PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN SLOVACCHIA
INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SLOVACCA
Šastín (Slovacchia) - Sabato, 1° luglio 1995
Venerati Fratelli nell’Episcopato!
1. Vi saluto con particolare gioia ed affetto in questo mio primo incontro con la nuova Conferenza Episcopale Slovacca, costituita dopo gli eventi che hanno portato il vostro popolo all’indipendenza. Un avvenimento, quest’ultimo, che ha riempito di ammirazione il mondo: i Cechi e gli Slovacchi, infatti, hanno saputo perseguire i loro obiettivi attraverso le vie del dialogo, della pace e della democrazia, costituendo un modello per tanti popoli straziati da sanguinosi conflitti.
Si è aperta così una nuova fase nella storia millenaria del vostro Paese, nella quale la Conferenza Episcopale è chiamata a svolgere un ruolo molto importante: testimoniare in modo concreto l’amore della Chiesa per la Nazione, attraverso il rinnovato impegno per l’evangelizzazione e la promozione degli autentici valori dell’uomo.
Poiché la Chiesa, come ci ricorda il Vaticano II, “non può non stabilire un dialogo con la società umana, in mezzo alla quale vive, incombe in primo luogo ai Vescovi il dovere di avvicinare gli uomini e di sollecitare e promuovere un dialogo con loro. Ma perché in questi salutari dialoghi la verità vada sempre unita con la carità e la comprensione con l’amore, è necessario non solo che essi si svolgano con chiarezza di linguaggio e insieme con umiltà e con mitezza, ma anche che in essi alla doverosa prudenza si accompagni pure la fiducia; perché tale fiducia, favorendo il sorgere dell’amicizia, è destinata ad unire gli animi” (Decreto Christus Dominus, 13).
Sull’esempio di Cirillo e Metodio, i santi Fratelli evangelizzatori del popolo slovacco, la vostra Conferenza Episcopale è chiamata ad essere centro propulsore di comunione per tutta la Comunità cristiana. In questa delicata fase di affermazione e di crescita della vostra Patria, che nei valori cristiani ha sempre trovato un elemento fondamentale della propria identità, nuovi ed impegnativi compiti attendono la Chiesa: essa dovrà porsi come modello, trasparente ed esemplare, di servizio disinteressato, di dialogo, di amore agli ultimi, e di forte tensione morale, per contribuire alla costruzione di un futuro degno dell’uomo.
2. L’apertura delle frontiere, le nuove condizioni di libertà e di democrazia, l’allargata possibilità di scambi e di informazioni stanno introducendo nella vostra realtà, insieme ad innegabili benefici, nuove difficoltà per i credenti e per l’ordinata convivenza civile. Occorre, pertanto, che, come avete aiutato il vostro popolo a respingere gli attacchi del comunismo ateo, vi preoccupiate adesso di offrire strumenti adeguati per fortificarlo contro i nemici dell’oggi: il soggettivismo esasperato, il materialismo pratico, l’indifferenza religiosa, il consumismo, il secolarismo e l’edonismo.
Anche per le vostre Chiese “l’ora è venuta per intraprendere una nuova evangelizzazione”! (Christifideles Laici, 34). Questa consiste innanzitutto nell’annunciare Cristo, Redentore dell’uomo e la sua “imperscrutabile ricchezza che nessuna cultura, né epoca alcuna possono esaurire e alla quale possiamo sempre ricorrere noi uomini per arricchirci” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV/2 [1992] 318). Infatti “non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, non siano proclamati” (Evangelii Nuntiandi, 22).
Di fronte alle sfide del mondo contemporaneo occorre, però che un nuovo ardore animi e sostenga l’annuncio del Vangelo. Questo entusiasmo deve spingere ad uno stile di vita più autenticamente cristiano e ad uno sforzo continuo per tradurre, nella piena fedeltà al deposito della fede, con metodi ed espressioni appropriate, la perenne giovinezza del messaggio salvifico. Il Vangelo sarà così per il vostro popolo punto di riferimento, anima vera della sua cultura, fattore determinante della sua civiltà.
Concretamente, come ricordavo nell’Esortazione Apostolica Christifideles Laici, “urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali” (Christifideles Laici, 34).
La nuova evangelizzazione mira a coinvolgere, quindi, la stessa vita della vostra Chiesa, chiamata, nelle mutate situazioni, ad una nuova fedeltà e ad un rinnovato amore a Cristo. Come ricorda l’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, per essere “evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l’evangelizzare se stessa... Essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare “le grandi opere di Dio”, che l’hanno convertita al Signore, e d’essere nuovamente convocata e riunita da Lui. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno d’essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo” (Evangelii Nuntiandi, 15).
Una rinnovata tensione verso la santità, un nuovo stile di comunione, una più intensa passione per il Vangelo, una più trasparente presenza nelle vicende del vostro Popolo: ecco che cosa esige la nuova evangelizzazione!
3. Opera di tutto il Popolo di Dio, questo rinnovato annuncio del Vangelo ha il suo centro propulsore nella Chiesa locale e nella parrocchia, che ne è l’“espressione più immediata e visibile” e l’“ultima localizzazione” (Christifideles Laici, 26).
Occorre, pertanto, fare ogni sforzo perché, anche nel vostro Paese, questa “antica e venerata struttura” della parrocchia sia sollecitata ad un “più deciso rinnovamento”. La Parola di Dio, accolta, celebrata e testimoniata, traboccherà così con rinnovato entusiasmo missionario verso il mondo giovanile, la famiglia, la scuola e l’intera società, tutto fermentando e animando con la forza e la luce del Vangelo.
Accanto alla parrocchia vanno incoraggiati e sostenuti i movimenti e le associazioni laicali, riconosciuti dall’autorità ecclesiale e diffusi anche in altre parti del mondo: operando soprattutto negli ambienti difficilmente raggiungibili dalla pastorale ordinaria, contribuiscono con il loro carisma, la loro vivacità ed il loro impegno ad un annuncio sempre più incarnato e vivo del Vangelo, e al rinnovamento della stessa azione pastorale della Chiesa locale.
4. Venerati Fratelli nell’Episcopato, per il buon esito della nuova evangelizzazione saranno decisivi due impegni pastorali, già felicemente avviati nelle vostre Chiese: la formazione del clero e la preparazione dei laici.
Dopo anni di isolamento e di impossibilità di accedere ai normali mezzi e strumenti di aggiornamento, sofferti da molti sacerdoti, occorre dare priorità assoluta alla loro formazione permanente, non solo per colmare alcune lacune, ma soprattutto per attrezzarli ai nuovi compiti pastorali, orientando così verso nuovi traguardi missionari energie e ricchezze spirituali, accumulate negli anni della persecuzione.
In primo luogo essi dovranno essere aiutati a conoscere i grandi documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’avvenimento centrale della storia cristiana del nostro secolo, perché le grandi intuizioni conciliari siano pienamente recepite come grazia e come strumento irrinunciabile per l’annuncio del Vangelo nella società contemporanea.
Al raggiungimento di tali obiettivi andranno orientate le normali occasioni di formazione: esercizi e ritiri spirituali, incontri di aggiornamento teologico e pastorale, confronti con esperienze sperimentate altrove, per promuovere una spiritualità di comunione e uno stile di corresponsabilità pastorale.
Non meno importante è, poi, la preparazione dei futuri presbiteri. Con grande gioia constato che nel vostro Paese è in crescita il numero dei seminaristi: ciò testimonia la vitalità e la giovinezza delle vostre Chiese ed è promettente segno di speranza per il futuro.
Questa fioritura di vocazioni vi impegna ad adeguare la formazione e le strutture dei Seminari agli orientamenti offerti dal Concilio e dai successivi documenti della Chiesa, per coniugare le necessarie attenzioni pedagogiche con la fedeltà ai cardini di ogni formazione seminaristica: la retta dottrina, la soda spiritualità e la qualificazione pastorale.
6. La nuova evangelizzazione, opera di tutta la comunità cristiana, richiede, inoltre, un grande impegno per la formazione dei laici. Esclusi dalla promettente stagione di impegno laicale aperta in tutta la Chiesa dal Concilio Vaticano II, essi attendono di essere aiutati a recuperare il tempo perduto. La loro cura deve essere al centro delle vostre preoccupazioni pastorali. Membri a pieno titolo del Popolo di Dio, in virtù del battesimo e della confermazione, essi vanno sempre più coinvolti nella missione profetica, sacerdotale e regale di tutta la Chiesa, per contribuire attivamente alla inculturazione della fede all’interno delle nuove prospettive che si aprono per il vostro Paese.
Occorre offrire loro molteplici opportunità di formazione, finalizzate al recupero della piena consapevolezza delle esigenze evangeliche, grazie ad una coscienza sempre più viva delle loro responsabilità. Infatti, attraverso la formazione dei laici passa il rinnovamento cristiano della famiglia, della cultura, della scuola, del mondo del lavoro, della politica e dell’intera società. La formazione cristiana dei laici ha i suoi cardini nella vita di preghiera, nella direzione spirituale e soprattutto nella catechesi, organica e sistematica, che deve accompagnare ogni stagione della vita, a cominciare dal periodo scolastico, momento fondamentale per ogni successivo sviluppo. Di grande aiuto, in tal senso, sarà il Catechismo della Chiesa Cattolica, “testo di riferimento sicuro e autentico per l’insegnamento della dottrina cattolica, e in modo tutto particolare per l’elaborazione dei catechismi locali” (Costituzione apostolica Fidei depositum, 4).
Speciale attenzione va riservata alla catechesi degli adulti, problema centrale della pastorale contemporanea e “principale forma della catechesi, in quanto si rivolge a persone che hanno le più grandi responsabilità e la capacità di vivere il messaggio cristiano nella sua forma pienamente sviluppata” (Catechesi Tradendae, 43). A tal fine, è necessario che la Comunità cristiana sappia attivare luoghi catechistici idonei, e rinnovare con un sistematico annuncio della Parola le tradizionali espressioni della religiosità popolare. Non va dimenticato che il primo e più importante luogo catechistico resta la famiglia, alla quale deve essere perciò riservata un posto privilegiato nella cura pastorale!
7. Il discorso sulla formazione dei laici sarebbe carente se non mi soffermassi a sottolineare l’importanza della promozione di un laicato cristiano colto che, nutrito di una fede illuminata ed avendo assimilato a fondo il patrimonio della tradizione in cui è come racchiusa l’anima della Nazione, sia in grado di aprirsi alle istanze contemporanee, assumendole in nuove sintesi dei valori universali che sono al fondamento di un autentico umanesimo. È questo il compito della vera cultura: proprio per questo si può affermare che la cultura fa la Nazione: l’avvenire di un popolo si prepara nel crogiuolo del dibattito culturale in atto tra i suoi uomini migliori. È perciò di primaria importanza creare strutture adeguate per gettare un ponte tra le ricchezze della tradizione umana e cristiana e le prospettive aperte dalle acquisizioni del presente; e, nel presente stesso, tra l’antica cultura classica e la nuova cultura scientifica, tra gli apporti della cultura moderna e l’eterno messaggio del Vangelo: è una sfida di fronte alla quale la Chiesa non può restare indifferente.
Nel contesto della qualificazione del laicato, infine, non va disattesa la formazione all’impegno socio-politico attraverso la diffusione e lo studio, nelle forme appropriate, della dottrina sociale della Chiesa. Spetta infatti ai laici cattolici, opportunamente formati, la missione di portare il messaggio del Vangelo in ogni ambiente della società, compreso quello politico. I Vescovi, per parte loro, sono chiamati a illuminare le coscienze dei fedeli e degli uomini di buona volontà, proponendo i principi etici che stanno alla base di un’autentica democrazia, rispettosa della dignità dell’uomo e della sua vocazione umana e cristiana. È compito altresì dei Vescovi adoperarsi affinché nella vita sociale prevalga la ricerca del bene comune, della concordia e della riconciliazione.
8. Nella vostra Repubblica, oltre agli slovacchi, vivono cattolici appartenenti ad altre comunità nazionali: cechi, rom e, in maniera consistente, ungheresi. Mi è nota la premura con la quale cercate di assicurare le condizioni per un’adeguata assistenza pastorale a tali fedeli, così che ognuno di essi possa lodare il Signore nella propria lingua.
Nei vostri Seminari anche i candidati slovacchi al sacerdozio studiano la lingua magiara per poter provvedere pastoralmente a tale comunità. Alcuni Vescovi conoscono bene la cultura e la lingua magiara. Sono sicuro che tali sforzi continueranno affinché cresca l’intesa e la comprensione reciproca.
La diversità di lingue e di culture non deve essere mai un motivo di discordia, ma diventare occasione per un arricchimento reciproco. Nell’impegno con cui la Chiesa si apre alle legittime attese delle comunità minoritarie, appare ancora più evidente la dimensione della sua cattolicità. Ovviamente, la Chiesa non può prestarsi alle pretese e alle strumentalizzazioni di alcun nazionalismo ma, sulla base della sua esperienza millenaria, sente il dovere di rispettare i diritti e i doveri sia della comunità maggioritaria che di quelle minoritarie esistenti nella Nazione.
9. Carissimi e venerati fratelli nell’Episcopato! L’avvento del Terzo Millennio Cristiano chiama tutta la Chiesa a professare con nuovo vigore la fede nell’unico Signore e ad offrire al mondo contemporaneo una testimonianza più chiara e visibile di carità e di unità.
Nel manifestare il mio compiacimento per l’impegno di rinnovamento delle vostre comunità, che trova il suo principale strumento nel Piano pastorale decennale e il punto di forza nella preparazione al Grande Giubileo dell’Anno 2000, vi esorto a proseguire con grande coraggio nell’opera intrapresa.
La testimonianza e l’esempio dei vostri santi patroni, Cirillo e Metodio, il fulgido esempio dei martiri di Kosice, che avrò la gioia di proclamare santi domani, vi stimolino a fondare sempre più nella carità di Cristo e nella dedizione completa e disinteressata alla causa del Vangelo, ogni vostro intendimento ed ogni vostra azione.
Alla Vergine Addolorata, patrona della Slovacchia, affido tutti voi, i vostri impegni ed i vostri propositi, accompagnando questi miei voti con l’assicurazione di un costante ricordo al Signore e con una speciale Benedizione Apostolica.
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