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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO
ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI

Martedì, 28 giugno 1994

 

Amatissimi Fratelli in Cristo,

Per me è sempre una gioia accogliere la delegazione mandata dal mio carissimo Fratello il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, per partecipare alla festa dei Santi patroni della Chiesa di Roma, Pietro e Paolo. Vi chiedo di portare a Sua Santità, e insieme ai membri del Santo Sinodo, il mio affetto sincero e fedele.

1. Che sia fervente l’intercessione presso gli Apostoli che sono la colonna della Chiesa di Roma, affinché noi imitiamo il loro esempio!

Pietro e Paolo, senza mai cessare di essere fratelli, erano molto diversi tra loro. Erano diversi di origine: l’uno, modesto pescatore di Israele; l’altro, fariseo e cittadino romano. Erano ancora più diversi per la loro storia spirituale: Pietro, il fratello di Andrea - il primo chiamato -, è un discepolo della prima ora; Paolo, fin dalla prima ora, è persecutore della Chiesa. Pietro ama e rinnega prima di essere creato, con il triplo perdono, pastore del gregge; Paolo, dopo aver odiato e distrutto, è incaricato di annunciare il Vangelo tra i pagani (cf. Gal 1, 13-16).

Ma malgrado le diverse strade e talvolta delle rudi opposizioni, la loro “ambizione” è la stessa “essere graditi al Signore” (cf. 2 Cor 5, 9). Illuminato dal Padre, Pietro afferma: “Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16); e se si interroga è solo per meglio affermare: “Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68). Avvolto da una luce venuta dal cielo, Paolo chiede: “Chi sei tu Signore?” (At 9, 3-5); e, se afferma la sua fede: “in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2 Tm 4, 2), è per interrogare ed esplorare sempre soprattutto l’insondabile mistero della salvezza portata da Cristo ai popoli.

La loro origine li divide, la loro missione li unisce: Pietro e Paolo “piaceranno” al Signore con la loro comune testimonianza.

2. Quale è stato il loro dialogo durante i 15 giorni di intimità del loro primo incontro (cf. Gal 1, 18): hanno imparato a conoscersi. Ma il testimone appassionato di Gesù vivente e colui che ha fatto la sconvolgente esperienza della gloria del Risorto hanno probabilmente parlato insieme della missione affidata per la salvezza di tutti dal Signore comune degli ebrei e dei pagani. Una analoga complementarità esiste nelle nostre tradizioni orientale e latina, ma, come Pietro e Paolo, al servizio della stessa ed unica missione. E grande anche la mia speranza che il mio prossimo incontro con il capo della Chiesa sorella di Costantinopoli piaccia allo stesso modo al Signore.

3. Bella è la nostra abitudine, ispirata dallo Spirito Santo, di celebrare insieme i primi testimoni che ci portarono la fede fino a donare il loro sangue. Sicuramente uno dei momenti essenziali di questi incontri gioiosi e solenni tra le nostre Chiese è quello della preghiera. Raggiungiamo allora il Padre infinitamente misericordioso che, nel dono dello Spirito Santo, fa di noi dei figli, ad immagine e somiglianza dell’Unico. Ecco perché non posso dimenticare, in questo istante, la bellissima e profonda meditazione della Via Crucis che ci è stata offerta dal Patriarca Bartolomeo I durante la cerimonia del Venerdì Santo al Colosseo di Roma. Tramite voi, come ho appena fatto davanti al Collegio Cardinalizio riunito in Concistoro, voglio esprimergli ancora una volta i miei sentimenti di vivissima gratitudine per questo “scambio di doni”.

4. In questo contesto delle nostre relazioni ecclesiali, desidero ricordare il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme.

L’anno scorso, la Commissione mista internazionale ha compiuto un passo significativo. Ha gettalo le basi per una soluzione su una questione delicata. Il lavoro deve essere continuato, ma fin d’ora si deve constatare una pacificazione degli animi.

Per creare legami sempre più stretti tra noi, sono convinto che noi dobbiamo fare di tutto per risolvere le difficoltà concrete che possono insorgere e portare avanti il dialogo teologico.

Certo, il dialogo della carità e il cambiamento delle abitudini aiutano il dialogo teologico. L’esperienza mostra anche che il dialogo teologico pone le fondamenta di una nuova vita comune e può permettere di superare gli ostacoli pratici che ancora sussistono. E la ragione per cui io spero ardentemente che la Commissione mista riprenda il dialogo teologico al più presto, nello spirito di fiducia che ha ispirato Sua Santità il Patriarca Dimitrios I e anche me durante l’annuncio della sua creazione, nel novembre 1979, in occasione della festa di S. Andrea.

Ecco il mio voto più caro. Ne affido la realizzazione al Padre di ogni grazia e al suo amatissimo Figlio Gesù Cristo. In questo tempo di Pentecoste nella Chiesa ortodossa, imploro lo Spirito Santo perché dispensi abbondantemente la sua forza e la sua saggezza sui responsabili della Sede Apostolica di Roma, del Venerabile Patriarcato di Costantinopoli, degli altri Patriarcati e di tutta l’ortodossia.

Benedicendovi e ringraziandovi di essere venuti, vi ripeto, cari Fratelli, la mia profonda stima e i miei sentimenti di carità fraterna.

 

© Copyright 1994 - Libreria Editrice Vaticana

 



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