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VISITA PASTORALE A LATINA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CLERO, AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE

Cattedrale di Latina - Domenica, 29 settembre 1991

 

Carissimi fratelli e sorelle,

1. Sono particolarmente lieto di incontrarvi, cari Sacerdoti, Religiosi e Religiose, nel corso di questa mia breve visita pastorale alla vostra Diocesi, in occasione del centenario della nascita di Santa Maria Goretti, vostra conterranea e fulgido esempio di eroica fedeltà a Cristo.

La sua esistenza - Maria Goretti morì all’età di appena dodici anni, il 6 luglio 1902 - è una eloquente testimonianza di coerenza cristiana, di singolare santità, scaturita da una saggia educazione familiare ai valori evangelici. La sua fu una vita povera e sacrificata, ma quanto feconda di generosa dedizione a Dio e ai suoi comandamenti!

Nel suo nome vi saluto tutti. Saluto in maniera speciale il vostro Pastore, il carissimo Mons. Domenico Pecile, che ringrazio per le cortesi parole con cui ha aperto questa nostra riunione, e i Presuli presenti.

Attraverso ciascuno di voi, cari Sacerdoti, Religiosi e Religiose, che abbraccio spiritualmente, vorrei far giungere da questa Cattedrale, simbolo dell’unità della Comunità ecclesiale, un cordiale pensiero a tutte le componenti della Diocesi di Latina, Terracina, Sezze e Priverno, il cui processo di unificazione si è di recente consolidato.

2. “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti . . ., e ciò che nel mondo è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1 Cor 1, 27-28).

Queste parole dell’apostolo Paolo rivestono nell’odierna circostanza un significato tutto particolare. Esse sottolineano la potenza del Signore che opera efficacemente nel cuore dell’uomo, producendo frutti di santità, laddove riscontra disponibilità e docilità alla sua azione. Esse ci ricordano la fondamentale vocazione a cui siamo chiamati con il Battesimo: rendere gloria a Dio con l’offerta della nostra vita.

In Maria Goretti noi esaltiamo la potenza invincibile della Grazia divina, che “dona agli inermi la forza del martirio” e con Gesù possiamo esultare nello Spirito, lodando il Padre: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 25-26).

Come già era avvenuto in Maria di Nazaret, come si è verificato in tantissimi altri fedeli servitori del Signore lungo i secoli, così anche in Maria Goretti lo Spirito Santo ha potuto operare in profondità, perché ha trovato un cuore umile e pieno di fede.

È infatti la fede che spiega la vicenda di questa giovane ragazza che, a soli dodici anni, preferisce la morte anziché piegarsi alla violenza. Senza la fede in Dio, la figura di Maria Goretti si scolorisce o, peggio, viene imprigionata in schemi riduttivi ed ambigui.

Credere è scegliere il Signore come unico bene, anzi lasciarsi da lui prendere totalmente e professargli con le opere: “Sei tu il mio Dio; senza di te non ho altro bene . . . Sei tu, Signore, la mia eredità, il calice che mi dà gioia; il mio destino è nelle tue mani” (Sal 16).

Ma proprio perché credere è “far credito a Dio”, l’atto di fede diventa pure un assentire “volontariamente alla rivelazione che egli fa” (Dei Verbum, 5).

In Maria Goretti noi riscontriamo una fede adulta, dalle certezze ben salde, in nome della quale ella difende la sua purezza, consapevole di appartenere totalmente a Cristo. Sa bene che il suo corpo è tempio dello Spirito Santo e che, cedendo alla tentazione, verrebbe ad infrangere il patto di fedeltà con il Signore, tante volte confermato nella preghiera. Con il peccato, infatti, ci si separa da Dio, nostro unico bene, scegliendo di stare dalla parte degli “idoli”, i quali conducono alla morte, e ci si avvia, quindi, verso la condanna eterna, l’inferno.

3. Carissimi fratelli e sorelle, l’esempio di questa giovinetta, che a dodici anni ha avuto la grazia del martirio, sia costantemente dinanzi a voi e al vostro impegno apostolico. Siate, come lei, persone di fede profonda, di totale dedizione a Dio, che vi ha chiamati ad essere santi ed araldi intrepidi del Vangelo. Cristo ha bisogno della piena vostra disponibilità per agire in voi e per operare, attraverso il ministero pastorale affidatovi, nel cuore di quanti quotidianamente incontrate.

Non tutti certamente siamo chiamati, come Maria Goretti, a subire il martirio, ma ad ognuno è domandato di tendere al perseguimento pieno della virtù cristiana. Quest’ascesi dello spirito richiede forza, costante attenzione e rinuncia coraggiosa agli ideali mondani. Si tratta di un diuturno impegno di vigilanza, che non va abbandonato per nessun motivo, ma ripreso ogni giorno sino al termine del nostro cammino terreno. È una lotta con se stessi che può assimilarsi ad un lento e prolungato martirio. Ad essa il Vangelo ci esorta con parole chiare e forti: “Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11, 12).

4. Questa è la fervida testimonianza evangelica che attende da voi la vostra Diocesi, ampia e articolata.

La singolare sua configurazione geografica ed umana, che la rende luogo d’incontro tra antichissime parrocchie della zona collinare e giovani comunità della pianura pontina bonificata, domanda specialmente a voi, sacerdoti, di camminare, con ancor maggiore generosità, sulla strada della fede, della collaborazione e della sincera comunione col vostro Vescovo e tra di voi. Ricordate sempre che il legame presbiterale non è di ordine semplicemente giuridico, disciplinare, o sociologico, ma è di carattere ontologico e sacramentale. Esso è “gratia”, che coinvolge tutto l’essere della persona, prima che il suo agire, e che si traduce in “lex nova”.

Come opportunamente sottolinea il Concilio Vaticano II, “in virtù della comunità di ordinazione e missione, tutti i presbiteri sono fra loro legati da un’intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e materiale, pastorale e personale, nelle riunioni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità” (Lumen Gentium, 28).

La reciproca intesa, alimentata da un maturo spirito di fede, vi aiuterà, cari sacerdoti, ad affrontare insieme tutte le difficoltà apostoliche emergenti dalle mutate condizioni socioculturali dell’epoca attuale.

La scarsità del clero impone spesso a ciascuno di voi, anche ai più anziani, un carico pastorale pesante e prolungato. Talora il lavoro d’ogni giorno, la tensione e la stanchezza rischiano di affievolire l’entusiasmo della missione sacerdotale, togliendo spazio e slancio persino alla preghiera.

È importante allora ricordare che la Liturgia delle Ore, la meditazione e la lectio divina, il rosario e soprattutto la celebrazione dell’Eucaristia costituiscono momenti di rilevante importanza nella vostra giornata. Diversamente l’apostolato può scadere, pur non volendo, in attivismo agitato e convulso. Mi vengono in mente, in proposito, le sagge ammonizioni che San Bernardo rivolgeva al papa Eugenio III, suo antico discepolo: “Temo che in mezzo alle tue occupazioni che sono molte, non avendo speranza alcuna che abbiano fine, la tua anima inaridisca. Poiché tutti ti hanno a disposizione, sii anche tu uno di quelli che dispongono di te. Ricordati dunque, non dico sempre, non dico spesso, ma almeno qualche volta, di restituire te a te stesso. Usa anche tu di te stesso, con tanti altri, o almeno dopo gli altri”.

5. L’impegnativa nuova evangelizzazione, in cui si è incamminata la vostra Diocesi, ha bisogno anche dell’apporto qualificato e del sostegno generoso di tutti voi, carissimi Religiosi e Religiose, votati in modo esclusivo, in forza della vostra professione religiosa, a Dio e alla Chiesa.

Voi siete i “testimoni dell’Assoluto”, coloro che hanno abbandonato tutto per il Regno dei cieli.

Voi ben sapete che il vostro primo dono alla Comunità ecclesiale è la testimonianza della consacrazione che vi lega al Signore attraverso la professione pubblica e coerente dei voti di povertà, castità e obbedienza.

La Comunità cristiana e la società civile vi considerano come i “professionisti della santità”, e da voi attendono esempi concreti di fedeltà a Cristo e di accoglienza dei fratelli.

Siate, carissimi Religiosi e Religiose, persone che diffondono dappertutto sentimenti di comunione e di speranza; mettete a disposizione di tutti, con umiltà e spirito di servizio, i doni singolari di cui Iddio vi ha arricchiti.

In particolare, voi, Religiose, sappiate investire il talento della vostra femminilità e il carisma dei vostri diversificati Istituti a beneficio dell’intera Diocesi.

Annunciate con gioia la Resurrezione di Cristo. E testimonierete che Gesù è vivente, se egli è realmente risorto in voi ed è vivo nella vostra esistenza. Quando, infatti, si sperimenta la sua azione misericordiosa e consolatrice, quando egli dà la forza di aprirsi agli altri e di essere disponibili verso i fratelli con cuore libero ed indiviso, di perdonare e di diffondere la gioia, allora si comprende appieno che il Redentore è vivo. Si diventa capaci di proclamarlo a costo di ogni sacrificio. Anche della morte.

Come appunto avvenne per Santa Maria Goretti, alla cui intercessione vi invito a ricorrere sovente.

6. “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1 Cor 1, 29).

Quest’affermazione di Paolo, con cui abbiamo aperto il nostro incontro, mi ritorna ora allo spirito, mentre ci avviamo alla conclusione. È vero, il Signore agisce con potenza, porta a compimento il suo progetto di misericordia e di redenzione, ma domanda ai suoi discepoli umile e docile collaborazione. Chiede a ciascuno di noi di perseverare nella preghiera e nell’impegno evangelico.

Vi aiuti e vi protegga sempre in tale sforzo la Vergine Maria, che qui a Latina invocate sotto il titolo significativo di Madre della Chiesa.

Vi proteggano i Santi che hanno evangelizzato questa vostra Regione, dai primi Martiri terracinesi a Santa Maria Goretti, da San Tommaso d’Aquino a San Carlo da Sezze.

Vi accompagni, inoltre, anche il mio affettuoso incoraggiamento, che avvaloro con una speciale benedizione apostolica.

 



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