DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE PER I PROFUGHI
E I RIFUGIATI DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA
Sabato, 8 giugno 1996
Illustre Professoressa Saulle,
Egregi Signori,
Mi è grato accogliere oggi la vostra Commissione per i reclami sui beni dei profughi e dei rifugiati della Bosnia ed Erzegovina, che tiene una sua importante riunione a Roma. Quest’incontro mi dà l’occasione di condividere con voi "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce... di tutti coloro che soffrono" (Gaudium et spes, 1), a causa del conflitto che ha dilaniato la Bosnia ed Erzegovina.
Il vostro impegno mira a lenire, e, nella misura del possibile, a guarire le ferite del conflitto che per quasi quattro anni ha forzato metà della popolazione della Bosnia ed Erzegovina a trovare altrove accettabili condizioni di vita. Il profugo rimane una persona sradicata, alla ricerca di mezzi di sopravvivenza nella speranza di giorni migliori, quando gli sarà dato di poter tornare in patria, o, di mettere radici in nuovi luoghi di residenza e di lavoro.
Purtroppo, quando i legami sociali, culturali e perfino geografici, che per secoli avevano permesso a gruppi etnici e religiosi diversi di condividere importanti valori comuni, si spezzano, la ricostruzione di una società fraterna richiede come base imprescindibile un atteggiamento interiore di perdono e di riconciliazione. Le vittime della "pulizia etnica" non potranno riavvicinarsi ai loro focolari in Bosnia ed Erzegovina senza che abbia luogo una "purificazione delle menti", tanto di quelli rimasti in patria come di quelli che sperano di ritornarvi.
La vostra Commissione si fa l’artefice di questo "restauro" della convivenza sociale. Mi compiaccio di vedere che ne siete come il vivo simbolo, con la partecipazione di rappresentanti qualificati non solo delle tre componenti della società bosniaca in forma di due "enti", ma anche della comunità internazionale.
Invoco sul vostro difficile, ma quanto necessario e magnifico impegno la benedizione di Dio Altissimo, affinché sostenga questo lungo processo di pacificazione. Rinnovo pure un pressante appello ai profughi e sfollati, perché si lascino spronare dalla speranza di una vita nuova piuttosto che trascinare dalla disperazione, nel corrispondere ai programmi di assistenza da voi proposti. Infine, invito una volta di più i governi, le Organizzazioni internazionali, governative e non, perché diano una attenzione prioritaria nei programmi di assistenza al ricongiungimento delle famiglie, al rispetto delle libertà personali, alla promozione dei valori fondamentali della convivenza sociale.
© Copyright 1996 - Libreria Editrice Vaticana