VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA
ASSUNTA E SAN MICHELE A CASTEL ROMANO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 13 febbraio 1994
Mi piace molto questo inno: “Gloria a Dio”. Avete cantato, si vede, con grande entusiasmo. Il vostro Parroco dice che in chiesa canteranno ancora meglio: vedremo . . . Ma io penso che voi cantate bene, tutti. Volete esprimere questa vostra gloria, questa lode a Dio mettendovi sulle ginocchia, un po’ come i musulmani nel deserto. Voi sapete chi sono i musulmani? Gli arabi, i beduini: Monsignor Riva lo sa molto bene, è un gran conoscitore di tutti i non cristiani, ma anche e prima di tutto dei cristiani. È il vostro Vescovo, il Vescovo di questa zona. Io sono di Roma: Roma è lontana, ma Monsignor Riva è vicino. Noi due - il Cardinale Vicario e il Papa - siamo di Roma. Ma voi siete contenti di essere in questa diocesi di Roma? Sì, è giusto, perché è stato San Pietro Apostolo che è venuto qui a Roma e ha fondato questa Chiesa. Poi è diventato martire e così ha reso gloria al Signore, al Dio dei viventi. Voi siete i discendenti di questa grande tradizione bimillenaria: discendenti giovani, che entrate con nuove forze in questa bella tradizione di glorificare Dio, di lodare Dio, di cantare “Gloria in excelsis Deo”, di mettersi in ginocchio, come avete fatto. Alcuni si mettono prostrati, altri invece, durante la preghiera, stanno in piedi: vi sono diversi modi di esprimere la preghiera, la lode a Dio, la conversione.
Sono tanto contento che vi prepariate alla Prima Comunione e poi anche alla Cresima. Sono molto contento che siate qui, in questa parrocchia, i primi ad incontrare il Papa. Alcuni hanno detto che non avevano visto mai il Papa. Ma spero che mi vedranno più volte dopo . . . Oggi tutto sarà incentrato sulla gloria di Dio, perché mi avete dato l’ispirazione. L’ispirazione viene sempre dai giovani, dai ragazzi, dai bambini, perché loro sono molto vicini a Dio. Vi offro una benedizione. Ringrazio le vostre catechiste, le direttrici e poi saluto anche le vostre famiglie: salutate a casa i vostri genitori, i fratelli e le sorelle, i cugini, tutti.
Al Consiglio Pastorale
Grazie per queste parole, nelle quali si è potuta sentire anche la storia di questo quartiere, di questa comunità, di questa parrocchia. Grazie per il Consiglio Pastorale, che oggi è cresciuto da quegli inizi molto poveri, ma sempre promettenti. Dove c’è la Parola di Dio, dove c’è l’Eucaristia, anche se a parteciparvi è una sola persona, c’è già la comunità, c’è Cristo presente: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.
Ieri sera sono andato come è ormai tradizione, al Seminario Romano, che è il Seminario principale della Chiesa di Roma. Grazie a Dio ospita adesso quasi duecento studenti, seminaristi. Vengono anche da altre diocesi italiane e da fuori Italia, ma sono soprattutto di Roma. Lei ha parlato del primo sacerdote che è venuto qui. Anche lui, il vostro Parroco, veniva dal Seminario di Roma. Ho detto che è robusto, che è “montanaro” . . . I “montanari” hanno coraggio. Lo so perché anche io appartengo un po’ a questa gente, a questa stirpe, non così come lui ma abbastanza . . . Allora, ha potuto vedere il futuro. Lei ha detto: “con fede granitica”. Bella parola: i graniti sono delle montagne. La robustezza delle montagne è anche la robustezza delle personalità umane, dei cristiani, dei testimoni, degli apostoli.
Carissimi, questa è un po’ la grande analogia, la grande metafora in cui ci muoviamo. Ma questa metafora esprime veramente la Parola di Dio. La Parola di Dio si fa sempre carne nella Chiesa che siamo noi, nel tempio vivo di Dio, e poi nella Chiesa che sono le comunità. Questa comunità di Roma è una Chiesa di grande tradizione apostolica, petrina, “Chiesa Madre” quasi di tutte le Chiese del mondo, almeno di quello occidentale. C’è un giusto orgoglio, non vano, dovuto ai nostri predecessori nella fede, agli Apostoli, dovuto ai cristiani e poi dovuto anche al fatto che qui, in questo spazio che era una volta vuoto, non coltivato spiritualmente, è nata una parrocchia. Si è riempito questo vuoto, è venuto lo Spirito Santo portato da Cristo, seguito dal vostro Parroco, seguito da voi tutti.
Mi congratulo con voi e mi congratulo con il Seminario Romano che ha dato a questi nuovi quartieri di Roma, a questa periferia di Roma sacerdoti robusti e coraggiosi. Preghiamo per il futuro di questa comunità dedicata a Santa Maria Assunta e San Michele. Auguro il bene per le vostre persone e per le vostre famiglie, per le nuove generazioni, per i giovani, e spero di essere anche un buon “profeta” dicendo tutto questo. Nella forza di Cristo tutti dobbiamo profetizzare il bene per il mondo e per la Chiesa.
Ai giovani
Il vostro collega chiedeva a me una parola, una parola ai giovani. Io trovo questa parola soprattutto nel nome che porta la vostra comunità, la vostra parrocchia: San Michele. Voi sapete che cosa vuol dire Michele? È un nome prettamente orientale, ebraico, che vuol dire: “Quis ut Deus?”, “Chi è come Dio?”. Questa parola è parola che ha vinto, parola vincente nel grande scontro tra il bene e il male. Questa parola - Michele, “Chi è come Dio?” - ha vinto.
Questo per noi tutti è un grande incoraggiamento. Un grande incoraggiamento è stato per il vostro Parroco. Ho sentito una testimonianza di quando lui, “montanaro”, dal Seminario Romano è venuto qui in questo quartiere vuoto e ha incominciato. Da dove prendeva coraggio? Prendeva coraggio da questa fede: “Quis ut Deus?”, Michele. E ha dato il titolo di San Michele alla vostra comunità. Ma io penso anche a Monsignor Riva e a tutti noi. Questa è la confessione basilare della fede: Dio è il bene supremo, Dio è la speranza di tutte le sue creature e di tutta la sua creazione. Questa parola ci incoraggia.
Auguro a voi giovani questo incoraggiamento. Ha detto il vostro collega che la Chiesa è sempre un punto di riferimento per voi. E se è punto di riferimento, lo è perché confessa Dio, perché ripete con Michele: “Quis ut Deus?”, “Chi è come Dio?”. E con questa certezza passa attraverso il mondo, nonostante tutte le diffidenze, tutte le forme dell’agnosticismo, dell’ateismo, del consumismo: ripete sempre “Quis ut Deus?”. E questa parola vince, vince come una volta l’imperatore romano Costantino ha vinto nella Croce: “in hoc signo”, in questo segno vincerai. Vi auguro questa vittoria. Voi siete fatti per vincere, non per perdere.
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