DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA SLOVENIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Venerdì, 6 novembre 1992
Venerati fratelli nell’Episcopato!
1. “Grazia a voi e pace da Dio padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!” (Gal 1, 3). Con queste parole dell’Apostolo Paolo desidero esprimere i miei sentimenti di comunione con voi, pastori del gregge di Cristo che è in Slovenia, Nazione da poco assurta a Stato indipendente e sovrano. Ringrazio Mons. Alojzij Sustar, Metropolita di Ljubljana, per il nobile messaggio col quale ha manifestato la gratitudine e l’attaccamento del Clero e dei fedeli della Slovenia verso la Cattedra di Pietro, sottolineando l’importanza dell’odierna visita “ad limina Apostolorum”, che la Conferenza Episcopale Slovena compie per la prima volta. Saluto ciascuno di voi, venerati fratelli, ai quali è stato affidato il mandato di reggere le Chiese particolari di quella terra a me tanto cara. L’odierna visita “ad limina” costituisce per la vostra Chiesa un momento veramente significativo, che ne riassume l’eredità secolare e ne preannuncia al tempo stesso le prospettive future.
2. Le relazioni tra la Chiesa in Slovenia e la Sede apostolica sono state sempre caratterizzate da stretti legami di unione e di mai infranta comunione. Da quando, dodici secoli or sono, i vostri avi ricevettero il battesimo di Cristo, seppero conservarsi costantemente fedeli alla Cattedra di Pietro, senza soccombere alle pressioni esterne e senza scivolare nelle insidie delle false dottrine. Tale fatto ha permesso la trasmissione del tesoro del Messaggio evangelico alle generazioni che si sono via via succedute così che tutta la storia del vostro nobile Paese ne è stata profondamente penetrata. Il connubio del vostro patrimonio culturale con la fede cristiana non soltanto ha garantito il permanere della vostra entità nazionale, ma ne ha anche favorito lo sviluppo, così che essa può oggi inserirsi a pieno diritto nel consesso delle altre Nazioni europee. Di fondamentale rilievo è stata in ciò l’opera degli zelanti Pastori del gregge, tra i quali particolare menzione merita il Servo di Dio Anton Martin Slomsek; a lui è stata riservata nel secolo passato una speciale missione a favore della Chiesa e dell’intero popolo sloveno mediante una coraggiosa testimonianza di fedeltà al Vicario di Cristo e di apertura verso i fratelli cristiani delle altre Chiese. Degno di segnalazione è anche il Servo di Dio Friderik Baraga, apostolo missionario tra gli Indiani dell’America del Nord, la cui cultura seppe rispettare, pur aprendola all’annuncio del messaggio evangelico. La fedeltà al Vescovo di Roma non è venuta meno neppure in questi ultimi decenni, nonostante le dure prove che non pochi sacerdoti, religiosi e fedeli hanno dovuto subire, pagando per essa l’alto prezzo di umiliazioni, ingiurie, patimenti, quando non anche della stessa vita. È un periodo che rivelerà sicuramente, a un successivo sereno esame, ulteriori fulgide testimonianze di autentico eroismo.
3. Il futuro della vostra Chiesa, carissimi fratelli, deve continuare ad attingere alle sorgenti salubri di Cristo Redentore. Esse scaturiscono dal sacramento del Battesimo, che inserisce il cristiano nel Corpo mistico di Cristo, e dall’insieme degli altri sacramenti, che ne perfezionano la vita soprannaturale fino al suo coronamento nella partecipazione alla mensa eucaristica. Allo sviluppo della vita in Cristo tende pure il rinnovamento delle strutture ecclesiali, che voi state operando nelle singole diocesi, secondo le rispettive situazioni. Ciò suppone, in particolare, uno speciale sforzo nel campo della catechesi, a partire dall’infanzia fino all’età adulta, utilizzando tutte le vie che le nuove condizioni rendono praticabili.
4. L’intima unione dei singoli cristiani e delle Comunità parrocchiali con Cristo chiede poi di tradursi nell’attività esterna, così da divenire fonte inesauribile delle più varie espressioni della vita quotidiana. Il compito principale della Chiesa è la evangelizzazione. Questa, però, è intimamente collegata con la promozione umana. I laici cristiani, in quanto cittadini, sono chiamati a tradurre in atti concreti le indicazioni della loro fede. Essi, illuminati dalla parola evangelica, possono recare un utilissimo contributo a una impostazione della vita sociale che rispetti la giusta scala dei valori umani e cristiani. Il nuovo Stato di Slovenia, che muove ora i suoi primi passi, ha davanti a sé tutta una serie di questioni, che aspettano soluzioni capaci di orientarne la vita sociale e l’impegno culturale verso traguardi di vero progresso. Così, ad esempio, occorrerà curare un’impostazione delle relazioni fra lo Stato e la Chiesa che assicuri il pieno rispetto delle reciproche competenze e la fattiva collaborazione in vista del bene dei cittadini; ugualmente, nella questione della scuola sarà necessario far in modo che la libertà di insegnamento s’accordi col diritto dei genitori di orientare l’educazione dei propri figli; più in generale, ci si dovrà impegnare nella promozione di un ordinamento giuridico che riconosca a tutti i cittadini le fondamentali libertà civili, a cominciare dalla libertà religiosa. Nel mondo odierno vi è un settore che attende dai cristiani un contributo determinante: è quello dell’onestà e della rettitudine nella dimensione sia pubblica che privata. Il consumismo in genere e la tensione dei singoli al guadagno spingono spesso a calpestare le norme più elementari dell’etica personale e sociale. Proprio in questo contesto i cristiani sono chiamati a offrire la testimonianza di quella giustizia che dà a ognuno il suo, e tutto coordina al superiore fine del bene comune. Ciò suppone che in essi sia viva la consapevolezza dei diritti inviolabili della persona, dell’esistenza di beni superiori a quelli materiali, del personale orientamento di ogni essere umano a un destino eterno.
5. Venerati fratelli, basta questa semplice enunciazione di alcuni fra i compiti che interpellano la vostra responsabilità di Vescovi in terra slovena per dare la misura della gravità e dell’urgenza del “munus pastorale” che pesa sulle vostre spalle. Per corrispondervi in modo adeguato cercate conforto e sostegno nella collaborazione dei vostri sacerdoti, curando di stabilire con essi un rapporto veramente paterno. Sono essi la vostra lingua per insegnare, le vostre mani per benedire e consolare, i vostri piedi per giungere nelle varie parti del territorio diocesano, il vostro cuore per comprendere e amare i fedeli affidati alle vostre sollecitudini apostoliche. Formate i laici, guidandoli ad abbeverarsi alle sorgenti pure del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa. Saranno i laici, sotto la vostra guida, i veri costruttori di quella “civiltà dell’amore” di cui ha tanto bisogno il mondo di oggi e in particolare la vostra Patria nella sua convivenza interna e nei suoi rapporti con le Nazioni vicine, che una volta erano ad essa legate in un’unica struttura statale. Non mancate di promuovere la pastorale familiare, perché la famiglia cristiana, “Chiesa domestica” aperta alla vita, è il luogo naturale della trasmissione della fede dai genitori ai figli. Un tessuto di famiglie veramente cristiane sarà alla base di una Chiesa vivace e di una società sana, in cui sia rispettata la cultura della vita, nonostante le molteplici tentazioni contrarie, che si manifestano, tra l’altro, nel ricorso ai mezzi antifecondativi e nell’alto numero dei divorzi e degli aborti. La formazione spirituale delle Comunità cristiane, confortata dalle preghiere delle anime consacrate, non mancherà di suscitare giovani che sapranno seguire con generosità la chiamata del Signore alla vita sacerdotale e religiosa, assicurando la presenza degli operai indispensabili per il futuro della Chiesa nella vostra Patria. Mantenete vivo nelle vostre Comunità il sentimento della carità cristiana verso chi è nel bisogno. Mi è noto che numerosi profughi, fuggendo dagli orrori della guerra prima in Croazia e ora in Bosnia ed Erzegovina, hanno trovato rifugio nella vostra Patria. Vi esprimo sincero apprezzamento per la generosità con la quale siete venuti incontro a tanti fratelli, senza distinzione di razza, di lingua e di religione. Spero vivamente che le loro sofferenze possano presto terminare e che, ristabilita una pace giusta e duratura, possano ritornare alle loro case.
6. Venerati fratelli, continuate nella vostra opera con coraggio e fiducia. Il Signore, che vi ha chiamati, non vi lascerà soli. Intercederanno per voi tutti i Santi che gli Sloveni venerano e invocano. Vi sarà vicina, in particolare, la Vergine Santissima. Anche in terra slovena la vita cristiana è profondamente segnata dalla devozione alla Madre Celeste. La prima Chiesa costruita nel vostro territorio era dedicata a Maria Santissima. Nei secoli successivi ad essa ne seguirono molte altre, così che la Slovenia può ben dirsi una terra costellata di Santuari Mariani. Io stesso ho avuto la gioia di coronare l’effigie di Marija Pomagaj, che si onora nel Pontificio Collegio Sloveno in Roma. Marija Pomagaj, sotto la cui protezione hanno vissuto i vostri antenati, e alla quale anche voi siete ricorsi con accorata insistenza negli ultimi cinquant’anni, assista i vostri fedeli, la vostra Chiesa, la Nazione tutta fin dal nascere della nuova Repubblica di Slovenia.
Con questi sentimenti saluto e benedico i vostri fedeli, particolarmente i malati e gli anziani; benedico i bambini e i giovani; benedico l’intera Nazione. Su tutti invoco la speciale assistenza di Gesù Cristo Nostro Signore e della sua Madre Santissima, alla cui protezione con grande fiducia tutti vi affido.
© Copyright 1992 - Libreria Editrice Vaticana
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana