VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Cattedrale dei Santi Michele Arcangelo e Floriano (Warszawa)
Domenica, 13 giugno 1999
1. «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2, 42).
Luca, evangelista ed insieme autore degli Atti degli Apostoli, attraverso la sintetica descrizione, che abbiamo appena udito, ci introduce nella vita della prima comunità di Gerusalemme. È ormai una comunità confortata dalla venuta dello Spirito Santo, cioè dopo la Pentecoste. In un altro passo san Luca scriverà: «La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola» (At 4, 32). Gli Atti degli Apostoli mostrano come nella santa città di Gerusalemme, segnata dagli eventi della recente Pasqua, stava nascendo la Chiesa. Questa giovane Chiesa sin dall'inizio stesso «perseverava nella comunità», cioè formava la comunione corroborata dalla grazia dello Spirito Santo. Ed è così fino ad oggi. Gesù Cristo nel suo mistero pasquale costituisce il centro di questa comunità. Lui fa sì che la Chiesa viva, cresca e si realizzi come un corpo «ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro» (Ef 4, 16).
Cari Fratelli e Sorelle, nello spirito di questa unità, nel nome di Gesù Cristo, saluto cordialmente voi tutti riuniti per questa Liturgia della Parola. Saluto la giovane diocesi di Warszawa-Praga insieme al suo Pastore Vescovo Kazimierz, saluto il Vescovo emerito, il Vescovo Ausiliare, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutto il Popolo di Dio di questa Chiesa, ed anche tutti coloro che mediante la radio e la televisione partecipano a quest'incontro di preghiera, insieme con noi. In modo particolare voglio trasmettere il mio saluto ai malati, a coloro che per mezzo delle loro sofferenze impetrano beni spirituali per la Chiesa.
Poc'anzi ho visitato un luogo particolarmente importante nella nostra storia nazionale. È sempre viva nei nostri cuori la memoria della Battaglia di Varsavia, che ebbe luogo qui presso, nel mese di agosto del 1920. Fu una grande vittoria dell'esercito polacco, una vittoria talmente grande che non era possibile spiegarla in modo puramente naturale e perciò fu chiamata «Miracolo sulla Vistola». La vittoria fu preceduta da una fervida preghiera nazionale. L'Episcopato Polacco, riunito a Jasna Góra, consacrò tutta la nazione al Sacratissimo Cuore di Gesù e lo affidò alla protezione di Maria Regina di Polonia. Oggi il nostro pensiero va a tutti coloro che, presso Radzymin e in molti altri luoghi di questa storica battaglia, diedero la loro vita in difesa della Patria e della sua libertà esposta al pericolo. Tra gli altri ricordiamo l'eroico sacerdote Ignacy Skorupka, che perse la vita poco lontano da qui, presso Ossów. Raccomandiamo alla Divina Misericordia le loro anime. Per decine di anni perdurava il silenzio riguardo al «Miracolo sulla Vistola». Alla nuova diocesi di Warszawa-Praga la Divina Provvidenza in un certo senso assegna oggi il compito di sostenere il ricordo di questo grande evento nella storia della nostra Nazione e di tutta l'Europa, che ebbe luogo sul lato est di Warszawa.
Parlando della tradizione di queste terre, vorrei anche ricordare il servo di Dio Don Ignacy Klopotowski, fondatore della Congregazione delle Suore Loretane. Negli ultimi anni della sua vita fu parroco nella chiesa di san Floriano, attualmente cattedrale di questa diocesi. Con amore di samaritano curava i poveri e i senzatetto. Per questo fece venire da Kraków figli e figlie spirituali di san Fra' Alberto. Qui si dedicò anche all'apostolato della parola di Dio mediante il lavoro editoriale. In questa terra nacque il nostro grande poeta dell'epoca del romanticismo, Cyprian Norwid, il quale spesso nelle sue opere ricorda commosso l'infanzia e gli anni della giovinezza trascorsi da queste parti.
Ti saluto, amata terra di Masovia, con la tua ricca tradizione religiosa e con la tua gloriosa storia.
2. «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13, 1). Per comprendere il disegno di Dio nei riguardi della Chiesa, occorre tornare a ciò che si compì alla soglia della passione e della morte di Cristo. Bisogna tornare al cenacolo di Gerusalemme. La lettura del Vangelo di san Giovanni ci porta proprio al cenacolo, il Giovedì Santo: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Quel «sino alla fine» sembra testimoniare qui il carattere definitivo di quest'amore. Nel seguito della descrizione evangelica è Gesù stesso a spiegare in modo dettagliato in che cosa consista questo amore, quando comincia a lavare i piedi ai discepoli. Con questo gesto indica di non essere venuto al mondo «per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 45). Gesù pone se stesso come modello di tale amore: «Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13, 15). Insegna a chi crede in Lui l'amore di cui egli stesso è modello e affida loro quest'amore desiderando che cresca come un grande albero su tutta la terra.
Tuttavia quel «sino alla fine» non si compì nel gesto umile della lavanda dei piedi. Si realizzò a perfezione soltanto quando «Gesù prese il pane, lo spezzò, lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo". Così dopo la cena prese il calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli dicendo: "Prendete e bevetene, questo è il calice del mio sangue, della nuova ed eterna Alleanza che verrà versato per molti, in remissione dei peccati"» (cfr Mt 26, 26-28).
Ecco la donazione totale. Il Figlio di Dio prima di offrire la propria vita sulla croce per la salvezza dell'uomo, lo ha fatto in modo sacramentale. Egli dona il suo Corpo e il suo Sangue ai discepoli, affinché, consumandoli, partecipino ai frutti della sua morte salvifica. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Cristo ha lasciato agli Apostoli questo segno sacramentale dell'amore. Disse loro: «Fate questo in memoria di me» (cfr 1 Cor 11, 24). Gli Apostoli facevano così, e trasmettendo ai loro discepoli il Vangelo, lo trasmettevano insieme all'Eucaristia. Sin dall'ultima cena la Chiesa si edifica e si forma attraverso l'Eucaristia. La Chiesa celebra l'Eucaristia e l'Eucaristia forma la Chiesa. Così è stato ovunque le nuove generazioni di discepoli di Cristo diventavano via via Chiesa. Così è stato anche in terra polacca e così è anche oggi, mentre ci stiamo avvicinando alla soglia del terzo millennio: a coloro che verranno dopo di noi, trasmettiamo il Vangelo e l'Eucaristia.
3. «Erano assidui... nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2, 42).
La prima comunità cristiana, presentata da Luca negli Atti degli Apostoli come esempio per noi, si corroborava con l'Eucaristia. La celebrazione dell'Eucaristia ha una grande importanza per la Chiesa e per i suoi singoli membri. Essa è «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (Lumen gentium, 11). Sant'Agostino la chiama «vincolo d'amore» (In Evangelium Johannis tractatus, 26, 6, 13). Come leggiamo negli Atti degli Apostoli tale «vincolo d'amore» sin dall'inizio era fonte dell'unità della comunità dei discepoli di Cristo. Da esso scaturiva la premura per i fratelli bisognosi in modo che dei loro beni «facevano parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (cfr At 2, 45). Esso era sorgente di gioia, di semplicità di cuore e di reciproca benevolenza. Grazie a questo «vincolo d'amore» eucaristico, la comunità poteva essere unanime, frequentare il tempio e con un cuor solo lodare Dio (cfr At 2, 46-47), e tutto questo era una testimonianza leggibile per il mondo: «Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» (At 2, 47).
L'unità nell'amore che scaturisce dall'Eucaristia non è soltanto espressione della solidarietà umana, ma è partecipazione all'amore stesso di Dio. Su tale unità si edifica la Chiesa. Essa è la condizione dell'efficacia della sua missione salvifica.
«Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 15, 13). Queste parole di Cristo racchiudono una grande sfida per la Chiesa. Per noi tutti che la costituiamo - per i vescovi, i sacerdoti, per le persone consacrate e per i fedeli laici: testimoniare quest'amore, renderlo visibile e attuarlo ogni giorno. Di tale testimonianza di amore, di unità e di perseveranza nella comunità, necessita oggi il mondo affinché, come ha detto Cristo, gli uomini «vedano le nostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli» (cfr Mt 5, 16). Qui si tratta prima di tutto dell'unità all'interno della Chiesa sul modello dell'unità del Figlio con il Padre nel dono dello Spirito Santo. «Tutta la Chiesa - dice san Cipriano - si mostra come il popolo unito dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Ogni credente porta in questa comunità il suo proprio contributo, i propri talenti, a seconda della vocazione e del ruolo che ha da compiere. L'unità ed insieme la varietà è una grande ricchezza della Chiesa che le assicura un costante e dinamico sviluppo. In spirito di grande responsabilità nei riguardi di Cristo incessantemente presente nella Chiesa, cerchiamo di realizzare tale unità per il bene di tutta la comunità.
È per questo che la Chiesa attribuisce un'importanza così grande alla partecipazione all'Eucaristia, specialmente nel giorno del Signore, cioè la domenica, in cui celebriamo la memoria della resurrezione di Cristo. Nella Chiesa in Polonia era sempre vivo il culto dell'Eucaristia e il grande attaccamento dei fedeli alla partecipazione domenicale alla Santa Messa. Alla soglia del terzo millennio chiedo a tutti i miei connazionali: conservate questa buona tradizione. Rispettate il comandamento di Dio riguardo alla santificazione del giorno del Signore. Sia esso davvero il primo di tutti i giorni e la prima di tutte le feste. Esprimete il vostro amore per Cristo e per i fratelli, partecipando al banchetto domenicale della Nuova Alleanza - all'Eucaristia.
In modo particolare mi rivolgo ai genitori, affinché sostengano e coltivino questa bella usanza cristiana di partecipare alla Santa Messa insieme ai propri figli. Sia vivo nei cuori dei bambini e dei giovani il senso di tale dovere. Che la grazia dell'amore che otteniamo ricevendo il Pane eucaristico, rafforzi i legami familiari. Diventi fonte del dinamismo apostolico della famiglia cristiana.
Mi rivolgo anche a voi, cari Fratelli nel sacerdozio: accendete nei cuori umani la devozione e l'amore per l'Eucaristia. Mostrate quale grande bene per tutta la Chiesa sia questo sacramento del Corpo e del Sangue del Signore - sacramento di amore e di unità. Restate unanimi nella preghiera nelle vostre comunità diocesane e religiose. Perseverate nello spezzare il pane, progredite nella vita eucaristica e sviluppatevi spiritualmente nel clima dell'Eucaristia. L'Eucaristia «è la principale e centrale ragion d'essere del sacramento del Sacerdozio. Perciò il sacerdote è unito in modo singolare ed eccezionale all'Eucaristia. È in certo modo "da essa"e "per essa". È anche in modo particolare responsabile di essa. I fedeli attendono dal sacerdote una particolare testimonianza di venerazione e di amore verso l'Eucaristia, affinché anch'essi possano essere edificati e vivificati» (cfr Sul mistero ed il culto della SS. Eucaristia, 2).
4. È sorprendente come la Chiesa, sviluppandosi nel tempo e nello spazio, grazie al Vangelo e all'Eucaristia rimanga se stessa. Si può affermarlo guardando perfino dall'esterno la storia della Chiesa, e soprattutto lo si sperimenta dal di dentro. Lo sperimentano tutti coloro che celebrano l'Eucaristia, e coloro che partecipano ad essa. È il memoriale e il rinnovamento dell'Ultima Cena. E l'Ultima Cena fu il rendere presente sacramentalmente la passione e la morte di Cristo sulla croce - il sacrificio della Redenzione.
Annunziamo la tua morte, Signore Gesù; proclamiamo la tua risurrezione e, uniti nell'amore che da te proviene, attendiamo la tua venuta nella gloria. Amen.
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