VISITA PASTORALE A CAMERINO - S. SEVERINO
E A FABRIANO - MATELICA (MARCHE)
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL MONDO UNIVERSITARIO NEL
CENTENARIO DELLA «RERUM NOVARUM»
Teatro Comunale «Filippo Marchetti» (Camerino) - Martedì, 19 marzo 1991
Signor Ministro,
Signor Magnifico Rettore,
docenti e studenti dell’Università di Camerino,
e voi professori e rappresentanti delle Università di Ancona,
Macerata e Urbino!
1. Ringrazio il Signor Ministro e il Signor Rettore per le nobili parole che mi hanno rivolto, e ricambio con un cordiale e deferente saluto diretto a ciascuno di voi i sentimenti di ossequio, da loro espressi a nome di tutti.
La mia presenza in questa sede risveglia in me i ricordi dell’esperienza vissuta in anni lontani nell’ambito dell’insegnamento superiore. Successivamente la Provvidenza mi ha affidato il compito di insegnare alle genti il Vangelo che Gesù Cristo consegnò a Pietro e agli altri apostoli, ed a questo titolo soprattutto ho risposto volentieri al vostro invito.
So che con saggia decisione il Senato Accademico ha qui istituito una cattedra di dottrina sociale della Chiesa, in felice coincidenza col centenario della Rerum Novarum, la memorabile Enciclica che di quella dottrina tracciò le linee fondamentali. Nel vostro gesto di omaggio non vedo solo una singolare attenzione per il Papa, ma anche un’espressione di riconoscenza verso la Chiesa per il ruolo che essa ha svolto e svolge tuttora nella promozione del sapere e della scienza. Personalmente debbo anche ringraziare perché mi si offre l’onore - come mi avete scritto - di tenere la prima lezione di questo nuovo corso di dottrina sociale, che si apre proprio nel giorno dedicato a San Giuseppe, patrono del mondo del lavoro.
2. Cento anni fa il pontefice Leone XIII con la sua Enciclica, riprendendo concetti e direttive sue e dei predecessori, avviava una riflessione approfondita che si sarebbe rivelata via via più importante nella dinamica della vita sociale: il tema del lavoro e della vita del lavoratore. Si presentavano allora nuovi ed ardui problemi. Mentre, in precedenza, il lavoro si era mantenuto nelle forme consuete dell’operosità individuale e artigianale, nel nuovo clima sociale esso era venuto iscrivendosi in un sistema economico governato da leggi che non erano sempre a servizio dell’uomo, prevalendo piuttosto i criteri della produttività e del guadagno. Per questo si erano fatte frequenti le crisi economico-sociali, dovute non già alla scarsità delle risorse o alle calamità naturali, ma a problemi di organizzazione e di distribuzione, al poco rispetto delle esigenze umane e morali, alla carenza di strumenti giuridici e legislativi.
La logica del profitto era considerata l’elemento essenziale del progresso economico, il che aveva creato ristrette classi ed aree di benessere in un contesto sempre più vasto di miseria, che acuiva le tensioni tra le categorie e costituiva un grave pericolo per l’intera società.
3. Da quel tempo molti problemi sono stati risolti, e certamente più chiaro e meglio definito giuridicamente è il quadro dei rapporti tra le classi, in una visione globale dei rispettivi diritti e doveri. È vero anche che, grazie all’insegnamento dei Romani Pontefici e al contributo fattivo di molti spiriti nobili, sono state corrette tante storture ed elaborate positive soluzioni. Ma la situazione generale del mondo permane carica di pericoli, perché, superati certi problemi, ne sono insorti altri, più complessi e più ampi. La Chiesa non ha un suo sistema economico da proporre, né fa scelte di ordine tecnico; tuttavia, ha elaborato una compiuta “dottrina sociale”, indicando chiaramente la sua posizione in ordine ai problemi che il contesto sociale pone, ed ispirandosi al messaggio, di cui è portatrice, circa il destino finale dell’uomo e l’incidenza che in esso ha la vita che si conduce quaggiù.
Come ben sapete, oggi il termine lavoro, nell’accezione divenuta corrente, comprende ogni attività umana e viene a coincidere con le varie sue espressioni economiche, artigianali e industriali, di servizio e di impiego, di ricerca e di studio. Rispondendo alla parola contenuta nella prima pagina della Bibbia circa il dominio dell’uomo sul creato, il lavoro partecipa all’opera creativa di Dio, che pose l’uomo “nel giardino di Eden, affinché lo custodisse e lo coltivasse” (cf. Gen 1, 28; 2, 15).
A tale processo di trasformazione del creato, a cui l’uomo è chiamato per vocazione, si rifà il messaggio sociale della Chiesa. Senza mai dimenticare la destinazione soprannaturale dell’uomo, la Chiesa non rinuncia a richiamargli anche questa funzione terrena, e si impegna per il necessario raccordo tra il temporale e il trascendente. Essa opera non al livello tecnico-strutturale della società, ma al livello in cui si elabora la cultura umana, come insieme dei valori sui quali si fonda il significato stesso dell’esistenza. Essa si sforza di portare nell’elaborazione culturale umana la componente soprannaturale.
4. Ma quali sono oggi i problemi da risolvere, quali i nuovi e maggiori interrogativi sui quali la Chiesa desidera instaurare un dialogo specialmente con i centri della cultura? Essi nascono dagli stessi, prestigiosi traguardi raggiunti.
La conquista dello spazio è il coronamento di un progresso tecnico, non mai raggiunto finora e aperto su prospettive sconfinate. L’energia nucleare, utilizzata dapprima a scopi di morte, sta avanzando, pur tra rischi tutt’altro che ipotetici, verso la meta di una produzione atta a soddisfare i crescenti bisogni. Com’è noto, è emerso anche il problema dell’inquinamento e della distruzione delle riserve, ma l’uomo ne ha preso coscienza e saprà prendere misure di sicurezza. Parimenti la scienza è ormai in grado di intervenire nelle dinamiche della genetica, ma gli esiti appaiono ambivalenti, positivi e negativi, a beneficio o a rischio della vita umana fin dal suo sorgere. L’informatica e l’automazione stanno potenziando l’operosità umana, riducendo drasticamente la fatica in tanti settori.
Sono, questi, alcuni punti del cammino dell’uomo alle soglie del Duemila. Al riguardo, non dobbiamo ascoltare i “profeti di sventura”, pronti a vedere catastrofi dietro ogni angolo. Certamente l’uomo ha il potere di distruggere la propria vita, anzi ogni forma di vita sulla faccia della terra; però la concezione cristiana, rafforzando le spinte più nobili della natura umana, offre motivi di immutata speranza e sostiene le ragioni dell’ottimismo, poiché crede alla presenza provvida, nel mondo, di Dio Padre e del suo Figlio salvatore.
La Chiesa, che “si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia” (Gaudium et Spes, 1), desidera recare il proprio contributo alla preparazione degli uomini che entreranno nel nuovo Millennio.
5. Creare l’uomo nuovo: non è stato forse il sogno di tante ideologie che si sono succedute nel corso dei secoli e sono tanto spesso crollate ai piedi di quest’uomo - che siamo ciascuno di noi! - nella drammatica potenza e fragilità della sua esistenza?
Questo è l’uomo al quale Dio ha rivelato il significato del suo esistere e del suo vivere, facendone così una nuova creatura, un uomo nuovo (cf. 2 Cor 5, 17; Gal 6, 15; Ef 2, 15) (cf. Gaudium et Spes, 55-56). Certo, anche al di fuori della Rivelazione cristiana, sono sempre stati vivi gli interrogativi supremi, come testimoniano le religioni, le filosofie e le letterature. In dialogo con queste realtà culturali, la Chiesa propone e ripropone il suo messaggio, la sua “lettura” dell’uomo e delle realtà umane.
Si pensi alla Chiesa apostolica e al suo rapporto con l’ebraismo, al Concilio di Gerusalemme, all’apertura verso i gentili, chiamati anch’essi alla salvezza. Si pensi al confronto con la cultura ellenistica e alla meravigliosa fioritura dell’epoca patristica. La Chiesa ha sempre cercato il dialogo con le realtà storiche in cui viveva. Anche nel Medioevo, sulla scia del sapere filosofico antico, essa ha favorito nuove sintesi di valori sul piano scientifico e nuove strutture sociali per la convivenza dei popoli.
6. La cultura non rappresenta l’assoluto nel campo dei valori, ma è un cammino verso l’assoluto. Anche la Chiesa è in cammino verso il grande traguardo per la sua irrinunciabile vocazione, ed a tal fine non può ignorare le realtà che incontra lungo questo cammino. Di fatto che cos’erano le Università da essa fondate se non luoghi di confronto e di dialogo tra fede e sapere? Come dice il nome, “Universitas studiorum” significa il convergere delle varie prospettive del sapere in una sintesi superiore che dia senso all’uomo e al suo destino.
Camerino è stata una delle sedi più antiche di simili laboratori della cultura: se già nel primo Trecento si parla della sua “Universitas studii”, risale al 1377 la bolla di papa Gregorio XI, diretta al Comune, in cui si concedeva ad essa lo “Studio generale” con tutti i privilegi e diritti. Come la vostra, tante altre Università sono state fin dall’inizio collegate all’attività della Chiesa, e anche successivamente non si è mai spezzato un tale rapporto.
Come dissi all’Università di Pavia, “non c’è concorrenza tra la scienza e la fede nei riguardi dell’uomo; c’è piuttosto complementarità, poiché la scienza da sola non riesce a soddisfare l’esigenza di assoluto, ch’è insopprimibile nel cuore dell’uomo”.
Punto fermo della dottrina sociale della Chiesa è che l’uomo deve nutrirsi non solo del “pane del lavoro delle sue mani . . . ma anche del pane della scienza e del progresso, della civiltà e della cultura” (Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 1). Si deve, perciò, procurare che siano aboliti ostacoli e discriminazioni nell’accesso alla cultura, la quale, se retta e ordinata, potrà essere anche veicolo del messaggio cristiano.
7. Gli stessi problemi e le moderne conquiste, sopra accennate, potranno favorire nuove forme di dialogo tra la cultura e la fede. Dall’ecologia alla bioetica e alle scienze informatiche emergono opportunità che non debbono essere trascurate. La Chiesa sente di vivere una fase tra le più innovatrici della storia, in cui il concetto stesso di cultura si è dilatato. Per questo, anche la dottrina sociale della Chiesa dovrà impegnarsi con forza creativa in tentativi originali. Si pensi, ad esempio, alle grandi migrazioni, per le quali milioni e milioni di persone si spostano, portandosi un patrimonio maturato in molti secoli e decise a non dissolverlo in un processo di deculturazione e di assimilazione da parte dei Paesi di arrivo. Come non avvertire l’esigenza di conservare e valorizzare certe diversità, quando si rivelino originali e feconde contro il livellamento e le generalizzazioni? Sul piano delle strutture sociali si intravedono forme di società multiculturali, che superano i tradizionali confini geografici e politici.
8. In un quadro così ricco di elementi, da comporre in sintesi col contributo di tutti i popoli e culture, quale sarà la linea della Chiesa?
È quella di sempre: nella luce di Dio affermare il primato dell’uomo! L’uomo singolo, come persona, è la realtà suprema del creato, per i valori di cui Dio creatore lo ha dotato e per il trascendente destino che gli ha assegnato. A questa realtà si deve adeguare la stessa cultura, rimanendo fedele all’uomo e alla verità dell’uomo; rimanendo funzionale rispetto all’uomo non solo come persona singola, ma anche come collettività e società. La cultura, costituendo l’“habitat” dello spirito, dovrà essere “capace . . . di liberare l’esistenza umana, individuale e collettiva, dalle minacce che pesano su di lei” (Ioannis Puli PP. II, Allocutio Lutetiae Parisiorum ad eos qui conventui Consilii ab exsecutione internationalis organismi compendiariis litteris UNESCO nuncupati affuere, 4, die 2 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1683). Essa dovrà far superare la paura che l’uomo ha spesso delle proprie conquiste scientifiche, quali potenziali strumenti di distruzione. Tali conquiste, invece, potranno costituire mezzi efficaci per debellare tante piaghe, quali la malattia, la fame, la violenza, il dominio dell’uomo sull’uomo, offrendo così una vita più degna alle nuove generazioni.
9. In questo processo la Chiesa domanda uno spazio alla sua azione di orientamento e di promozione, perché ha una parola importante da dire nelle nuove sintesi non più dilazionabili per l’ordinato sviluppo della vita sociale. Essa non si stancherà di “affermare l’uomo per se stesso, e non per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso!”, e più ancora continuerà a ripetere che “bisogna amare l’uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l’amore per l’uomo in ragione della dignità singolare che egli possiede” (Ivi).
Scendendo dal piano dei principi alla pratica, essa procurerà di rinnovare le testimonianze che punteggiano la sua storia, sviluppando la sua opera di solidarietà con i poveri, gli emarginati, gli esclusi, promovendo i valori umani autentici, favorendo l’accesso alla fruizione della cultura, in modo che, avendo quel “di più” che la cultura garantisce, i soggetti umani siano più liberi e spiritualmente più ricchi.
Certo la Chiesa nella sua dottrina sociale non possiede un prontuario per la soluzione dei problemi. Anch’essa dovrà cercare, confrontarsi, verificare: ma ha con sé, come guida sicura nel suo cammino, la luce e la forza del suo fondatore Gesù Cristo. Seguendo fedelmente Cristo, nell’umile ascolto dello Spirito di Cristo, essa continuerà ad annunciare l’eterno messaggio di salvezza, che fa eco all’annuncio cantato dagli angeli a Betlemme: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Pace in preparazione della felicità eterna, ma agli uomini di buona volontà.
Alle soglie del terzo Millennio della redenzione, auguro all’Università di Camerino, come alle altre Università della Regione, di riuscire a formare uomini di buona volontà!
Prima di lasciare il Teatro Comunale, il Papa rivolge un ultimo saluto alla comunità universitaria delle Marche.
È una circostanza un po’ inconsueta che la Solennità di San Giuseppe si festeggi in una Università. Ma direi anche che è una circostanza dovuta, perché anche nell’Università si lavora. Anzi, questo lavoro scientifico di ricerca, di studio, di insegnamento condiziona tanti altri lavori, condiziona il grande campo di lavoro che è ogni Stato, ogni Nazione, ogni società, l’umanità intera. Certamente il progresso umano a cui si arriva attraverso il lavoro è condizionato dalla ricerca e dalla scienza, dalle Università. Allora, devo esprimere una gratitudine speciale per questa iniziativa, appunto nel giorno di San Giuseppe. Noi non sappiamo niente della sua attività scientifica, ma sappiamo una cosa: che ha saputo ascoltare la Parola di Dio e comprenderla fino in fondo. E questa è più che una scienza, è una saggezza, una sapienza. Certamente era uno dei rappresentanti della sapienza cristiana più sublimi. Grazie per questa accoglienza.
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