VISITA PASTORALE AD ASSISI
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI, AI RAPPRESENTANTI DELLE CHIESE E
COMUNITÀ ECCLESIALI CRISTIANE, DELL’EBRAISMO E DELL’ISLAM
Sacro Convento di San Francesco - Assisi (Perugia)
Sabato, 9 gennaio 1993
Cari Confratelli nell’Episcopato,
Cari Rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane,
Cari Rappresentanti dell’Ebraismo e dell’Islam,
Cari fratelli e sorelle tutti, qui presenti o che seguite questa Veglia solenne per la Pace mediante la Radio o la Televisione:
Pace a tutti voi, pace da parte del Dio di Abramo, del Dio grande e misericordioso, del Dio Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, del “Dio della Pace” (cf. Rm 15, 33), il cui nome è appunto “Pace” (cf. Ef 2, 14).
1. All’inizio di questo nostro incontro, desidero in primo luogo porgere a tutti i presenti il mio più cordiale benvenuto. Avete voluto rispondere all’appello che, unitamente ai Presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa, ho rivolto ai Vescovi europei, alle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane del Continente, nonché ai Capi delle Comunità ebraiche e musulmane dello stesso Continente, per ritrovarci in questa città benedetta di Assisi a riflettere sulla pace in Europa, specialmente nei Balcani, e a pregare. Ed ora eccoci qui, sospinti dalla comune preoccupazione per un così fondamentale bene dell’umanità. Eccoci raccolti per rivolgere al Signore della storia le nostre preghiere, ciascuno a modo suo e secondo la propria tradizione religiosa, implorando da Lui, che soltanto può assicurarlo, il prezioso dono della pace. Noi cristiani pregheremo insieme nel secondo momento di questa Veglia, nella Basilica superiore di San Francesco. I nostri fratelli, Ebrei e Musulmani, avranno a disposizione, in questo stesso Sacro Convento, e quindi sotto lo stesso tetto, luoghi adatti per la propria preghiera. Tutti abbiamo voluto, poiché anche questo ci è comune, accompagnare la preghiera con il digiuno.
2. Ciò che ci ha indotti a muoverci dalle nostre rispettive sedi e ci ha portati a raccoglierci qui, lasciando da parte altri impegni, è la profonda consapevolezza che la tragedia della guerra in Europa, in Bosnia Erzegovina, nel Caucaso e in altre parti ancora della terra, costituisce un appello alle nostre più specifiche responsabilità, in quanto uomini e donne religiosi. Ciascuno di noi sa che la propria concezione religiosa è per la vita e non per la morte; è per il rispetto di ogni essere umano in tutti i suoi diritti e non per l’oppressione dell’uomo sull’uomo; è per la convivenza pacifica di etnie, popoli e religioni, non per la contrapposizione violenta né per la guerra. Di fronte a questa comune convinzione, che per le religioni qui presenti deriva dalla propria concezione religiosa e da un preciso senso della dignità della persona umana, lo spettacolo degli orrori delle guerre in atto nel Continente, specialmente nei Balcani, non può non muoverci a far ricorso al mezzo che è proprio di chi crede; tale mezzo è la preghiera. È questa la nostra forza; questa è la nostra arma. Di fronte agli strumenti di distruzione e di morte, di fronte alla violenza e alla crudeltà, noi non abbiamo altro che il ricorso a Dio, con le parole e con il cuore. Non siamo né forti né potenti, ma sappiamo che Dio non lascia senza risposta l’implorazione di chi si rivolge a lui con fede sincera, soprattutto quando è in gioco la sorte presente e futura di milioni di persone.
3. È questo il senso della nostra Veglia. In questa prima parte, comune a tutti noi, si è pensato che, come introduzione e preparazione alle preghiere che si faranno dopo, sarebbe stato opportuno ascoltare alcune testimonianze di persone toccate, in un modo o nell’altro, dalla guerra o dalle violenze che attualmente sconvolgono l’Europa. Per questo motivo, abbiamo invitato una delegazione ecumenica e interreligiosa dai Balcani, che portasse con sé i segni della sofferenza e dell’irrazionalità della guerra, di questa guerra come di tutte le altre. Abbiamo voluto che si sentisse anche la voce dei rifugiati, come gli altri e più degli altri vittime di questa assurda contesa tra fratelli. Nell’ascoltarli in silenzio, nel riflettere poi su quanto la loro esperienza ci avrà fatto sentire ancor più profondamente, saremo meglio disposti a pregare per la pace, in quanto dono divino.
4. Vorrei aggiungere che questo nostro incontro, e le preghiere che seguiranno dopo, nei diversi luoghi di questo Sacro Convento, vogliono essere in se stesse una testimonianza viva, e come una felice prefigurazione del dono che intendiamo chiedere per i nostri fratelli e sorelle tanto d’Europa che del resto del mondo. Ognuno di noi è venuto qui mosso dalla fedeltà alla propria tradizione religiosa, ma nel contempo nella consapevolezza e nel rispetto della tradizione altrui, poiché siamo qui convenuti per lo stesso scopo, quello di pregare e di digiunare per la pace. La pace regna tra noi. Ciascuno accetta l’altro com’è, e lo rispetta come fratello e sorella nella comune umanità e nelle personali convinzioni. Le differenze che ci separano rimangono. Ed è questo il punto essenziale e il senso di questo incontro e delle preghiere che verranno dopo: far vedere a tutti che soltanto nella mutua accettazione dell’altro e nel conseguente mutuo rispetto, reso più profondo dall’amore, risiede il segreto di un’umanità finalmente riconciliata, di un’Europa degna della sua vera vocazione. Alle guerre e ai conflitti vogliamo contrapporre con umiltà, ma anche con vigore, lo spettacolo della nostra concordia, nel rispetto dell’identità di ognuno. Mi sia consentito, a questo proposito, citare il primo versetto del Salmo 132: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli stiano insieme”.
5. Cari fratelli e sorelle! Il ricordo della grande Giornata di Preghiera per la Pace, svoltasi qui ad Assisi nell’ottobre del 1986, torna spontaneo alla memoria. In quell’occasione la preoccupazione dei presenti si rivolgeva al mondo intero, su cui si addensavano oscure nubi. Perciò rappresentanti di molte altre religioni erano presenti. Oggi, il nostro sguardo si rivolge all’Europa. L’invito è stato rivolto quindi ai rappresentanti delle tre grandi tradizioni religiose da secoli presenti in questo Continente, alla cui lenta formazione nel tempo tutte e tre hanno dato il loro contributo e lo danno tuttora: Ebrei, Cristiani, Musulmani. Ci si chiede adesso di contribuire in un modo specifico, con le nostre preghiere e con l’offerta del nostro digiuno, alla ricostruzione del Continente europeo; e forse alla sua sopravvivenza, in continuità con lo stesso spirito che presiedette alla Giornata di Preghiera dell’ottobre 1986. Come allora ci affidammo al Signore della storia, il quale ci ha dato dei segni, anche tangibili, di averci ascoltato, ci affidiamo oggi, ancora una volta, alla sua misericordia, certi di essere ascoltati. Questa città, con Francesco, il santo che ad essa ha legato il suo nome e che costituisce per tutti un punto di riferimento in quanto esempio e prototipo di pace con gli uomini, col creato e con Dio, fa da suggestiva cornice, questa sera, alla nostra Veglia. Quando essa sarà terminata, altri, specialmente giovani, la prolungheranno con fiaccolate e preghiere fino a quando spunterà l’alba. L’alba! Sia essa simbolo e preannuncio di quell’alba di luce e di pace che speriamo spunti finalmente sull’intera Europa. Che il Dio della pace sia con noi. Amen!
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