare la precedenza e la supremazia di questo ultimo. Va soprattutto nel profondo di ogni popolo abbracciato da questo processo, ed insieme dalla Chiesa, che a ciascuno di essi nel suo tempo portò il Cristo e il Vangelo e continua a desiderare di portarlo.
Ciò divenne anche il principale motivo della convocazione del Sinodo dei Vescovi d’Europa, che si svolgerà verso la fine dell’anno corrente.
La circostanza del luogo dove quel Sinodo venne annunziato - l’antica sede vescovile di San Metodio, Velehrad in Moravia - possiede anche una significativa eloquenza.
Attraverso l’iniziativa del Sinodo tutte le Conferenze Episcopali sono chiamate a rientrare in se stesse, nella realtà della propria Chiesa. Solo su una tale via sarà possibile quello “scambio di doni”, ritenuto dal Concilio essenziale per la “communio” ecclesiale (Lumen Gentium, 13). Come compito essenziale si delinea davanti all’Episcopato Polacco la necessità di rientrare in sé, nella Chiesa che è sulla nostra terra con il suo “ieri ed oggi” - prendendo in considerazione il completo orizzonte europeo. Lo scopo di tutti gli Episcopati dell’Europa, in questo Sinodo, sarà ovviamente quello di volgere lo sguardo verso “il domani” delle società dall’Atlantico fino agli Urali, dal punto di vista della missione della Chiesa, cioè della evangelizzazione in prospettiva degli inizi del terzo Millennio dopo la nascita di Cristo.
A questo punto si apre davanti al Sinodo l’esigenza ecumenica. Si sa che l’Europa è divisa tra il cattolicesimo, la religione ortodossa, e il protestantesimo. Se c’è qualcosa che debba avvicinare i rami separati dell’albero del cristianesimo in Europa, certamente è il comune servizio all’uomo nella dimensione del mistero pasquale di Cristo. Questo è un compito per il Sinodo Europeo, questo è un compito - in diverso grado - di ogni Episcopato, anche dell’Episcopato Polacco.
3. La via della Chiesa è l’uomo - queste parole tratte dalla mia prima enciclica, Redemptor hominis, rimangono sempre valide. In un certo senso si intensifica perfino la loro importanza e l’imperativo ivi contenuto. L’uomo è la via della Chiesa, perché il Verbo eterno, divenendo Figlio dell’uomo, rivelò l’uomo all’uomo. La pienezza dell’autorivelazione di Dio-Trinità indica allo stesso tempo la pienezza della rivelazione dell’uomo all’uomo.
Per questo l’uomo è la via della Chiesa. L’Episcopato e la Chiesa in Polonia devono in un certo senso tradurre questo compito in un linguaggio di compiti concreti, servendosi della visione conciliare della Chiesa-Popolo di Dio, e anche della nostra analogia dei “segni dei tempi”. I nostri “segni dei tempi” polacchi subirono un chiaro spostamento insieme al crollo del sistema marxista e totalitario, che condizionava la consapevolezza e gli atteggiamenti della gente del nostro Paese.
Nel sistema precedente la Chiesa prendeva le difese dell’uomo davanti al sistema - per dire meglio: la Chiesa creava quasi uno spazio in cui l’uomo e la nazione potevano difendere i propri diritti. La Chiesa in Polonia poteva realizzare quel compito, ciò è motivo di gratitudine verso Dio, verso la Madre di Dio, di gratitudine unita al senso evangelico di essere servo (sì: un “servo inutile” cf. Lc 17, 19).
Dopo il passaggio attraverso il “Mar Rosso” il Primate di Polonia esortava a questa gratitudine, indicando le persone, alle quali la Divina Provvidenza aveva permesso di compiere quell’importante servizio, cominciando, giustamente, dalla figura del grande Primate del Millennio.
Ora nel nome dello stesso principio: “l’uomo è la via della Chiesa” ci poniamo di fronte ai nuovi compiti: l’uomo deve trovare spazio nella Chiesa per difendersi in un certo senso contro se stesso: contro il cattivo uso della propria libertà, contro lo sciupo della grande chance storica per la Nazione.
Per quanto la situazione di prima otteneva il generale riconoscimento per la Chiesa (perfino da parte di persone e di ambienti “laici”) - nella situazione attuale in molti casi non si può contare su un tale riconoscimento. Bisogna piuttosto tenere in conto la critica, e forse perfino qualcosa di peggio. Bisogna riuscire a fare il discernimento: accettare ciò che per ogni critica può essere giusto. E per il resto: è una cosa chiara che Cristo sempre sarà “segno di contraddizione” (cf. Lc 2, 34). Questa “contraddizione” è per la Chiesa anche una conferma di essere se stessa, di essere nella verità. Essa è forse anche il coefficiente della missione evangelica e del servizio pastorale.
4. In questo contesto desidero richiamarmi ancora ad un altro avvenimento che ha avuto luogo a Roma, durante l’ottava pasquale dell’anno in corso: il Concistoro straordinario che ha riunito i Membri del Collegio Cardinalizio provenienti da tutto il mondo. Durante tre giorni i partecipanti del Concistoro si sono concentrati su alcuni problemi principali: l’urgenza dell’annuncio di Cristo unico Salvatore; la promozione e difesa della fede cattolica contro ogni pericolo di devianza, dottrinale e psicologica, derivante dal proselitismo delle sette.
Richiamo qui il testo della Dichiarazione dei Cardinali riuniti a Roma che si presenta come segue: “Ma soprattutto i Cardinali col Papa affermano l’inviolabilità sacra della vita umana, dono di Dio, oggi più direttamente minacciata fin dal suo inizio con la diffusione impressionante dell’aborto, anche legalizzato ed ora sovente collegato con inammissibili manipolazioni genetiche. La formazione sempre più dilagante, anche tra persone naturalmente oneste, di una mentalità permissiva circa l’aborto, conduce pure inesorabilmente all’accettazione di un’altra soppressione diretta della vita sia per gli anziani che per gli invalidi e per i minorati fisici e psichici, cioè l’eutanasia”.
Di fronte a questo importante argomento al quale l’Episcopato polacco ha dedicato già negli ultimi tempi una serie di pronunciamenti, dobbiamo rimanere fedeli alle parole dell’Apostolo dei Gentili: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si ricorderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero” (2 Tm 4, 1-5).
Nello stesso tempo desidero ringraziare tutti i sacerdoti polacchi, e molti, tanti fratelli e sorelle laici i quali all’importante problema della protezione della vita dei bambini ancora non nati dedicano tutte le loro forze. Si tratta di un superamento del grande male che in relazione alla legge permissiva dell’anno 1956 la quale legalizza la soppressione della vita dei bambini ancora non nati, si è diffuso nella società polacca. Ringrazio per le iniziative parlamentari che mirano ad assicurare la vita umana sin dal momento del concepimento nel seno della madre. Una chiara posizione della legge nei confronti dell’aborto è indispensabile, perché possa realizzarsi anche un solido processo di conversione. Infatti un’appropriata attività pastorale viene messa in difficoltà quando la legge la impedisce.
Ciò che è “legale” viene purtroppo spesso considerato facilmente come “moralmente lecito”. Le parole di San Paolo sono qui, cari fratelli, molto attuali. Basta aggiungere che il menzionato Concistoro dei Cardinali provenienti da tutto il mondo obbliga il Papa alla stessa cosa “praedica . . . insta opportune, importune”!
5. Per concludere, conformemente alla nostra usanza, cari fratelli, raccomandiamo a Gesù misericordioso, “autore e perfezionatore della fede” (cf. Eb 12, 2), i Vescovi che sin dal nostro ultimo incontro sono passati da questo gruppo nell’eternità: il Vescovo di Plock Bogdan Sikorski, il Vescovo emerito di Katowice Herbert Bednorz e l’Arcivescovo di Tarnow Jerzy Ablewicz, il Vescovo di Warmia Jan Oblak e anche il non appartenente alla Conferenza dell’Episcopato Polacco, morto a Roma, Cardinale Wladyslaw Rubin, che riposa a Lubaczow. Raccomandiamo anche i Vescovi ausiliari deceduti: Jan Pietraszko, mio stretto collaboratore a Cracovia, Jan Michalski, Walenty Wojcik e Jerzy Dabrowski morto tragicamente di recente.
Negli ultimi quattro anni sono stati chiamati tre ordinari: il Vescovo di Tarnow, il Vescovo di Przemysl per i fedeli di rito bizantino-ucraino e primo nella terza Repubblica, il Vescovo Castrense, e anche i quattordici Vescovi ausiliari.
Un capitolo a parte è che nel periodo in questione tra il clero polacco in Roma sono stati chiamati tre nuovi arcivescovi per il diretto servizio della Sede apostolica. Sono lieto che con la Conferenza dell’Episcopato Polacco cooperano i rappresentanti della Consulta dei Superiori Maggiori delle Congregazioni maschili e femminili.
Do a loro un benvenuto e saluto cordialissimo, augurando una fruttuosa missione radicata nella loro particolare testimonianza evangelica. Approfittando di questo incontro fraterno, desidero porre nelle mani dell’Episcopato i miei sentimenti colmi di gratitudine per la fatica della preparazione della mia quarta visita in Patria, per tutta la Chiesa in Polonia: per i sacerdoti, per le famiglie religiose maschili e femminili, per tutti i miei fratelli e sorelle e per i fedeli laici. Mi rendo conto delle dimensioni di questa fatica e di questo sacrificio. L’occhio umano non arriverà dappertutto. Dico dunque: “Bog zaplac” dell’ospitalità: “Bog zaplac” di tutto.
La Chiesa in Polonia sta di fronte a nuovi importanti compiti ed iniziative, nomino soltanto il Sinodo Plenario e la seconda Visitazione della Madonna nella sua effigie di Jasna Gora. Chiedo a Dio di essere presente in queste iniziative, di benedirle, di mostrare per loro mezzo le sue “grandi opere” (cf. At 2, 11).
“Dio, tu hai concesso alla nazione polacca un mirabile aiuto e una mirabile difesa nella Santissima Vergine Maria, degnati di far sì, che per l’intercessione della nostra Madre e Regina, la religione goda incessantemente della libertà, e la Patria si sviluppi nella pace”.
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