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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI MESSICANI DELLE DIOCESI SETTENTRIONALI
ED OCCIDENTALI IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 11 giugno 1994

 

Cari fratelli nell’Episcopato,

1. Vi do il mio più cordiale benvenuto, Pastori delle diocesi del Nord e dell’Ovest del Messico, presenti in questo incontro nel quale culmina la vostra visita “ad limina Apostolorum”. Allo stesso tempo desidero esprimervi nuovamente il mio profondo affetto, che estendo anche al popolo dei fedeli e in particolare, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai diaconi e ai catechisti, che collaborano generosamente all’edificazione del Regno di Dio nel vostro Paese.

Fino a Roma, Sede di Pietro, avete voluto portare le vostre gioie, le vostre speranze e le vostre preoccupazioni pastorali affinché il vostro zelo evangelizzatore riceva un nuovo impulso grazie all’esempio e all’intercessione degli Apostoli Pietro e Paolo, pilastri di questo centro di comunione della Chiesa universale. Come dice San Paolo, “Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in Lui siete stati arricchiti di tutti i doni” (1 Cor 1, 4-5).

Ringrazio di tutto cuore Mons. Adolfo Suárez Rivera, Arcivescovo di Monterrey e Presidente della Conferenza Episcopale per l’amabile saluto che mi ha rivolto, come espressione del sentimento comune. Le sue parole mi hanno fatto ricordare i miei viaggi pastorali nel vostro Paese, di cui conservo nel mio cuore ricordi molto gradevoli. Vi posso assicurare che nelle mie preghiere ricordo frequentemente le celebrazioni, i volti e il profondo affetto del popolo messicano per il Successore di Pietro.

2. “I Vescovi” insegna il Concilio Vaticano II “posti dallo Spirito Santo, succedono al posto degli apostoli come pastori delle anime e, insieme con il Sommo Pontefice e sotto la sua autorità, hanno la missione di perpetuare l’opera di Cristo, Pastore eterno [ . . .]. Per virtù dello Spirito Santo, che loro è stato dato, sono divenuti i veri e autentici maestri della fede, i pontefici e i pastori” (Christus Dominus, 2). Vi è stata quindi affidata la missione di insegnare autorevolmente la verità rivelata e di vegliare per prevenire gli errori nell’annuncio del Vangelo.

La sfida che la situazione attuale del vostro Paese rappresenta per la Chiesa esige da voi un impegno e una fedeltà particolari nell’azione evangelizzatrice. Come ho indicato nell’Enciclica Veritatis splendor “il momento però che stiamo vivendo, almeno presso numerose popolazioni, è piuttosto quello di una formidabile provocazione alla “Nuova Evangelizzazione” ossia all’annuncio del Vangelo sempre nuovo e sempre portatore di novità” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 106). Per questo, nella mia sollecitudine per tutte le Chiese ricordo sempre l’urgenza di questo fondamentale compito che deve essere “qualcosa di operativo e di dinamico” come sottolinea anche il Documento di Santo Domingo (Santo Domingo, n. 24).

In effetti, le tre linee di forza della Nuova Evangelizzazione, vale a dire, il nuovo ardore, i nuovi metodi e le nuove espressioni, indicano che la comunità ecclesiale è chiamata a un rinnovamento profondo per poter annunciare in modo trasparente Cristo risorto. “In verità, la chiamata alla Nuova Evangelizzazione è innanzitutto una chiamata alla conversione. In effetti, mediante la testimonianza di una Chiesa sempre più fedele alla sua identità e sempre più viva in tutte le sue manifestazioni, gli uomini e i popoli dell’America Latina, e di tutto il mondo, potranno continuare a incontrare Gesù Cristo e in Lui la verità della loro vocazione e della loro speranza: il cammino verso un’umanità migliore” (cf. Giovanni Paolo II, Discorso inaugurale della IV Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano, Santo Domingo, 12 ottobre 1992, n. 1: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 2 (1992) 313).

3. Il Nuovo ardore si riferisce principalmente alle persone, ossia agli agenti di pastorale, ai sacerdoti, alle anime consacrate e ai laici, chiamati ad assolvere responsabilmente gli impegni della loro specifica vocazione, con una chiara testimonianza di vita e con un deciso e generoso inserimento nel proprio ambiente. I nuovi metodi indicano un rinnovamento dei mezzi e dei modi per far giungere il messaggio all’uomo di oggi, immerso in una società che esige segni intelligibili e mezzi di comunicazione sociale diretti ed efficienti. Le nuove espressioni si riferiscono alla presentazione dei contenuti dottrinali che, essendo immutabili, hanno bisogno di un linguaggio concettuale e di motivazioni che raggiungano veramente l’uomo nelle sue situazioni concrete. In tal modo la Nuova Evangelizzazione, annuncio trasparente di Gesù Cristo risorto, promuoverà l’autentico sviluppo umano e farà sì che i valori culturali, una volta purificati, raggiungano la loro pienezza in Cristo.

4. La ricchezza spirituale e culturale del vostro popolo, così come la varietà di situazioni nel tessuto sociale, richiedono un’attenzione speciale da parte della Chiesa che, come creatrice di unità, ha la missione di edificare la comunione in tutta la famiglia umana, immagine della comunione trinitaria.

In un recente documento collettivo, intitolato “Per la giustizia, la riconciliazione e la pace in Messico”, avete sottolineato, cari fratelli nell’Episcopato, l’urgenza di un radicale rinnovamento personale e sociale per risolvere ai difficili problemi che il vostro Paese deve affrontare. I vari e gravi episodi di violenza che hanno scosso la società messicana negli ultimi tempi hanno evidenziato la necessità di rafforzare i valori etici e morali, che sono il reale fondamento per un autentico processo sociale. Per questo non avete esitato ad affermare nel menzionato documento che “alla povertà dei beni materiali se ne aggiunge un’altra ancora più preoccupante: la mancanza di coscienza morale, frutto di tanti anni di laicismo, di esclusione sistematica dei valori etici nell’educazione, dell’abbandono dei valori tradizionali della famiglia messicana, attaccati da ogni lato, in particolare dai mezzi di comunicazione sociale” (Episc. Mexici Documentum commune: «Por la justicia, la reconciliación y la paz en Mexico», n. 6).

5. La Chiesa, da parte sua, per poter dare una valida risposta ai problemi che affliggono la società messicana deve rinnovare e rafforzare la coscienza della sua missione e della sua natura. Il servizio più prezioso che potete offrire al vostro Paese è quello di continuare a lavorare in modo intenso e generoso per far diventare l’ideale di santità una realtà nella Chiesa. Solo una Chiesa santa e unita sarà strumento di riconciliazione. Solo una Chiesa animata dalla carità e dalla fraternità potrà essere garanzia di giustizia.

In questi momenti in cui stanno avvenendo profondi cambiamenti nell’ambito sociale, politico ed economico del vostro Paese, voi, Pastori della Chiesa, avete la responsabilità di promuovere tutte quelle iniziative volte allo sviluppo spirituale e umano del vostro popolo. Siate sempre, pertanto, araldi della carità, della giustizia e della riconciliazione. “Urge la riconciliazione fra tutti i messicani, visto che si constata” affermate nel documento collettivo precedentemente citato “l’esistenza di divisioni, odi, rancori e risentimenti di natura razziale o etnica, sociale, culturale, economica e persino religiosa ed ecclesiale che possono degenerare incontrollabilmente” (Ivi, n. 9).

Costruire l’unità nella carità è un compito arduo, quotidiano, quasi sempre nascosto e che spesso non sortisce risultati spettacolari. Tuttavia solo la carità permane, solo “la carità edifica” (1 Cor 8, 2) e solo essa “non avrà mai fine” (1 Cor 13, 8) né si estinguerà.

6. Come avete sottolineato in numerose occasioni, cari fratelli, la Chiesa è chiamata ad illuminare, mediante il Vangelo, tutti gli ambiti della vita dell’uomo e della società. E deve farlo in virtù della sua missione che “è di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa” insegna il Concilio Vaticano II “scaturiscono dei compiti, della luce e delle forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina” (Gaudium et spes, 42).

Nella vostra missione di maestri e guide contate in primo luogo sulla collaborazione dei presbiteri, che devono sempre essere servitori dell’annuncio della verità salvifica, modelli di santità, ministri di riconciliazione. Per tutto ciò si richiede al sacerdote un’adeguata formazione dottrinale, spirituale e pastorale in maniera tale che la sua vita resti profondamente unita a Cristo, che egli annuncia, rende presente e comunica agli altri. Non bisogna dimenticare mai che “l’Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione” (Presbyterorum ordinis, 5). Quando la vita sacerdotale si incentra sull’Eucaristia, viene garantita l’opera evangelizzatrice e viene allontanato il pericolo di dicotomie fra la vita interiore e l’azione apostolica: “Esiste infatti, un’intima connessione fra la centralità dell’Eucaristia, la carità pastorale e l’unità di vita del presbitero” (Congr. pro Clericis, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 48, die 31 ian. 1994).

7. È importante che nei vostri presbiteri vi sia un progetto di vita e di formazione sacerdotale ben definito per l’edificazione di qualsiasi comunità ecclesiale. Rinnovo l’invito che vi ho fatto durante la mia visita al Pontificio Collegio Messicano di Roma: “Possa il vostro impegno e quello dei sacerdoti nelle vostre diocesi, far sì che si elaborino alcuni “itinerari di formazione permanente capaci di sostenere in modo realistico ed efficace il ministero e la vita spirituale dei sacerdoti” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 3)” (Eiusdem, Omelia nel Pontificio Collegio Messicano, 24 novembre 1992, n. 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 2 (1992) 689).

Uno degli impegni assunti nella Conferenza Generale di Santo Domingo è stato proprio questo: “ricercare nella nostra preghiera liturgica e privata e nel nostro ministero un permanente e profondo rinnovamento spirituale affinché sulle labbra, nel cuore e nella vita di ognuno di noi sia sempre presente Gesù Cristo” (cf. IV Conf. Gen. Episcoporum Americae Latinae, Conclusioni, n. 71).

8. So che una delle vostre principali preoccupazioni è la Pastorale vocazionale. Il Signore sta benedicendo la vostra Chiesa con abbondanti vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. A tale proposito, durante i miei viaggi pastorali in Messico, ho potuto constatare la vitalità dei seminari. Per questo è anche necessario che promuoviate nelle vostre parrocchie lo spirito missionario per evangelizzare al di là delle vostre frontiere. Il Papa nutre la viva speranza che la Chiesa messicana possa contribuire ancora più generosamente al bene delle altre Chiese più bisognose, inviando numerosi evangelizzatori che dedichino la propria vita all’espansione del Regno di Dio. Come indica il Documento di Puebla “è vero che noi stessi abbiamo bisogno di missionari, ma dobbiamo dare nonostante la nostra povertà” (Puebla, n. 368).

Di particolare importanza per la vita del Seminario, lo sapete bene, è l’attenta selezione dei formatori e dei professori, i quali svolgono un compito tanto trascendentale quanto nascosto. Ringrazio quindi vivamente i tanti sacerdoti che con gioia e abnegazione rivolgono tutti i loro sforzi e le loro capacità alla formazione dei seminaristi. I sacrifici che tutto ciò comporta verranno ricompensati con l’inestimabile dono della perseveranza di numerosi e idonei candidati al sacerdozio. Questi hanno bisogno di trovare nei formatori quella dedizione impegnata e qualificata che nasce principalmente dal loro rapporto intimo con Cristo, come centro della loro vita personale e comunitaria. Per questo il gruppo di formatori deve essere modello di quella vita fraterna e comunitaria che i futuri sacerdoti dovranno trovare e promuovere nel presbiterio (cf. Codex Iuris Canonici, can. 245 § 2).

9. Tra i tanti punti che bisognerebbe menzionare circa la vita del seminario, nelle sue quattro aree – umana, spirituale, intellettuale e pastorale – vorrei sottolineare soprattutto il filo conduttore che le armonizza e le vivifica: il rapporto personale con Cristo fino a giungere a una profonda amicizia con Lui. In effetti, partendo dall’incontro quotidiano con il Signore, in particolare nell’Eucaristia, è possibile raggiungere un equilibrio affettivo, la capacità di donare se stessi, uno studio profondo del mistero di Cristo e una disponibilità apostolica incondizionata. In tutto l’itinerario della formazione seminaristica “si impone, innanzitutto, il valore e l’esigenza di “vivere intimamente uniti” a Gesù Cristo” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 46).

Le future vocazioni, nella loro nascita e formazione, dipenderanno, in gran parte, da questa realtà vitale nel seminario, dove si respira la vera identità del sacerdote come collaboratore diretto del Vescovo e come servo qualificato della Chiesa diocesana.

10. Nell’offrirvi questi orientamenti pastorali, che avrò la gioia di completare nei prossimi incontri con gli altri gruppi dell’Episcopato Messicano, rivolgo la mia preghiera a Nostra Signora di Guadalupe, Stella dell’Evangelizzazione, nel cui grembo materno pongo i vostri desideri e le vostre speranze nel servizio delle comunità che il Buon Pastore vi ha affidato. Vi rinnovo il mio ringraziamento e il mio affetto e chiedo al Signore che questo incontro consolidi e confermi ancora di più la vostra unione reciproca come Pastori della Chiesa nell’amata Nazione messicana. Grazie a ciò il vostro ministero episcopale diventerà più efficace e più intenso, il che avrà effetti benefici sulle comunità ecclesiali.

Prima di concludere vi affido l’incarico di portare ai vostri sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e fedeli laici il mio sentito e affettuoso saluto. Dite loro che il Papa li ricorda nelle sue preghiere e li ringrazia per la loro opera offerta al Signore e alla causa del Vangelo.

Con questi auguri imparto di tutto cuore la mia benedizione apostolica.

 

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